Il Foglio sportivo
Josep Junior, il Jorginho della spiaggia
Il giovane talento della Nazionale di beach soccer venuto da Rio sogna di guidare gli azzurri al riscatto Europeo: “Senza scarpe mi sento più libero”
Delusione mondiale, riscatto europeo, la regia di un italo-brasiliano a rilanciare gli Azzurri. È la storia di Jorginho, da Pallone d’oro secondo Mancini. È il sogno di Josep Junior Gentilin, giovane certezza della Nazionale di beach soccer: “Siamo carichi, siamo forti. Quel che è successo nel calcio ci deve spronare. Ma magari conoscessi il centrocampista del Chelsea!”.
Annotiamo l’appello: Giuseppe – ci tiene lui stesso a presentarsi così, chiacchierando per il Foglio sportivo – è la sintesi perfetta di questo sport, nato sulle spiagge di Rio e ormai globale a tutti gli effetti. Il perché è presto detto: “Da ragazzo per un anno ho provato anche a giocare a undici, nelle giovanili del São Cristóvão”, la prima squadra di Ronaldo il Fenomeno. “Ma non è la stessa cosa. Mettersi gli scarpini è una sensazione così strana. Non mi sentivo più io: libero sulla sabbia. Come faccio da quando avevo cinque anni”.
Gentilin è nato nel 2000 a Trissino (VI), “il paese di mio papà. Poi con la famiglia ci siamo trasferiti subito: a mamma mancava il Brasile”. Ed ecco la più classica delle sceneggiature tropicali: “A Copacabana, un pallone sottobraccio e una delle tante scuole da beach soccer per bambini. Ancora oggi il campionato nazionale si disputa lì”. Una vita a inseguire l’estate perenne: “A luglio corro per il Napoli, a dicembre sono un giocatore del Vasco da Gama”, che a differenza di quel che succede in Italia – tutte squadre dilettantistiche – è parte della polisportiva culminante nello storico club di Romario. “È vero, in Brasile c’è più commistione fra calcio e beach: Mauricinho e altri miei compagni si trovano spesso con i colleghi a undici. Non ci sono barriere”.
Altro mondo. “In Europa il beach soccer è più tattico, si studiano molto gli avversari. In Brasile invece muoviamo la palla veloci, ci divertiamo. Proprio come nel calcio”, sorride Josep Jr., maglia numero 2 o 5, 190 centimetri eppure l’agilità di un giocoliere. Più un nickname, Talentin, che incrocia cognome e colpi in canna. “Da bambino mi esaltavo con Ronaldinho. Al Barça, al Milan. Mi piaceva e mi ha ispirato tanto: il suo gioco aveva un’allegria da beach. E c’è chi dice che in campo mostro la sua stessa spensieratezza.”. Sulla grande scelta però ha seguito Jorginho: “Anch’io mi sento più italiano che brasiliano. Ho sempre voluto tornare qui e sogno di vivere qui. Mai avuto dubbi”.
Gli Azzurri se lo coccolano sin da ragazzino: già nel 2019 Gentilin era stato fra i protagonisti della Nazionale argento mondiale in Paraguay. “Nell’ultima edizione”, disputata pochi giorni fa in Russia e vinta dai padroni di casa, “abbiamo mancato la qualificazione per una sola partita. Oggi dobbiamo rialzare la testa e far capire a tutti che siamo una grande squadra. Che siamo l’Italia: l’Europeo è un piccolo Mondiale”. Non per modo dire: nella Superfinal in programma a Figueira da Foz dall’8 al 12 settembre, i ragazzi del ct Del Duca se la vedranno con la Svizzera, terza al torneo di Mosca, l’Ucraina e il Portogallo, campione del mondo uscente con il vantaggio del fattore del campo. Dall’altra parte del tabellone i russi. Due gironi da quattro, solo la prima accede alla finalissima. “Nessun margine di errore”, dice Giuseppe. “In ogni partita dovremo avere testa e dare tutto. Però sono fiducioso: ci stiamo allenando bene”.
Il ritiro, fino a domenica, si svolge in una location di prim’ordine: il centro di preparazione olimpica di Tirrenia messo a disposizione dal Coni. Segnale di un movimento in crescita, consacrato da un gruppo che ormai si conosce a memoria. “Siamo una famiglia. C’è intesa anche fuori dal campo, figuriamoci quando si gioca. Aiutare a rialzarsi, difendere per gli altri: questi sono i nostri principi”. Più qualche risata, che non guasta mai. “A volte ci scherza su anche il mister: Fabio Sciacca”, ex centrocampista di Serie A con il Catania e oggi votato al beach, “in allenamento non ne azzecca una. Invece in partita… un gol dietro l’altro. Succede un po’ anche a me: si lamentano che sono il più lento, poi mi incazzo e divento immarcabile. O almeno così dicono”.
L’agonismo al momento giusto, l’Italia aspetta Giuseppe ancora una volta. “Non vediamo l’ora”, garantisce lui, “ma allo stesso tempo sarà importante sentirsi leggeri”. E allora via, ripensare a Copacabana. “Quando non lavoro gioco a footvolley: in Brasile ne vanno pazzi. E tra l’altro mi è utile per affinare tecnica e palleggio”. Staccare mai? “Sì. Ogni tanto faccio anche qualche partita di calcio a undici, ma sempre in riva al mare”. L’importante è che ci sia la sabbia. Maledette scarpe, maledetto inverno.