L'Italia e le sue sorelle. I Mondiali di Qatar 2022 sono diventati un rompicapo per molte nazionali
Le gioie e delusioni di Euro 2020 sono invecchiate velocemente e mai come di questi tempi la geografia europea del calcio, e la sua Borsa valori, cambiano assieme alle stagioni
Improvvisamente, Wembley è solo un ricordo. Non sono trascorsi nemmeno due mesi dal trionfo europeo, con tanto di pastasciutta “offerta” da Bonucci, che il bislacco accostamento tra l’anno continentale e quello dei campionati mondiali di calcio impone alle squadre, anche a quelle recentemente titolate come appunto l’Italia, di mettersi in gioco per strappare il biglietto verso Qatar 2022, il primo torneo di questo livello giocato a dicembre. E, come nei precedenti post-vittoria (1982, 2006), il rientro nei ranghi degli azzurri non è stato tanto glorioso quanto sarebbe stato lecito pensare, dopo tanto dispendio di gioco in estate: l’inopinato pareggio interno contro la debole Bulgaria e il pareggio, sfortunato e bugiardo, a Basilea impongono ora a Mancini di pensare assolutamente al primo posto, per evitare il fastidioso pareggio che già estromise l’Italia di Ventura - altra roba, d’accordo - dal mondiale russo. Più che altro, se la Svizzera dovesse tenere il ritmo attuale vincendo anche in Irlanda del Nord, sarà difficile scalzarla dalla testa del girone se non vincendo a Roma nello scontro diretto del prossimo 12 novembre. Partita, è lecito attendersi, che i rossocrociati del nuovo ct Yakin affronteranno in maniera accorta e compatta (eufemismo): il colpo di mano ai danni della Francia e la strenua resistenza contro la Spagna, durante gli Europei, hanno dotato gli elvetici di nuove ali e altrettanta consapevolezza. Dal canto azzurro, invece, improvvisamente i problemi accantonati dall’exploit di luglio riappaiono in tutta la loro flagranza: difficile sostituire il giocatore più in forma della rosa (Chiesa) con il pur volenteroso Berardi, arduo sperare che Immobile segni un gol a partita senza terminare in fuorigioco la maggior parte delle azioni pericolose, urge reperire un alternativa al rigorista Jorginho, e purtroppo Spinazzola non sarà disponibile prima di dicembre. Dai virgulti offensivi del Sassuolo o da Zaniolo falso nove arriverà la scossa decisiva?
Non se la passano certo meglio altre big, mettendo in ambasce gli emiri qatarioti che aspettano al loro ricchissimo mondiale le nazionali capaci di fare la storia del calcio. La Spagna, per esempio, non perdeva una partita di qualificazione dal 1993: proprio la Svezia, sua ultima carnefice, incamerando gli “expected punti” nei prossimi incontri (non impossibili) che la vedranno sfidata dalla Grecia e dal Kosovo, potrebbe prendere il largo condannando Luis Enrique - e con lui, la sua sperimentale transizione quasi olimpionica - al barrage da dentro o fuori. Per non dire della Francia, costretta a battere la Finlandia domani sera per riscattarsi dal brutto pareggio interno contro la Bosnia e da quello, pure in rimonta, imposto all’ostica Ucraina: i finnici, al momento, con due partite in meno possono sperare nell’aggancio e addirittura nel sorpasso a stretto giro. Anche per Deschamps, come per il ct spagnolo e il nuovo selezionatore tedesco Flick, non può più attendere la trasfusione di energie fresche dallo sterminato serbatoio giovanile: la Ligue 1, pur non essendo un campionato competitivo come altri (ma i risultati dell’ultima stagione dicono che si può resistere al Paris Saint Germain sempre più milionario), sforna ogni anno decine di talenti che poi si affermano altrove, dall’Italia all’Inghilterra alla Spagna e appunto in Bundesliga.
A proposito della Germania, proprio ieri ha apparentemente spazzato via l’incubo di dover finire di nuovo indietro, dopo l’eliminazione al primo turno nel 2018 e un Europeo deludente: il 6-0 all’Armenia, fin lì sorprendente capolista, ridimensiona i caucasici e avanza le storiche ambizioni dei teutonici, che però dovranno guardarsi lo stesso da Mkhitaryan e soci, come dai rumeni e dai macedoni, quarti a soli quattro punti dalla vetta della classifica di girone. È tuttavia presto per fasciarsi la testa, anche per le altre principali candidate al viaggio verso Doha: al momento la Croazia (vicecampione del mondo in carica) sta sotto la Russia per differenza reti, così il Portogallo deve vedersela con la Serbia a pari punti, mentre l’Olanda rischia di perdere preziosi punti per strada contro la Turchia così come ne ha lasciati due in Norvegia. Se Belgio, Inghilterra e Danimarca stanno dominando i rispettivi raggruppamenti, l’attenzione si sposta sui duelli per arrivare almeno agli spareggi: tra Repubblica Ceca e Galles una sarà di troppo, così come tra Polonia e Albania, mentre nel gruppo F sono addirittura in tre -Israele, Scozia e Austria - a contendersi l’avallo. Per scuole solide come la Grecia, tanto quanto per recenti outsider quali Slovacchia, Slovenia, Bosnia e Montenegro le chance sono residue; quasi tagliate fuori del tutto sono l’Ungheria di Marco Rossi (che solo due mesi fa pareggiava con Francia e Germania, mettendo in mostra validi giovani), l’Eire e un’Islanda ormai al canto del cigno della sua generazione dorata. Mai come di questi tempi la geografia del calcio, e la sua Borsa valori, cambiano assieme alle stagioni.