Vent’anni fa oggi, l’11 settembre 2001, era un luminoso martedì mattina a New York. Il 15 settembre 2001 era invece un sabato come tanti altri senza sole e con le nuvole basse a nord di Dresda, poco lontano dal confine con la Polonia. Il giorno prima erano scese così tante secchiate d’acqua dal cielo che gli organizzatori si convinsero che per le qualifiche per la griglia di partenza della tappa tedesca del campionato Cart se ne sarebbe parlato un’altra volta. Molti avvenimenti sportivi erano stati cancellati in quei giorni, troppo era ancora lo spavento per quelle due torri colpite e affondate. Non quello sul circuito Lausitzring, addirittura ribattezzato “Memorial american” per segnalare una ulteriore vicinanza con il popolo yankee. A tredici giri dalla fine il destino di Alex Zanardi entra nelle vite di tutti noi che pensavamo quello fosse “soltanto” un pilota di auto. Scoprimmo, dopo un suo lungo e coraggioso viaggio attraverso sofferenze inenarrabili da parte di chi prima di essere trasportato in eliambulanza verso l’ospedale aveva già ricevuto l’estrema unzione, che quel ragazzone emiliano perennemente sorridente sarebbe diventato un punto di riferimento, una fonte inesauribile di coraggio e un portatore sano di quella meravigliosa utopia che è la voglia di vivere.
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