In Champions l'Atalanta alla prova Emery
Recordman d'Europa League, ancora a caccia del grande appuntamento: tra Psg e Arsenal l'allenatore ha deluso, ma alla guida delle spagnole è tutta un'altra storia. Nerazzurri avvertiti
Stasera, dipendesse da lui, prima dell’inizio di Villarreal-Atalanta farebbe trasmettere all’Estadio de la Cerámica l’inno dell’Europa League. Non perché Unai Emery abbia coltivato negli anni il gusto del sabotaggio, ma perché il tecnico degli spagnoli vorrebbe sentirsi un po’ più a suo agio in Champions League. La carriera dell'allenatore basco, spietato e vincente nella competizione erede della Coppa Uefa, si presta a letture ambivalenti, sospesa tra trofei conquistati, miracoli sportivi, critiche spietate e psicodrammi.
Esiste probabilmente una comfort zone tecnica per Emery, che è riuscito a sedersi in quell’ormai proverbiale “ristorante da 100 euro” - simbolo dell’élite del calcio europeo per l’Antonio Conte dei tempi della Juve - con la giusta cifra in tasca, quando alla guida del PSG, stagione 2016/2017, avrebbe dovuto soltanto evitare di perdere con un passivo di 5 gol al Camp Nou per approdare ai quarti di Champions. Invece subì la più clamorosa delle rimonte e nemmeno la stagione seguente, con un Neymar e uno Mbappé in più, riuscì a superare gli ottavi di finale. Esiste forse un contesto più congeniale perché Emery riesca a ottenere il massimo dalle sue squadre: in patria e con rose di calciatori sulla carta da quinto o sesto posto. Così è stato a Valencia (tre volte terzo in Liga per tre anni di fila), dove era arrivato dopo aver portato l’Almeria in Liga e poi all’ottava posizione (miglior piazzamento della storia del club) e prima ancora il Lorca dalla Serie C al quinto posto in B. Emery si è ripetuto e superato a Siviglia e al Villarreal, piazze in cui è riuscito a vincere quattro volte l’Europa League in altrettante partecipazioni al torneo.
A Parigi l’esperienza si è interrotta perché, come ha ammesso più avanti, non è riuscito a far emergere la propria leadership, laddove a imporsi è stato invece il carisma di Neymar (“So quando sono il riferimento in un gruppo e quando non lo sono. Al Psg comandava lui”). Nei primi mesi del suo secondo anno all’Arsenal viene esonerato e i più maligni hanno attribuito le difficoltà alla sua scarsa dimestichezza con l’inglese. Il giovane Saka raccontava che “a volte, quando non capisco cosa Emery mi vuole dire parlo con Ljungberg (suo collaboratore in quel momento, ndr) perché me lo spieghi meglio”. Alla luce delle difficoltà incontrate da Mikel Arteta, suo successore sulla panchina dei Gunners, il quinto posto in Premier e la semifinale di Europa League raggiunti acquisiscono molto più valore per Unai, arrivato a Londra per raccogliere l’ingombrante eredità di Arsene Wenger e finito anche lui nel vortice del gossip per uno scoop del Sun su una sua relazione clandestina. Sempre meglio dei mesi trascorsi in Russia, alla guida dello Spartak, prima avventura fuori dalla Spagna tra luglio e novembre 2012 che terminò anzitempo.
Ora c’è una nuova chance in Champions per Emery, dopo 41 partite nella competizione e sole 17 vittorie ottenute, per far valere il suo status di vincente in Europa e per provare a non sentirsi ancora un imbucato alla festa. Anche se poi, alla fin fine, un terzo posto nel girone per lui non sarebbe proprio un dramma.
Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA