l'intervista
Bebe Vio: "La diversità non è un limite. Von der Leyen è pazza di me e io di lei"
Parla la medaglia d'oro a Tokyo. "Che emozione l'intervento al Parlamento europeo. Il mio obiettivo è portare lo sport amatoriale ovunque. Sui vaccini sto con la scienza: vacciniamoci tutti"
“Ursula von der Leyen è pazza di me e io di lei: è stato un piacere e un onore parlare di disabilità e inclusione sociale, nello sport e non solo. Più viaggio e più mi rendo conto che in Italia siamo molto forti a livello di inclusione e sport paraolimpico rispetto alle altre nazioni. La disabilità sta diventando la normalità: veniamo visti come eroi, ma in realtà siamo persone in carne ed ossa normalissime che si impegnano a fare sport tutti i giorni, con grandissimi sacrifici. Il lavoro va fatto sui giovani: bisogna fargli capire che è normale che ci sia e che sia importante poter fare sport e farlo insieme”.
Una più che mai energica Bebe Vio, reduce dagli ultimi successi a Tokyo (l’oro nel fioretto individuale e l’argento nel fioretto a squadre), commenta così al Foglio, via Skype, l’incontro con la presidente della Commissione Europea, avvenuto due giorni fa a Strasburgo, e non solo. È stata definita “un esempio di ispirazione, l’anima dell’Europa e del suo futuro”: cosa ha provato? Le chiediamo. “Avere il supporto di una persona così speciale è veramente qualcosa di bello. Le sue sono state parole importanti, che hanno un certo peso e quell’etichetta, devo dirlo, la sento tutta addosso, ma quando si fanno cose fighe con persone così, non si può che essere contenti. La nostra doveva essere una cena easy, ma poi è finita in Parlamento”, aggiunge con quel sorriso che è la sua forza assieme alla volontà di farcela e di non arrendersi.
“Con Ursula (la chiama così, ndr), ci siamo confrontate, mi ha chiesto cosa e come fare iniziative in comune. Siamo tutte e due gasatissime nel portare “Rising Phoenix” fuori dall’Italia”, il documentario di Ian Bonhote e Peter Ettedgui visibile suu Netflix e YouTube in cui viene raccontata la storia delle Paralimpiadi, la sua e quella di altri atleti con condizioni simili, con un titolo che prende spunto proprio dal soprannome con cui era chiamata da ragazzina dai compagni del suo gruppo scout. Una vera e propria “fenice” è Bebe Vio, capace di risorgere dalle ceneri più volte, dopo la malattia improvvisa che l’ha colpita quando aveva 11 anni. “Tokyo rispetto a Rio mi ha insegnato a sopravvivere. Lì mi sono resa conto che se svieni e vomiti, se lo fai per la squadra, puoi arrivare a qualsiasi cosa, anche se fisicamente cadi a pezzi”. Il lungo applauso del Parlamento Europeo “è stato bellissimo, anche se un po’ mi sono imbarazzata”.
“Volevo sotterrarmi a tal punto che mi sono avvicinata a Paolo Gentiloni e gli ho detto 'Aiutami', ma è stato bellissimo”. “Sono ancora una bambina – aggiunge - sono giovane. Quando ho iniziato a fare sport, sono cresciuta in un paesino molto piccolo e li ho provati a fare tutti, ma la scherma mi ha conquistata. Quando mi sono ammalata, avrei voluto avere la possibilità di continuare a pensare di poterli fare”. Per questo, assieme ai suoi genitori, Ruggero e Teresa, che la sostengono e supportano in tutto quello che fa e all’associazione da loro fondata (art4sport), ha deciso di continuare a sensibilizzare il pubblico al valore della diversità lanciando “WEmbrace Sport”, un grande evento sportivo benefico che si svolgerà il 25 ottobre all’Allianz Cloud di Milano. Una serata in cui campioni delle Nazionali Olimpiche e Paralimpiche saranno impegnati tutti insieme in una sfida sportiva inedita “per dimostrare nuovamente al pubblico, ancora estasiato dalle prestazioni di Tokyo 2020 – ci spiega Bebe - come lo sport paralimpico sia a tutti gli effetti paragonabile a quello olimpico sia dal punto di vista della spettacolarità, che da quello emozionale e competitivo, grazie alla grande capacità ed energia tipiche di chi pratica questo tipo di discipline”.
“La diversità – precisa - non va vissuta mai come un limite ma, è sempre più importante imparare a riconoscere come un bene unico e un diritto da tutelare. Sono stata molto fortunata ad avere vicino persone fondamentali come i miei genitori, gli amici e tante altre che mi hanno aiutato nei momenti più bui. Avendo ricevuto tutto questo amore, mi sento obbligata a restituire questo aiuto ricevuto e lo voglio fare continuando a portare avanti la cultura della disabilità dicendo a tutti i ragazzini e ragazzine disabili, che non sono soli, che possono continuare a sognare”. WEmbrace Sport è l’utopia di tutto il lavoro fatto in questi anni. “Sono per lo sport amatoriale e il crescere attraverso lo sport per tornare alla vita”, un segnale di rispetto e di speranza insieme, fondamentale in un periodo come questo dove il rispetto dell’altro deve essere alla base della nostra società. “Sto con la scienza – ha dichiarato pochi mesi fa a proposito dei vaccini - e ce lo ripete anche a voce. “Sono favorevole che si vaccinino il maggior numero di italiani, in particolari disabili e anziani. Solo rispettando questa massiccia campagna di vaccinazione, fermeremo questo maledetto virus”.