Il Foglio sportivo
"La mia Virtus è in corsia di sorpasso". Parla Sergio Scariolo
La nuova sfida bolognese dell'allenatore: “In Italia il basket deve imparare a non badare troppo ai social”. Sabato e domenica a Bologna si gioca per la Super Coppa Italiana
Sergio Scariolo è un hombre vertical, come uno dei famosi allenatori della sua squadra del cuore. Ma è anche un professore, pur non insegnando matematica come facevano i suoi genitori. Potrebbe essere anche una canzone di Antonello Venditti, quella dei grandi amori che non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano. Perché alla fine è tornato al basket italiano dove aveva vinto lo scudetto praticamente all’esordio a Pesaro nel 1990 dopo aver studiato alla scuola del barone Sales a Brescia. Prima di diventare spagnolo era stato anche a Desio e a Bologna, sponda Fortitudo. In Spagna ha vinto tutto, due scudetti (Real e Malaga), due coppe del Re (Baskonia e Malaga) e una carrettata di medaglie con la nazionale (argento e bronzo olimpici, un oro mondiale e tre ori europei). Ha vinto pure nell’Nba come vice allenatore di Toronto, ma dopo due colloqui gli hanno fatto capire che non c’era posto per lui come capo allenatore. “L’Nba non è ancora pronta ad affidare una squadra a un coach che non sia americano o non abbia lavorato con loro per tanti anni”. A quel punto è arrivata la telefonata da Bologna, sponda Virtus. Una sfida intrigante che tra l’altro rappresenta anche l’occasione per cancellare l’unico flop della sua carriera a Milano. “La Virtus è una delle poche società europee che viaggia con la freccia accesa a sinistra e non a destra. È in corsia di sorpasso mentre altre viaggiano nella corsia centrale e diverse hanno già messo la freccia a destra… Non so quante altre squadre avrebbero potuto offrirmi di più della Virtus”.
“Ho sentito le farfalline nello stomaco, mi è tornata la voglia di fare il capo allenatore”, racconta. Ci vuole coraggio a ripartire con la squadra campione d’Italia che l’anno scorso ha ribaltato il pronostico: “Non sono del tutto d’accordo… L’anno scorso la Virtus ha vissuto un grande momento nei playoff, però nell’arco della stagione intera ci sono stati dei momenti in cui c’erano dei margini di crescita e lì possiamo intervenire. La Virtus è una società che ha ancora dei margini di consolidamento, che poi è miglioramento. L’obbiettivo è creare qualcosa che possa durare nel tempo permettendoci di arrivare a competere al livello superiore senza fare grandi rivoluzioni”.
Bologna ritrova uno Scariolo migliorato dall’esperienza a Toronto: “L’Nba mi ha insegnato tanto dal punto di vista tecnico, tattico, di conoscenza dei giocatori e di sistemi e modi di giocare, di gestione di carichi di allenamento, di organizzazione fuori dal campo. Esperienze che hanno fatto crescere me e da cui può trarre giovamento anche la mia società”. Ma che non lo hanno spinto a chiedere anche un ruolo manageriale al contrario di Ettore Messina che a Milano è presidente e allenatore: “Avevo fatto l’esperienza al Real Madrid e mi è bastata, preferisco fare solo l’allenatore con una chiara divisione tra le competenze e le responsabilità. A Madrid mi mancò avere un confronto. Tutto era sulle spalle di una persona nel bene e nel male. Ognuno fa le sue esperienze e su quella base poi sceglie il vestito che gli si addice di più”. Non leggete una critica a Messina. Scariolo non vuole trasformare la loro rivalità in una nuova battaglia epocale Peterson-Bianchini: “Per personalità, carattere e vissuto comune diverso non mi vedo nello scimmiottare una sfida dialettica che è stata unica. Bianchini e Peterson sono stai delle leggende viventi, dei mentori, dei fornitori di idee. La nostra dinamica è diversa, abbiamo una relazione diversa tra di noi. Spero che il nostro confronto si concentri a rendere le nostre squadre migliori per alzare un po’ l’ostacolo ai nostri avversari e poi secondo me siamo più simili di quello che si pensa. Nella sostanza tra di noi ci sono molte più similitudini che nell’apparenza”.
Spagna, Italia, Stati Uniti. Un mondo d’esperienza. Ma dove sarà più facile allenare: “Stati Uniti, Spagna Italia in quest’ordine. Durante l’ultima esperienza italiana sono rimasto stupito dalla dipendenza da entità che un peso reale non hanno come social, organizzazione di tifosi, cose che vanno rispettate ma non dovrebbero mai avere nessun tipo di impatto sulle decisioni di una società”. Il basket di Scariolo, oltre che su Teodosic (“Un giocatore che ti permette di rilassarti, sai che farà sempre la cosa giusta”), Pajola (“Il miglior Pajola lo dobbiamo ancora vedere ed è molto più forte di quello che già ci ha stupiti”, Belinelli (“Ha un’incredibile capacità di creare un canestro dal nulla e un orgoglio competitivo straordinario”) e Mannion (“Deve capire l’Europa, spero di riaverlo tra un mesetto”) si basa su tre parole che sono tre concetti: “Passione. Collaborazione. Competitività. In nessuna veste potresti goderti questo magnifico sport se non hai una spinta molto forte che a me sembra addirittura inesauribile: devi avere passione, quella che ogni mattino ti porta in palestra. Collaborazione che in uno sport di squadra significa sacrificio, metterci quel qualcosa in più che vincere la squadra magari senza essere notato dai tifosi, un’attenzione giusta per la propria prestazione e le proprie statistiche ma decisamente più grande per quanto la propria prestazione ha contribuito al successo collettivo. Competitività nell’ambito delle regole migliorare te stesso obbligando quindi anche gli altri a migliorarsi per restare allo stesso livello. Il segreto è avere competitors forti che mi obblighino a essere a livello della situazione. Molto spesso il tuo competitor è il tuo stesso giocatore. Giocatori di grande intelligenza o che sono stati allenati da grandi allenatori ti obbligano ad alzare il tuo livello, a dare una risposta o se non ce l’hai pronta a studiarci su”. Giocatori così Scariolo ne ha incontrati a decine negli anni. Anche oggi a Bologna ne ha qualcuno. In fin dei conti è qui per migliorarsi ancora.