Il Foglio sportivo
Si corre a Misano. La Romagna nei motori
Verso il Gp di San Marino e della Riviera di Rimini. Si corre a Misano, nella terra dove ci sono più Mondiali che abitanti
Ora, il Mugello è in Toscana e su questo non ci piove: la matematica non è un pignone, come disse Baracani al bar una sera. Ma basta scavallare il monte che gli sta dietro, e c'è già la Romagna. Io lo so. Non perché lo abbia studiato, ma perché ci sono nato. E non intendo in Romagna in generale; intendo letteralmente dietro quel monte, la linea di confine in cui il vecchio stato pontificio sbatteva contro il Granducato. A tal deg, te lo dico.
Quando c'era il Mugello, migravano dal paese, per vedere la gara. Anche perché Loris – Capirossi, 65 ( la grande modestia romagnola, 4 unità più basso del numero perfetto) – lasciava sempre qualche Pass gratis a Gigi il Postino, il nostro storico portalettere, che in anni non sospetti aveva fondato il Loris Daj de gas, il suo primo fan club al mondo. Erano due compaesani, nativi di Borgo Rivola, frazione di Riolo Bagni ma più vicino alla nostra Casola. Che poi Loris una volta un giornalista di Sky lo definì 'Romagnolo adottato' e il barista si mise a ridere. A Milano, con i giornalisti, è come con i carabinieri, fanno fede i documenti. Ma nella vita reale, i documenti sono un pignone; Loris è nato a Castel San Pietro Terme (che fa Prov. di Bologna di cognome), ma solo perché a Borgo Rivola, o Riolo Bagni o Casola non c'è l'ospedale, e i genitori decidono di far nascere i loro figli dove si sentono più comodi. Loris a Castel San Pitersburg c'è giusto nato; due giorni dopo era già Borgo Rivola, che basta passarci per capire che è in Romagna; trecento abitanti, due bar e una percentuale pro capite di cinquantini scazzignati che neanche la densità di Honk Kong.
Io Loris lo conoscevo perché venivano su da Borgo Rivola a Casola quando c'erano le giostre, una banda con motorini con le marmitte che sembravano le trombe dell'Apocalisse, che Ezio il Vigile dava il matto e si metteva i tappi nelle orecchie a letto, perché s'era stufato di requisirglieli, tanto era inutile come fare le crociate alle zanzare a Casalborsetti. Loris stava in sella a suo fratello Davide, perché lui era troppo piccolo per circolare pubblicamente; la cosa buffa era che a tredici anni era troppo piccolo per guidare per strada ma non per sgasare a 200 all'ora in circuito nei campionati europei. Quando vinse il primo mondiale di 125 nel 1991 era ancora quasi troppo piccolo ancora, 17 anni e spiccioli. Al bar dicevano che la famiglia avesse fatto l'All In per farlo correre; tipo l'ipoteca sulla casa. E lui con l'ipoteca ci aveva vinto europeo prima e mondiale dopo.
Che i Capirossi erano patiti di motore dai tempi dei Galli Buoi, probabile che impennassero con le alci, non ricordo chi lo disse, ma girava voce che il babbo e gli zii facevano le acrobazie con il motore già negli anni Sessanta-Settanta e alla fine delle acrobazie passavano con il cappello tra il pubblico. Magari son tutte patacche, ma sta terra è un edificio che posa tutto su fondamenta di balle.
Uno dei suoi zii era mio vicino di casa alle Case Popolari, e si vedeva che ce li aveva ancora nel sangue; a parte il via vai di gente che gli portava in cantina i motori che non si accendevano o c'era da cambiargli la ruota, ogni volta che ne passava per strada uno, lui si piegava un po' sulle ginocchia, per guardarci sotto, e poi se ne stava lì immobile a fissare la strada ormai vuota, l'eco che si allontanava, come gli apache che scrutano i segnali di fumo all'orizzonte.
Una volta invece, e questa me la sono giocata nei momenti importanti, perché non c'è niente che un romagnolo ami di più che aver conosciuto 'un qualcuno', ho fatto un viaggio in aereo Bologna-Roma di fianco a Valentino Rossi. Anche con lui i giornalisti si impiccano ai documenti; marchigiano, Tavullia, Pesaro Urbino. A parte che Tavullia se starnutisci ti dicono 'salute' quelli di Cattolica; se bendi un cristiano e gli fai ascoltare la voce di Valentino e gli chiedi da dove viene, nessuno dice “Marche”. Basta metterlo di fianco a Mancini, che è di Jesi, e si capisce al volo. Tra bufalo e locomotiva, la differenza salta agli occhi, diceva De Gregori, che è di Bellaria (scherzo, lui è di Roma, a cantautori non siamo fortissimi, gli specialisti sono quelli della metà prima del trattino, Emilia -).
Melandri l'ho visto una volta su una macchina da sborone a Ravenna; Dovizioso non l'ho mai incontrato ma conosco uno che gli aveva venduto un'Audi R8 e ne parlava come se fossero stati compagni di banco dai tempi delle materne. Simoncelli diceva Diobò; Loris Reggiani aveva una zia che aveva il furgoncino ambulante di piada e una volta arrivammo con il pellegrinaggio al Santuario di Boccadirio e c'era la fila, perché lui stava vincendo un gran premio e lo ascoltavano sulla radio a pile. Luchinelli? Luchinelli era George Best; i miei compagni di classe dell'ITIS di imola lo veneravano, anche se lui era oriundo, ma si può nascere romagnoli anche a Samarcanda, è una qualità dello spirito, non della genetica. Da quando girava voce che avesse avuto problemi con la giustizia, ancora di più. 'Stupefacente', lo chiamavano, per le voce e per quelle occhiaie; come avere Jim Morrison, ma che straccia tutti in staccata.
Il Povero Gresini venne a Casola per festeggiare il secondo mondiale di Loris, erano compagni scuderia, lui era un imolese sorridente, una brava persona, con un pelo sul polso lungo così. A me piaceva Poggiali e m'è piaciuto ancora di più dopo. Poco dopo il secondo mondiale di fila di 250 è sparito nel nulla come solo i supereroi sanno fare. Poi era di San Marino – loro sì sono sboroni, romagnoli ma con il pedigree di stato sovrano, non pagano neanche le multe, con quell'aria come se fossero tutti arciduchi. A me lui piaceva per questo, tutti gli altri erano ignoranti e testoni da far venire l'emorroidi, lui era ignorante e testone con una specie di nobile distacco.
Erano tutti ragazzi che saltano fuori da quei gruppi che qua ci sono sempre stati, in ogni compagnia, di riviera o di foresta; quelli che invece di giocare al pallone si chiudevano per pomeriggi interi nel garage a scazzignare introno ai motorini e agli apecar, e che quando uscivano andavano a fare le ferie con lo zio matto a Viserbella e saltava fuori che laggiù c'era un circuito di minimoto per ogni ombrellone e scoprivano che esistevano dei posti dove potevano andare ai 150 senza paura che il vigile urbano gli rompesse i maroni; figurati, apriti cielo. Era gente che neanche all'Avis la volevano, avevano miscela al 4 per cento nelle vene al posto del sangue. Stabò.
E i vecchi? Pasolini ne sentivi parlare fin da piccolo perché era morto male e giovane, come gli eroi dell'Odissea, Buscherini pure. Era gente che correva per tutti, mica solo per loro, e quando vincevano, era come se fossi stato te in sella a piegare da una cantone all'altro. Altro che Iliade. Avete presente quella volta a Assen? C'era ancora la 500. La Moto Gp è bella, potente, perfetta e via dicendo, ma la 500 era come una gara di velocità su tori selvatici. Vinse Valentino. Biaggi secondo. Loris arrivò terzo. Si era rotto il polso nelle prove. Io con il polso rotto manco la padella per tirare le tagliatelle riesco a tenere; lui si era fatto Assen su una Honda non ufficiale. Terzo. Arrivò sotto le telecamere vicino al podio e svenne sul sellino, lo tirarono giù a braccia e c'era il dottor Costa che piangeva: “Questo è lo sport – diceva – questo è lo sport”; sembrava la deposizione di Cristo. Che le macchine son belle, la Ferrari, la Formula 1, McLaren e Redbull, ma è diverso. Hanno quattro ruote; ci togli il pilota, la macchina sta su lo stesso. Toglilo dal motore, e viene giù tutto. Siamo gente così; prima dei baiocchi e della fama, lo fai per l'epica: lo fai perché solo un patacca potrebbe pensare di riuscirci. Lo fai per dispetto alla morte. Tolintecul! Una landa di testoni ignoranti con tuta e casco.
La Romagna è un quinto della Catalogna, il 2 per cento dell'Italia, eppure c'ha una fila di mondiali in bacheca che solo la Cina nel Ping Pong ci batte. Che qua, è così, gli piace prendere le cose, e cambiarle, e andare di fretta e furia. A metà ottocento hanno preso i valzer dei padroni austriaci, ci hanno sbattuto dentro il clarinetto in Do e raddoppiato le battute; hanno messo il turbo a Strauss e hanno inventato il Liscio (pronuncia: Lissio). Con la politica, non ne parliamo; parti socialista e ti ritrovi a incasinare il mondo, bombe atomiche, una schifezza, ma tutto in un lampo eh. Ti ritrovi con una striscia di sabbia e il mare così e così, e inventi il turismo popolare moderno. Con i motori uguale; tempo di emanciparsi dalla bicicletta e dal biroccio da morto di fame, e spuntano duecentomila piste di mini moto, il circuito a Imola e uno anche a Misano. Che dire? Io lo so.
Quando Loris vinse il terzo mondiale, a otto anni dal secondo, dopo che si era un po' perso perché comunque se nasci senza una lira a Borgo Rivola e diventi qualcuno hai diritto di rifarti pari con il mondo e la sfiga, quando vinse eravamo al bar – tutte le gare si vedevano al bar – correvano in Catai o non so dove, tanto qua dopo Dozza è tutto uguale, inizia lo sterrato – da noi lo davano alle otto tipo, fece la staccata da ignorante su Harada all'ultima curva, una roba da finire all'altro mondo lui e l'altro, come se scommetti tutta la tua pellaccia su quel metro e ottanta di spazio in cui incastrare il motore ai 250 all'ora, che se lo faceva Harada qualcuno andava all'ambasciata del Catai a protestare. Quando la fece lui, mi ricordo che ci fu un momento di terrorizzato, stupefatto silenzio, in cui si sentì netta la voce di un vecchietto, il marito dell'ostetrica, che loro abitavano a Bologna ma tutti i fine settimana venivano qui dove erano nati. Erano signori, un anziano distinto, invecchiato bene, che pareva più un trentino che un romagnolo, con la camicia e la giacca impeccabile, che disse: “O vigliacca sborona”. Così, come uno che ha appena scoperto l'America.
Ecco cos'ho da dire su 'sta terra e i suoi motori. “O vigliacca sborona”.