l'omaggio
I campioni da record di Tokyo 2020 incontrano Mattarella
Mai come durante quest'estate lo sport ha dato l’immagine di “un paese vincente, resiliente, multietnico, inclusivo e solidale”. Segno di una rinascita, come avvenne per le Olimpiadi di Roma nel 1960? Chissà. Nel frattempo, al Quirinale gli atleti olimpici e paralimpici riconsegnano la bandiera e chiudono una stagione ricca di successi e emozioni
Lo ha detto anche Sergio Mattarella, e a questo punto bisognerà accettare il susseguirsi delle stagioni: “Questa è stata una grande estate per il nostro sport”. Notti magiche, ma mica solo notti. Anche pomeriggi, sere, mattine. Di questa lunga estate azzurra ricorderemo l’inseguirsi delle gioie più che delle ore. Lo vedevi nelle facce degli atleti di Tokyo 2020, oggi al Quirinale per la riconsegna del tricolore (tutto autografato) al Presidente della Repubblica. “Siete stati squadra, avete manifestato amicizia e integrazione fra di voi”. Doveva succedere: il sipario prima o poi cala sempre. Anche su questa incredibile (incredibile, ma perché dovrebbe essere irripetibile?) estate italiana, con 109 medaglie, record, titoli, successi, lacrime e inni. Il presidente del Comitato Paralimpico Luca Pancalli ha parlato di “momento storico”, in cui lo sport ha dato l’immagine di “un paese vincente, resiliente, multietnico, inclusivo e solidale”. E Giovanni Malagò, presidente del Coni, ha spiegato come “lo sport non è mai fine a se stesso, e probabilmente in questo momento storico non è mai stata così vero”. Gareggiava “l’intera popolazione italiana”. E’ stato così.
Ma sì che lo sapete: c’è più gusto a essere italiani. Tutto l’anno. Però l’estate diventa persino una goduria. Libidine. Dopo le Olimpiadi del 1960, a Roma, il Corriere della Sera chiese ad alcuni personaggi illustri, intellettuali, gente di spettacolo, che cosa pensassero de “l’anno santo dello sport”. Fellini rispose che le Olimpiadi gli avevano dato “un senso di eccitazione, un ribollimento interno”, e Vittorio Gassman scrisse che era stato “due volte scalognato: se a sedici anni non avessi abbandonato lo sport attivo, probabilmente avrei potuto partecipare a questo evento eccezionale”. Il giornalista Mario Robertazzi, in un breve articolo sul Corriere d’Informazione del 30 agosto, riassunse il 1960 così: “Il 1960 sarà forse ricordato come l’anno che ha dato agli italiani uno choc, tutto sommato salutare, e che ha suggerito loro un senso nuovo dello sport”. Fu l’anno di Berruti, del pugilato, dell’oro del Settebello, della prima volta in finale di Davis, dei motori, dell’ippica, di Nencini che vinse il Tour. Un anno per l’Italia, scriveva Robertazzi, “che potrebbe avere conseguenze lente ma benefiche nel far capire il vero legame tra lo sport e la vita, tra lo sport e la civiltà”.
Ogni generazione ha la sua estate di gloria e di campioni, e ogni estate si è portata via anche i migliori anni della nostra vita. Il 1982 e la vittoria del Mundial in Spagna segnò la fine di un periodo cupo, duro, violento, il principio di qualcos'altro. O il 2006, con i ragazzi di Marcello Lippi e il trionfo del Mondiale in Germania che ridiede a tutti la voglia di sognare. E Pantani: prima di sprofondarci nel dolore della sua solitudine finale, ci ha fatto volare sulle vette di tutte le salite più dure, metafora per eccellezza delle difficoltà della vita. Cercate nei vostri album dei ricordi personali, nei vostri album di famiglia, e ci troverete (anche) uno di quei momenti.
Gimbo Tamberi, oro nel salto in alto a Tokyo 2020, con la sua profonda semplicità, ha detto di vedere la felicità negli occhi di chi lo guarda. E’ questo lo sport, scrisse sempre Robertazzi nel '60, “è cosa della giovinezza, del primaverile prorompere delle energie vitali dell’uomo, e di un orgoglio sano ma senza crudeltà e cattiveria”. Poesia? Illusione? “Forse, ma benefica e gentile come l’amore”. L’estate del 2021 non ha fatto che rinnovare tutto questo. In un modo maestoso, da record. Doppia libidine. Con la vittoria degli Europei di calcio, con la finale a Wimbledon, con le 40 medaglie olimpiche (10 ori, 10 argenti, 20 bronzi) e le 69 paralimpiche, con le vittorie degli Europei di volley femminile e maschile, con quella di Colbrelli nel ciclismo. Finirà, è finita, è così che vanno le cose. Ma se avete sentito quel tremito mentre cantavate l’inno, ecco: quello era il segno di un’estate che avremmo voluto potesse non finire mai.