Foto Paolo Penni Martelli

il foglio sportivo

Da Gaiole in Chianti a Roubaix. Un'Eroica domenica in bicicletta

Giovanni Battistuzzi

La bicicletta ha la capacità di trasformare. Se non le cose, quantomeno la percezione di esse. E così può capitare che in un fine settimana di ottobre il dipartimento del Nord, lì dove la Francia si mescola alle Fiandre, possa apparire non diverso dalle colline del Chianti. Che i campi stesi in una pianura che sembra infinita si modifichino in alture, che la birra diventi vino rosso. 

La Parigi-Roubaix e L’Eroica (la più famosa ciclostorica, ossia la pedalata su biciclette prodotte prima del 1987, l’anno nel quale vennero sostituite ai pedali le tradizionali gabbiette fermapiedi con i moderni attacchi) parlano da sempre la stessa lingua, sebbene si inceppino a volte sulle diverse inflessioni dialettali. Sono animate da un credo ribelle, lontano, non ordinario. Da un’attrazione autentica per polvere e fango, ossia per quello che era, in gran parte, il ciclismo e che ha rischiato di non essere più. La Roubaix ne ha conservato il ricordo, L’Eroica lo ha riportato in gruppo ovunque, evitando il confino francese, il suo apparire una volta l’anno soltanto. 

Sono unite da una corrispondenza di amorosi sensi, sebbene non c’entrino nulla l’una con l’altra.  

 

Foto Paolo Penni Martelli

 

La Roubaix è considerata dai più l’ultima follia del ciclismo moderno. E forse è davvero così. Una corsa tra i campi della Somme, dell’Aisne e del Nord, su pietre buone per il passaggio dei trattori, stradelli dimenticate dall’uomo e dalla quotidianità. Un atto di insurrezione rispetto al comodo pedalare sull’asfalto. 

L’Eroica invece è un lucidissimo azzardo, una rivendicazione di un mondo, quello della bicicletta, che per decenni e decenni era stato relegato all’interno di quello ciclistico, come se fossero lo stesso. Non è così. Il ciclismo è solo la rappresentazione più rapida della bici. L’Eroica ha messo in chiaro la distanza tra i due. E l’ha fatto sottolineando come la velocità sia una componente sfiziosa ma non necessaria del pedalare. Ha reso evidente quello che sapevano tutti, ma che la quasi totalità degli appassionati aveva dimenticato: competere è affascinante, ma la bicicletta non può identificarsi soltanto con questo. C’è altro. E quest’altro dal 1993 a oggi ha aggregato un sempre maggior numero di persone, si è espanso sino a conquistare mezzo mondo: dalla Spagna al Limburgo, dal Sud Africa, alla Gran Bretagna, dalla California al Giappone. 

Foto Paolo Penni Martelli
 

Gli sterrati, quelle strade bianche a cui L’Eroica ha ridato vita, preservandone l’esistenza allontanandoli dalle mire espansionistiche dell’asfalto, sono rientrati nel ciclismo: al Giro d’Italia, alla Strade Bianche (nata Monte Paschi Eroica), al Tour de France, alla Vuelta. E ora mirano a un’indipendenza corsaiola sotto l’effige dell’Union Cycliste Internationale, la federazione mondiale del ciclismo. Nel 2022 inizierà l’UCI Gravel series, una sorta di coppa del mondo per biciclette gravel. A farla semplice: bici da corsa con le gomme quasi da mountain bike.  

Era il gennaio del 2020 quando Giancarlo Brocci, il papà dell’Eroica, aveva proposto al presidente dell’UCI, di prendere in considerazione di istituire un circuito mondiale di corse su strade bianche. Dal prossimo anno ci sarà anche un Mondiale vista pure la crescita esponenziale del settore, sia in termini di vendite di bici, sia di partecipanti. I tempi sono cambiati e si sono fatti più complessi. Un tempo esistevano le bici e basta. Fare gravel equivaleva ad “andare a campi”, bastava sgonfiare un pelo i palmer e via. L’acciaio si è sempre adattato a tutti i terreni.

 

L’intromissione dell’UCI in un mondo ancora libero dalle imposizioni regolamentari del ciclismo professionistico non è stata apprezzata da una parte del movimento. Le perplessità ci sono e sono molte, soprattutto da chi ha iniziato a pedalare lontano dalle strade per evitare l’esasperazione di un mondo che considerava il muovere i pedali soltanto in una dinamica competitiva. 

D’altra parte sono due mondi contigui, ma che si muovono lungo strade diverse, perché diversa è la passione dalla quale traggono nutrimento. Due mondi distanti e diversissimi, eppure uniti dallo stesso mezzo. Che disgiunti però devono rimanere. 

Giusto così, trasformare la Roubaix in una passeggiata sarebbe blasfemia, rendere L’Eroica una gara sarebbe sacrilegio.  

Due mondi che quest’anno andranno in scena lo stesso giorno. 

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