Il foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA
Allegri e Mourinho, così uguali e così distanti
José e Max sono molto vicini, si toccano, gemelli siamesi, nell’apparire sicuri, a tratti arroganti, decisi e maturi, ma si allontanano in quanto ad esperienze, viaggi e conoscenze
Se esistesse un’immagine ideale per essere allenatori, sarebbe certamente quella di Mourinho e Allegri. Ma guardateli, così perfettamente a loro agio, nell’agitar le mani indicando una strada, metterle in tasca quando la strada è dritta, dispensare sorrisi ammiccanti a chi se li merita, la buona critica, o ghigni di sfida a quelli che si avventurano in plateali censure. Guardateli sinceramente belli con o senza capelli, petto in fuori, testa alta. Potrebbero fare cinema, con il vestito dell’attore principale, non un eroe e nemmeno un santo, ma un peccatore sincero, di quelli per cui fai il tifo tu, ragazzo pieno di timori, di complessi, di frustrazioni, un attimo dopo averne percepito la naturale inclinazione a vivere la vita respirando tutta l’aria che c’è. Esattamente uguali in questo modo assoluto di essere, un’abilità sublime e per questo quasi volgare, di approfittare del vuoto intorno, senza che il vuoto li aspiri come polvere.
José e Max sono molto vicini, si toccano, gemelli siamesi, nell’apparire sicuri, a tratti arroganti, decisi e maturi, ma si allontanano in quanto ad esperienze, viaggi, conoscenze. Mourinho ha girato il mondo, ha conosciuto re e regine, si è autoproclamato speciale per poi legittimare questa esclusività con i risultati. Ha vinto dappertutto, e Oporto non è Milano, e Milano non è Londra e Londra non è Madrid e Madrid non è Manchester. E vincere dappertutto non è così scontato anche quando ti danno tra le mani il meglio che il calcio può esprimere. Allegri è stato scelto dal grande pallone probabilmente ancora prima che lui stesso ne avesse avuto un sentore. Dopo un tuffo nel mare, davanti alla Livorno che lo ha visto crescere, la corrente lo ha trasportato a Cagliari, dove Cellino, simile a lui in quanto a slanci, incongruenze e arguzie, lo ha consacrato allenatore spingendolo tra le braccia di Galliani. Da lì è cominciata la sua avventura nel grandioso che si è conclusa, in maniera vincente, poco più a nord, a Torino.
In questa contrazione di chilometri sta la sostanziale differenza che passa tra il portoghese e l’italiano. Chi ha visto tanto sa un po’ di più, chi ha visto poco, un po’ di meno. Questo lo dice la vita, di cui il calcio è una delle tante traduzioni. Quanto al gioco, quello sul campo, le tattiche, i movimenti, la filosofia, entrambi badano al sodo, in una sintesi affatto disprezzabile che avvicina il cuore al risultato. Il resto è il tempo impronosticabile di una partita, a volte così breve da farsi dimenticare in fretta. A volte così lungo da restare per sempre. Alessandro Bonan