Il Foglio sportivo - il ritratto di bonanza
Gli eroi di calcio e tennis
Sinner e Berrettini sono come due calciatori alle prese con una infinita serie di rigori, ma quando loro sbagliano è solo per merito dell'avversario (anche se Insigne, dal dischetto, si è trasformato in un gigante)
Di solito siamo parecchio ingiusti verso noi stessi. Non ci perdoniamo nulla, perseguitati da un atavico senso di colpa, da un’idea di perfezione che di fatto non esiste. La perfezione è fragile come un tiro di Bernardeschi, verrebbe da dire, se non fossimo ingiusti verso il talentuoso carrarino. Il quale avrebbe tutto per tirare in porta di sinistro e fare gol, e invece si perde in mille circostanze che ne impediscono il successo. Nel calcio è più facile comunque essere indulgenti, dal momento che parliamo di uno sport collettivo. E quindi tendenzialmente perdoniamo anche lui, il Bernardeschi, che infatti gioca nella squadra più titolata d’Italia e veste la maglia della Nazionale.
Però ci sono momenti estremi anche nel calcio, quelli dove sei uno contro uno e l’errore non è ben visto. Stiamo parlando del calcio di rigore, situazione assoluta, netta, senza alcuna sfumatura. Nella partita del Napoli, Insigne ne ha tirati due dalla stessa parte, entrambi intuiti dal portiere del Bologna Skorupski. Ma l’attaccante di Spalletti ha calciato con una tale decisione e in modo così preciso che il pallone è entrato lo stesso. Due rigori perfetti. Insigne da piccolo che è, si è trasformato in un gigante, dichiarando a fine gara che solo chi non tira non sbaglia mai. Eccolo l’eroe del calcio, colui che si assume le sacrosante responsabilità, quelle per cui viene pagato profumatamente e, come nel caso di Insigne, investito della fascia di capitano. Eppure, nonostante questo, anche se avesse sbagliato, avremmo trovato il modo di perdonarlo, offrendo al capitano altre possibilità, smentendo a noi stessi e agli altri, l’ipotesi che il giocatore sia un debole, perché “non è da questi particolari che si giudica un giocatore”. E allora da cosa lo dobbiamo giudicare?
Nel tennis stiamo esaltando la figura di due ragazzi, un romano e un altoatesino i quali, nella vittoria come nella sconfitta, fanno sempre la cosa giusta nel momento che occorre. Non eravamo abituati, perché cresciuti, dopo l’epopea di Panatta, con il complesso del “braccino”. Sinner e Berrettini, il “braccino” lo hanno teso e fatto suonare come uno Stradivari, note giuste dentro lo spartito. A pensarci bene, sono come due calciatori alle prese con una infinita serie di rigori, ma Sinner e Berrettini quando sbagliano è solo per merito dell’avversario. Se in Italia, in questo momento, esiste un modello dello sport, va ricercato nella figura di un ragazzo con la racchetta in mano e due teste, una rossa e una bruna. È a questo talentuoso bifronte che dobbiamo dire con certezza e un pizzico di orgoglio: sei un eroe.