il campioncino iberico
Eravamo troppo occupati con Sinner per accorgerci di Alcaraz. Che è già il più forte
Il 18enne di Murcia supera l'altoatesino a Parigi Bercy e ne stoppa la corsa verso Torino. Mentre lodavamo i nostri la Spagna ha già trovato l'erede di Nadal
Eravamo troppo occupati a parlare di Sinner, godere di Sinner, predirne un futuro fatto di slam su slam che sicuramente ammonticchierà nel corso della carriera (potrà mai avvicinarsi ai marziani di questa èra tennistica?, ci chiediamo a cadenza regolare alternando irrealtà e senso della misura) per accorgerci che, nel frattempo, è già arrivato uno più forte di lui. Eravamo troppo certi che sarebbe esploso presto, ce lo saremmo trovato alle Finals di Torino, 4 tornei vinti nello stesso anno sono un record, il numero 9 nella classifica mondiale e il numero 8 nella race erano freschi freschi. E poi il 18enne murciano Carlos Alcaraz ci ha ricordato il motivo per cui la Spagna nel tennis è la Spagna. E l'Italia nel tennis è l'Italia. C'è chi è un prospetto e avanza secondo fisiologici incidenti di percorso, fa la tara su dove erano gli altri alla stessa età, e chi semplicemente vince, pure molto presto. Bruciando le tappe. E solitamente quel qualcuno proviene dalla penisola iberica.
Tra Sinner e Alcaraz ci sono poco più di 600 giorni di differenza, tennisticamente un 7-6 7-5, quello inferto ieri dallo spagnolo al Master 1000 di Parigi Bercy. L'ultimo dell'anno. In cui l'altoatesino doveva difendere il piazzamento per Torino dagli assalti di Hurkacz, Ruud e Norrie. Gli appassionati (malati) di tennis s'erano addirittura spesi a calcolare le diverse possibili combinazioni per qualificarsi al master di fine anno (come il telecronista di Supertennis Giorgio Spalluto, che s'è divertito ad aggiornare le combinazioni pure dopo la sconfitta parigina), ma non avevano fatto i conti con l'imponderabile Carlos. Uno che affronta ogni singola partita quasi fosse una questione di sopravvivenza. Se è vero che finisce sempre per buttarcisi, sopra la pallina, come i protagonisti di Squid game cercano la salvezza sfidando il vetro temperato, anche a discapito di altri essere umani. Ha un diritto, Alcaraz, che in alcuni tratti della partita di ieri a Sinner è sembrato troppo crudele, quasi una fonte di imbarazzo. Lo vedeva morire accanto alle righe e non poteva fare niente. Secco. Smontando a poco a poco il suo gioco fatto di duttilità e ribattuta, che sulle superfici indoor sono la morte sua (spesso degli avversari) e che però a un tratto è apparso vulnerabile. Aggirabile.
Il punto è che mentre eravamo troppo concentrati a lodare la valanga del tennis nostrano, sono tornati i più bravi di tutti a ristabilire le gerarchie. Ed è ovvio che avere due giocatori nella top ten contemporaneamente fino a qualche tempo fa sarebbe sembrata una malizia detta così per gioco. Ma subito ci ha pensato Alcaraz, tra Vienna e Parigi, a far fuori prima l'uno, Berrettini, poi l'altro, il giovane Yannik. Uno sberleffo bello e buono visto che, da numero 20 della race e 35 nel ranking, lo spagnolo non può più ambire a un posto per Torino e giocherà le Next Gen a Milano dedicate agli under 20 (due anni fa, ça va sans dire, le vinse Sinner. Quest'edizione sarà ancor meno contendibile di quella, crediamo).
Alla domanda se fosse più forte l'uno o l'altro, il numero 4 del mondo Alexander Zverev ha risposto che su Sinner "ci sono maggiori aspettative", perché attraversa una fase della carriera in cui ci si aspetta che faccia risultato. Deve aver pesato anche questo nel modo in cui si è fatto superare da un ragazzino che, nonostante l'età, sembra essere addirittura più avanti di lui nel percorso di crescita (ha già fatto semifinale in uno slam, mentre Sinner non s'è mai spinto così avanti). O forse è solo il frutto (quasi) maturo di una tradizione tennistica che, senza troppo elucubrare e non cedendo neppure a una normale fase di transizione, dopo Nadal ha già trovato il suo erede. Migliore del nostro tennis migliore di sempre.
Il Foglio sportivo