Il Foglio sportivo – IL RITRATTO DI BONANZA
Stefano Pioli, vittima del “ma”
Per qualcuno la vita è un eterno slittare, fin quando arriva un giorno in cui tutto si ferma e si chiarisce. Per l'allenatore del Milan quel giorno sembra essere arrivato
Per qualcuno la vita è un eterno slittare, fin quando arriva un giorno in cui tutto si ferma e si chiarisce. In Stefano Pioli quel giorno sembra essere arrivato. E non è certo per via di un contratto quasi rinnovato al doppio delle cifre, e nemmeno per la vetta della classifica faticosamente difesa nel derby. No, non è per tutto questo, ma per il modo in cui lo guardiamo, ne valutiamo il gesto, anche un singolo movimento, un tic, una parola, gettando per la strada come un vecchio straccio, il pregiudizio con il quale lo abbiamo accompagnato in tutti questi anni.
Pioli è bravo, dicevamo, ma. Dove quel ma, messo così, seguito da un punto, si trasformava da congiunzione in aggettivo sinonimo di inadeguatezza. Stefano Pioli è bravo ma, troppo buono. Ma, esageratamente conciliante. Ma, poco autoritario. Ma, dotato di una personalità velata, non chiara. Ma, afflitto da un’immagine dimessa, con quella barba sacerdotale che sa di chiesa e di rosario. E poi il passato. Pioli è bravo ma, fa bene solo al primo anno. È successo al Bologna, alla Lazio, alla Fiorentina. Al Milan sarà la stessa cosa. Quanti discorsi confusi dentro quel ma, quanti pensieri sbrigativi, superficiali e irragionevoli. E anche il Milan con le sue iniziali titubanze c’aveva messo del suo. Volevano Spalletti, ma il toscano si fece pregare e poi disse di no. Boban e Maldini scelsero Pioli. Sembrava una scelta di ripiego, di passaggio, interlocutoria, accompagnata dal solito inesorabile ma.
C’è voluto il silenzio per cancellare quella parola. Il silenzio di stadi vuoti per colpa del Covid. In quella dimensione surreale e gelida, Pioli ha ritrovato il Milan, cancellato un mago tedesco di nome Rangnick di cui si sono quasi perdute le tracce, battuto la Juventus 4-2 e rilanciato se stesso. Eppure lo scetticismo ha continuato a seguirlo come un cane fedele, visto che si dicevano due cose: che fosse merito di Ibrahimovic e degli stadi deserti.
La storia di questi mesi ci ha fatto deglutire lo stupidario con il quale ci siamo riempiti la bocca e rimesso le cose al loro posto. In questa operazione di ordine e di giustizia, Pioli è stato collocato sopra un piedistallo, da dove ci guarda con quel sorriso leggero esibito in ogni circostanza commentando il suo Milan, nel bene e nel male. Un sorriso che, guardato oggi con il supporto dei risultati, sa di piccola soddisfazione, magari di rivincita. Un’espressione da fermare nel tempo, strappando via per sempre dal nostro vocabolario le pagine sgualcite di quell’ingiusto e insopportabile “ma”.
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