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Le sliding doors del tennis italiano: fuori Berrettini, dentro Sinner?
Dopo l'infortunio con Zverev, il tennista romano era sul punto di abbandonare le Atp Finals. Lo avrebbe sostituito l'altoatesino, in una sorta di staffetta azzurra. Ma proverà fino all'ultimo a tornare in campo
Un esperto di calcolo delle probabilità s'incarichi di rispondere a questo interrogativo: quante possibilità c'erano che Jannik Sinner rientrasse dalla finestra, in corsa, nelle Atp Finals a causa di un infortunio dell'amico e compagno di Davis Matteo Berrettini? Non era quotato, nonostante di questi tempi i bookmaker permettano di scommettere su qualsiasi variabile degli eventi sportivi. Forse perché, alla fin fine, era un'eventualità che non si augurava nessuno, nemmeno il più cinico degli osservatori disinteressati. Il numero uno del nostro tennis che, dopo aver battagliato per un set alla pari con la medaglia d'oro olimpica Alexander Zverev, si contrae dal dolore e abbandona il campo in lacrime è un tale strazio che è impossibile gioire per la sostituzione. Al più, sarebbe una forma di soccorso azzurro. Che almeno serva a salvaguardare lo storytelling della prima edizione del master di fine anno a Torino con la partecipazione di uno dei nostri orgogli di casa.
Non è detto che vada così, in ogni caso. Perché Berrettini dopo la partita di ieri, scuro in volto, gli occhi arrossati da un impasto malmostoso di rabbia e lacrime, da subito ha lasciato intuire di volerci provare a tornare in campo. Facendo affidamento su un recupero che avrebbe del miracoloso. "Non so ancora precisamente di cosa si tratta, non so di che entità sia l'infortunio. Spero che gli esami che farò domani possano tranquillizzarmi e spero di poter tornare in campo. Perché davvero non voglio perdermi quest'atmosfera, questa gente meravigliosa", aveva confessato. Esecrando il fato che gli stava facendo sfuggire di mano quello che si era a fatica conquistato nel corso dell'anno dove ha persino raggiunto, primo italiano della storia a farlo, la finale nel giardino sacro di Wimbledon. E con il passare delle ore la conferma del solito problema agli addominali, che già lo aveva allontanato dai campi per larghi tratti della stagione, non è arrivata con la perentorietà che ci si aspettava. E alla fine gli organizzatori del torneo si sono convinti a concedergli altre ore per recuperare, spostando il suo match contro Hurkacz a domani sera. Deciderà all'ultimo.
E' stato strano come ieri, nel secondo gioco del secondo set, il PalAlpitour di Torino si sia fermato in un religioso silenzio che appariva spettrale se solo lo si comparava all'effluvio emotivo e vocale che scendeva dagli spalti fino a dieci minuti prima, nel corso del tiebreak che Berrettini ha perso 9 punti a 7, dopo un set tiratissimo in cui ha avuto anche un set point (maledetta risposta di rovescio in salto, avrebbe invertito il corso degli eventi se fosse andata a segno? Chissà). Tutto troppo brutto perché non lo si realizzasse seduta stante. Nel pubblico c'era anche Sinner in compagnia del suo allenatore Riccardo Piatti, cappuccio della felpa calato a coprirne il volto, che a stento lo si distingueva sulle tribune da un ragazzetto qualsiasi. Ha avuto un sussulto quando in campo è stato chiamato il fisioterapista.
Deve avere guardato anche lui nel vuoto, ma se è andato fino a Torino a fare la riserva da primo degli esclusi è anche perché un barlume di speranza lo coltivava pur sempre. Si è allenato con Djokovic al Circolo della Stampa-Sporting, lì accanto. Contava almeno di fare da "scaldatore" a chi sarebbe sceso in campo. Godendosi lo spettacolo da testimone, magari agognando l'ingresso in campo l'anno prossimo, con maggiori certezze e meno rimpianti. E invece oggi ha prenotato un campo per allenarsi da sé, e preparare quel match con Hurkacz cui dovrebbe sottoporsi nell'eventualità che Berrettini, alla fine, si ritiri davvero: vorrebbe dire che la sorte ha voluto che sia chiamato a giocarsi le sue chance nel girone di ferro in cui sarebbe ottimo vincesse anche solo una partita. Nel caso, saprebbe già a chi dedicarla. Ma non è detto che accada.