Il Foglio sportivo
Con il Premio Puskas il bello del calcio ha ancora un senso
Né Messi, né Ronaldo. In un calcio dove per vincere occorre spendere, c'è ancora qualcosa di democratico, che bacia dove vuole, dalla serie B francese al campionato femminile ghanese: l'estetica del gol
Breve antologia di un premio che non guarda in faccia nessuno, un capolavoro che non conosce cavalli di razza né raccomandati. È il Puskas Award, premio istituito dalla Fifa dal 2009 per eleggere la rete esteticamente più bella siglata nel corso dell’anno. Qui Messi – che al Pallone d’Oro è arrivato al settimo titolo – mai ha vinto, CR7 solo alla prima edizione, ormai 12 anni fa, quando Ferguson allenava ancora lo United. I nomi sono ben altri, come raccontano le 11 prodezze candidate alla vittoria per il 2021, svelate in settimana: a fare la parte dei fenomeni sono Mahrez e Lamela, che dovranno vedersela con grandi siluri del calcio nostrano come Patrick Schick – che agli Europei punì da centrocampo la Scozia – e Valentino Lazaro. Ve lo ricordate questo austriaco all’Inter? 22 milioni all’Hertha Berlino per giocare 6 gare, poi con Conte non girava e fu mandato in prestito all’estero. Lo scorso anno, al Borussia M’gladbach, mise in saccoccia una palla facendo il colpo dello scorpione, e quindi eccolo riemergere dall’anonimato per giocarsi il Puskas Award.
In un calcio dove per vincere occorre spendere, c’è ancora qualcosa di democratico, la bellezza, che bacia dove vuole. Sarà una semplificazione estrema, permettetecela, ma ha un fondo di verità. Basta chiedere a Sandra Owusu-Ansah, 21enne ghanese, anche lei candidata per il Puskas Award, con una rete siglata nel campionato di calcio femminile ghanese, non proprio la Premier League inglese. Dalla serie B francese arriva lo slalom infinito di Gauthier Hein dell’Auxerre, mentre il solo gol preso dalla Champions League è una rovesciata allo scadere dell’iraniano del Porto Mehdi Taremi, nel successo 1-0 ai quarti di finale contro il Chelsea, inutile perché all’andata i Blues ne avevano fatte due di reti, più brutte forse ma di certo più pesanti.
È grandioso pensare che ci sia un premio, istituito dal massimo organo calcistico mondiale, che va a scandagliare così a fondo i campionati e le partite in cerca di reti belle. 5 anni fa in cima alla classifica ci finì la punizione a effetto di un malese, Mohd Faid Subri, mai una gara neanche in Nazionale, che quando salì sul palco per essere premiato tirò fuori lo smartphone, tra sorrisi e imbarazzo, e lesse un messaggio di ringraziamento tradotto in un inglese zoppicante. Nel 2014, dietro a James Rodriguez, davanti a Ibra e Van Persie arrivò seconda una ragazza irlandese, Stephanie Roche: le immagini della sua volée erano tanto sgranate quanto straordinariamente eloquenti. Due anni fa, invece, al delizioso pallonetto di Messi contro il Betis Siviglia fu preferita la rovesciata ruspante di Daniel Zsori in Debrecen-Ferencvaros – è pur sempre il premio Puskas, e almeno ad un ungherese andava dato.
C’è un libro di Nick Hornby, “Il mio anno preferito”, che è Bibbia per chi ama la letteratura calcistica. Lo scrittore inglese raccoglie in questo testo 12 racconti di 12 autori diversi, chiamati a raccontare l’annata più significativa della loro squadra. C’è chi racconta di Chelsea e Leeds, ma le pagine più belle sono dedicati a club “minori” come il St. Albans, narrato da Chris Pierson, a testimoniare di come la grandezza del calcio non stia per forza nelle vittorie, nei club più illustri o tra le gambe dei fuoriclasse: “In tutto il mondo, ci dicono, in ogni momento ci sono tot di persone che nascono, muoiono, concepiscono un figlio, oppure si trovano una pistola puntata addosso – scrive Pierson – A me piace pensare che in ogni istante da qualche parte nel mondo un giocatore dilettante qualsiasi stia segnando un gol straordinario. È successo a chiunque abbia giocato a calcio. In qualche occasione, fosse anche una volta sola, abbiamo spedito la palla in gol da 25 metri, lasciando di sale il portiere, oppure abbiamo incornato il pallone (a occhi chiusi, ovviamente) spedendolo nel sette come una fucilata. Non tutti gli sport offrono questa emozione. Quante volte può capitare, andando alla piscina comunale, che qualcuno batta il record del mondo? Eppure, per la legge delle probabilità, ogni domenica un pancione bolso che passa le giornate al pub segna un gol splendido quanto quelli dell'inarrivabile Pelé e del possente Bobby Charlton. Può accadere ovunque e se si sa aspettare abbastanza succederà praticamente dappertutto. È questo il bello del calcio: qualche momento sublime, molti episodi ridicoli, e tutto ciò che sta in mezzo tra i due opposti”.