Il foglio sportivo - that win the best
Il Qatar organizza i mondiali del gioco della bottiglia?
Rimettiamo il Pallone d’oro al suo posto: un premio come tanti altri. E Mourinho tenetevelo in Italia
Ma insomma, come ve la prendete ancora per quella mastodontica buffonata marchettara che è il Pallone d’Oro. Quanto tempo perdete a discuterne, a offendervi, a mettere in croce chi ha votato e come, a chiedere spiegazioni, a cercare moventi, Grandi Manovratori e retroscena. Sono anni che questo premio non vale nulla, non è che è diventato inutile quest’anno solo perché non l’hanno dato al rigorista a corrente alternata Jorghinho o all’attaccante che segna anche dal cesso degli spogliatoi, Lewandowski. Il Pallone d’Oro è un atto di masturbazione assistita in cui un gruppo di giornalisti vota i calciatori secondo loro più forti per poi poterne discutere sui giornali facendo a gara a chi ha il campione più lungo. È una seduta di psicosi collettiva in cui tutti sono convinti che la classifica di un giornale francese sia la parola definitiva sulle qualità dei giocatori, un giochino ben infiocchettato che prima o poi qualcuno dovrà decidersi a rimettere al posto giusto, tra i tanti premi che i tanti giornali sportivi assegnano ogni anno.
Quest’anno siamo stati costretti anche a sorbirci la lezione dickensiana di Messi che diceva di non meritare il premio, “datelo a Lewandowski!”. E che palle. Chi naturalmente l’ha presa malissimo è quel bambino di Cristiano Ronaldo, che però ha risposto sul campo da par suo. Mentre la Pulce giocava una partita anonima contro il Nizza nel campionato più anonimo del sistema solare, la Ligue 1, due giorni dopo CR7 segnava una doppietta all’Arsenal regalando la vittoria al Manchester United più schizofrenico degli ultimi anni, sotto gli occhi attenti di Ralf Rangnick, neo allenatore dei Red Devils ancora seduto in tribuna per via di un ritardo con il permesso di soggiorno. Quelli che la sanno lunga da giorni dicono che il portoghese rischia di non essere più l’intoccabile della squadra, Rangnick non guarda in faccia nessuno, è lì per ricostruire quasi da zero e tutta una serie di luoghi comuni che mi hanno annoiato ancora prima di essere stati detti.
Certo è che lo United non può continuare a essere la Lazio della Premier League e Rangnick lo sa. A proposito, tra i retroscena più belli che mi è capitato di leggere c’è quello che vorrebbe un ritorno di Mourinho sulla panchina dei Red Devils, il quale si porterebbe dietro Zaniolo. Ora, va bene che dalle parti dell’Old Trafford negli ultimi anni ne hanno azzeccate poche, ma neppure una dirigenza di ubriachi sarebbe così autolesionista. Mou è bollito ma non scemo, si è reso conto anche lui che Zaniolo dopo i due infortuni è diventato un Bernardeschi con i capelli lunghi, e usa la carta che a Roma è sempre vincente: dare la colpa agli arbitri. Sa benissimo, il portoghese, che a quel punto il tifoso romanista pronto a mugugnare perché il buon Nicolò segna meno gol di Zaza si convincerà che sì, se non fosse per gli arbitri il numero 22 giallorosso avrebbe già vinto il Pallone d’Oro. E il Mondiale, ovviamente. Sempre che la vostra Nazionale ci vada, al Mondiale che a un anno dal suo inizio qualcuno cerca già di trasformare ipocritamente nell’ennesima battaglia sui diritti. Nasser Al-Khater, presidente del comitato organizzatore in Qatar, ha fatto sapere con grande magnanimità che “i calciatori gay potranno giocare, ma non potranno baciarsi in pubblico”. E io che pensavo si parlasse di Mondiali di calcio, non del gioco della bottiglia.