Foto Alfredo Falcone / LaPresse

Sarriball in standby

Alla Lazio Maurizio Sarri ha abbandonato la rivoluzione e si è scoperto migliorista

Federico Giustini

A Roma l'allenatore sta provando a riformare i biancocelesti passo dopo passo. L'obiettivo è convincere Lotito e Tare a “programmare insieme le prossime sessioni di mercato”. Contro il Galatasaray stasera è in gioco una parte del progetto

Costruire è sapere, è potere rinunciare alla perfezione. Nel giorno della sua presentazione come nuovo allenatore della Lazio, Maurizio Sarri avrebbe potuto prendere in prestito le parole di Niccolò Fabi per spiegare meglio la sua idea della prima annata a Roma. Disse che sarebbe stata una “stagione di costruzione”, finalizzata a portare la Lazio a esprimere il suo calcio.

Sarri era ben consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato sulla strada della transizione tattica: riconvertire la fase di non possesso palla di una squadra abituata a scivolare all’indietro in un pressing offensivo e una riaggressione virtuosi si preannunciava complicato. L’abitudine a difendere a cinque, l’assenza di attaccanti esterni in rosa e di un numero sufficiente di ricambi all’altezza per fronteggiare il doppio impegno erano le questioni più spinose al momento del suo arrivo. E alcune di queste sono ancora attuali. Chiese e ottenne un settimana in più di ritiro ad Auronzo di Cadore, per introdurre i suoi princìpi e lavorare sul campo. Qualcosa che vorrebbe ricominciare a fare presto, visto che ormai, come detto dopo la vittoria contro la Samp, “ci alleniamo solo sui filmati, sembro un regista televisivo”. Le partite incalzano, Sarri vorrebbe più tempo per lavorare sulla linea difensiva per affinare il sincronismo dei movimenti.

Ecco allora che si presenta l’occasione, la possibilità di guadagnare due mesi di ritmi meno serrati e più lavoro a Formello. La partita di stasera con il Galatasaray vale il primo posto nel girone di Europa League: con una vittoria, la Lazio si qualificherebbe agli ottavi di finale e ritroverebbe la competizione direttamente a marzo, schivando un possibile playoff con una pericolosa terza scivolata dai gruppi di Champions.

 

Il grosso dei problemi biancocelesti deriva dalla stanchezza fisica che, unita a una minore lucidità mentale, tende a far emergere sul campo vecchi retaggi, alcuni automatismi tattici non ancora smaltiti. Subentra così scarsa fiducia nella capacità di difendersi in avanti. La Lazio, nelle sue giornate più storte, è sembrata un ibrido tra ciò che è stata prima e quello che vorrebbe essere - e che è riuscita a mostrare in alcune gare, su tutte le due contro il Lokomotiv Mosca.

Rinunciare alla perfezione sì, ma non al miglioramento. Del resto nemmeno l’inevitabile retorica che ha salutato il suo ritorno in panchina ha reso più semplici le cose per Sarri. Nonostante la sua premessa, ci si aspettava comunque uno shock, un cambio di paradigma immediato. La sua squadra sembra aver assorbito i concetti e solo 72 ore dopo – a volte sono anche meno e l’ex tecnico di Napoli e Juve non manca di farlo notare – rigettarli, muovendosi in ritardo, trovandosi lunga e sconnessa, costretta a lunghe e stancanti rincorse sul campo. Nelle poche occasioni in cui Sarri si trova costretto a rinunciare a Immobile, la pericolosità offensiva svanisce – troppo importante è quell’attacco alla profondità costante per generare spazi e linee di passaggio – e aumenta l’esposizione al rischio, complici le evidenti difficoltà che sta mostrando il suo unico sostituto, Muriqi, più o meno da quando è sbarcato a Roma più di un anno fa.

 

È fin troppo radicata nell’immaginario collettivo pallonaro l’associazione della figura di Sarri con il concetto di rivoluzione – anche a causa di quel celebre “andrei fino al Palazzo per prendermi il potere” – per immaginare subito qualcosa di diverso. Ma quello di oggi non può che essere un Sarri migliorista, che punti a cambiare la Lazio con riforme graduali e che, soprattutto, riesca a contagiare Tare e Lotito con i suoi propositi: su tutti quello di “programmare insieme le prossime due o tre sessioni di mercato”, operazione mai del tutto riuscita ai suoi predecessori.

La rivoluzione nella capacità di persuasione. Nella visione del calcio di Maurizio Sarri, estetica ed efficacia rimangono elementi inscindibili, complementari. Perché costruire è sapere.

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