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Una partita di calcio è come un cristallo di neve

Davide Ferrari

Il 23 dicembre 2021 la Serie A fa i conti con la fine del girone d'andata. Ma è anche il novantesimo anniversario della morte di Wilson A. Bentley, il fotografo che osservava la neve con la stessa passione, dedizione e perseveranza con la quale ogni tifoso guarda le partite della propria squadra

È il 23 dicembre e la Serie A è giunta al giro di boa che premia l’Inter con il titolo di campione d’inverno. La Juventus, complici forse la nebbia e la neve delle ultime settimane, si è un po’ persa tra rinnovi contrattuali alla Beautiful e visite delle Fiamme Gialle, e ha fatto qualche scivolone con squadre con le quali avrebbe dovuto e potuto ottenere il bottino pieno.

Si possono tirare le prime somme di una mezza stagione un po’ strana e comunque, oltre alla situazione sanitaria, ancora in bilico su tutti i fronti. Non c’è una vera favorita come negli anni precedenti ma d’altronde, da quando esiste il gioco del pallone, non ci sono mai state due stagioni uguali a se stesse. Noi tifosi, mai sazi, e spesso non proprio lucidi – ma d’altronde stiamo parlando di calcio – sembriamo avere il gusto dei giudizi frettolosi, delle critiche, anche feroci, nei confronti di chiunque. Ma chi se ne importa, tanto "le chiacchiere le porta via il vento e le biciclette i livornesi". Ma perché anche chi è abituato bene vuole sempre vincere, ogni partita, i campionati, le coppe (sì, soprattutto quella!) e non riesce ad accontentarsi e a godere, se non per pochi attimi dopo la vittoria?

 

Il 23 dicembre 2021 è anche il novantesimo anniversario della morte di Wilson A. Bentley, nato nel 1865 a Jericho, nel Vermont, in una famiglia di contadini. No, non era un calciatore, anzi, col calcio non c’entra nulla. Durante l’adolescenza il giovane Wilson si appassionò all’osservazione dei cristalli di ghiaccio. Per prima cosa cercò di disegnarli dopo averli osservati al microscopio regalatogli dalla madre. Ma si sa, un cristallo, come la gioia per un successo, dura solo pochi istanti. Così decise di affidarsi ad una fotocamera per vedere le cose più chiaramente e avere il tempo di capire cosa fare: in pratica guardava e riguardava i cristalli di neve al Var. Durante tutta la sua vita, Bentley scattò oltre 5.000 fotografie e in quarant’anni di attività non ne scattò mai una identica ad un’altra.

Bentley osservava la neve con la stessa passione, dedizione e perseveranza con la quale ogni tifoso guarda le partite della propria squadra, con l’intento di cercare qualcosa che non poteva trovare. Capì che proprio in quella impossibilità di ripetizione, in quell’accettazione della natura e della imprevedibilità delle miriadi di cause che portavano un cristallo ad avere proprio quella forma e struttura, stava la sua fascinazione e l’amore per ciò che osservava.

Ogni partita di calcio è, per usare le parole di Wilson, un “minuscolo miracolo di bellezza” proprio perché è imprevedibile e totalmente irrazionale – altrimenti non si capisce come la Juve abbia potuto perdere in casa con l’Empoli (o come abbia potuto farlo il Napoli) – come i campionati che, inevitabilmente, dipendono da tantissime variabili che tutte insieme danno un risultato finale inaspettato o comunque insoddisfacente per qualcuno.

Il linguista Noam Chomsky dice che "il linguaggio è più simile a un fiocco di neve che al collo di una giraffa. Le sue proprietà specifiche nascono dalle leggi di natura, non sono qualcosa che si sviluppa come accumulo di fatti storici casuali". Il neuroscienziato Andrea Moro aggiunge: "[..] allo stesso modo si formerebbe la struttura del linguaggio, una soluzione istantanea che soddisfa condizioni indipendenti la cui natura e complessità ci sfuggono".

 

Nonostante siamo un popolo di santi, navigatori, poeti… e allenatori, e, nonostante Lele Adani, non ammettiamo che ci sfuggono anche la natura e la complessità di una partita di calcio. In tutto ciò, l’unica cosa che non cambia mai sono proprio le parole, quasi sempre critiche, indirizzate a uno o all’altro di coloro che riteniamo responsabili di un fallimento o di un periodo caotico.

Il poeta lituano Donaldas Kajokas, nella poesia dedica nel libro All’asinello sordo (Effigie, 2018) scrive: "Sentivi nostalgia... delle rose di Dio... nevestalgicamente... con tenerezza... / […] tutti – probabilmente tutti quanti avremmo quello che ci siamo meritati / se non ci fosse questa nostalgia dove nevestalgicamente sta per “nostalgia della neve”. Non c’era un termine che indicasse questo stato d’animo e lui se l’è inventato. Allora, almeno noi tifosi della Signora, impariamo dai poeti a chiamare le cose col loro nome senza incazzarci a ogni mezzo passo falso della squadra o per ogni passaggio sbagliato di Rabiot… No, scherzo, in questo caso si può…

Diciamolo: abbiamo nostalgia di quello a cui siamo abituati, dei trofei certo, ma anche dei calciatori come si deve, di una mentalità e capacità di fare le cose per bene, di quella impareggiabile e indescrivibile sensazione di essere là davanti a tutti ad illuminare la strada con i fendinebbia accesi, di essere i migliori. In una parola: abbiamo nostalgia della Juve.

Allora buon Natale e buon anno! Perché alla fine tutti quanti avremo quello che ci siamo meritati, sperando che non sia un girone di ritorno da concludere Juvestalgicamente. 

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