La partenza di Insigne e la morte di Hugo Maradona. È stata la mano di un dio minore
In tre quarti d'ora a Napoli è andato in scena l'ennesimo psicodramma calcistico. Prima la notizia della probabilissima partenza del capitano verso Toronto, poi quella del decesso del fratello del Pibe de oro
Ore 12, arriva la notizia che il contatto fra Lorenzo Insigne e il Toronto (squadra della Major League Soccer nordamericana) è in dirittura d’arrivo. Ore 12.45, le agenzie battono la scomparsa di Hugo Maradona, 52enne fratello di Diego, anche lui per infarto, nella sua casa a Monte di Procida. In tre quarti d’ora, l’ennesimo psicodramma napoletano a tinte forti, la mano di un dio minore che rinsalda il destino sportivo della squadra azzurra a quello della sua storia: Insigne, capitano di Frattamaggiore, non poteva indossare il numero 10 che gli sarebbe stato congeniale, poiché la società lo aveva ritirato in onore del Pibe. Huguito quella maglia l’ha solo accarezzata nei sogni, arrivato in Italia per intercessione fraterna e presto finito ai margini della rosa dell’Ascoli.
Mentre al cinema spopola l’agnizione adolescenziale di Paolo Sorrentino, che draga l’anima partenopea tra privato, pubblico e santità, allo stadio che del D10S porta il nome la rosa di Spalletti può seriamente tornare a competere per lo scudetto: o forse poteva, andasse effettivamente in porto la trasvolata atlantica di “Lorenzo il magnifico”. Perché la perdita di Insigne non sarebbe facilmente assorbita, più a livello spirituale che tecnico (Elmas è cresciuto molto, Ounas l’uomo lo salta): se il “tir’a’ggir” – marchio di fabbrica del piccolo fantasista – non lampeggerà più sotto la curva B, non ne risentirà solo la Nazionale campione d’Europa.
Maradona, quello imprescindibile, è un’impronta digitale nella maglia, nei tribunali argentini si scatena la faida per la sua eredità: lotta come una leonessa la figlia Dalma, la sorella Gianina è presa dall’addio al calcio del marito Sergio Aguero. Una volta, i fratelli Maradona (c’era pure Raul, “el Lalo”) giocarono pure assieme, a Granada: ma fu l’unica. Poi dal Giappone Hugo tornò a Napoli, stabilendosi nel matrimonio con Paola Morra senza più fuggire. Così come il nipote Diego Armando junior ora allena il Napoli United, “el Turco” aveva anche provato a imbastire una scuola calcio, prima di accettare la candidatura a consigliere comunale in una lista civica a sostegno di Catello Maresca (centrodestra): slogan, “solo Napoli Capitale ha un Maradona per rifare grande la città”. Tutto, pur di dimenticare i lazzi del periodo ascolano, quando abitava al campetto di Villa Pigna e tutti dicono di aver calciato qualche pallone Tango assieme al più celebre fratello.
Di Insigne, Hugo diceva che “dovrebbe firmare a vita, Diego lo vorrebbe”: invece il simbolo se ne va a Toronto per i soldi, tanti soldi, l’anno prima dei Mondiali, il mese di mezzo scudetto, il giorno in cui anche il Maradona più napoletano o’veramente non c’è più. Oggi, il tumulto interiore tra gli altari dei Quartieri Spagnoli da sceneggiata diventa tragedia: da qualche parte in sala, Fabietto Schisa, lo zio Renato Carpentieri, Armando il contrabbandiere e pure la signora Gentile (per tacere della Baronessa) non sanno a quale santo De Filippo votarsi.