(Photo by Jordin Althaus/WireImage) 

il caso

Djokovic l'esentato. Il pericoloso messaggio dell'Australian Open

Nole, sempre ambiguo sul vaccino, andrà a Melbourne per il primo grande torneo dell'anno grazie a una più che dubbia deroga

Ho trascorso tempo meraviglioso con i miei durante le feste e oggi parto per l’Australia con un’esenzione, fatti avanti 2022!”, ha scritto Novak Djokovic su Instagram prima di partire alla volta di Melbourne, dove gareggerà agli Australian Open ormai imminenti.

  

   

Un secondo dopo il post, si è scatenata come prevedibile la bufera. Tanti gli indignati per il (presunto) vergognoso favoritismo  – Djokovic è quello che ha invocato la libertà di scegliere “cosa vuoi mettere nel tuo corpo” – svicolando ogni qualvolta gli si domandava se si fosse o meno vaccinato. Così, mentre si avvicinava l’appuntamento australiano (senza Federer e con un Nadal ammaccato dal Covid e dal post infortunio), tutta l’attenzione era sul campione serbo: ci sarà o no? L’organizzazione locale era terrorizzata, gli investimenti fatti sarebbero sfumati se il parterre del primo grande torneo dell’anno fosse stato di livello medio o medio basso. Però le regole sono regole, soprattutto nella Melbourne uscita a ottobre da 260 giorni di lockdown, “il più lungo al mondo”. Norme severissime, quasi à la Wuhan. Cittadini stanchi ma abituati e più o meno rispettosi dei divieti. E ora arriva Nole, l’esentato. Che fa sapere di avere l’esenzione ma non spiega da cosa sia motivata.

  

 

Il protocollo elenca i casi per cui si possa partecipare agli Open senza vaccino: allergie, reazioni particolari dopo la prima dose anti Covid, documentata sofferenza di una sindrome medica acuta, malattia cardiaca infiammatoria. Se non si rientra in queste categorie, è necessaria l’inoculazione. Se è stata fatta l’esenzione (e a firmarla deve essere stato un medico), Djokovic deve avere qualcosa che non va. Ma cosa? Lui non lo dice, mantenendo lo stesso ambiguo registro comunicativo seguito in due anni di pandemia. Roberto Burioni ha subito sfogato su Twitter la sua rabbia: “Gli UNICI motivi validi per un’esenzione medica dal vaccino sono una gravissima anafilassi in occasione della prima dose o una grave allergia a uno dei componenti del vaccino: l’esenzione concessa a #Djokovic non è dunque minimamente credibile. Vergogna”. Insomma, non è il tempo per la prudenza.   It’s business as usual, si dirà, e la sensazione è che davvero sia così. Al di là dell’indignazione social che si porta sempre bene, il salvacondotto ad hoc rischia però di avere effetti pesanti sulla credibilità delle autorità che hanno passato mesi a inculcare nelle menti dei comuni mortali la necessità di disinfettarsi e mascherarsi, di obbedire al coprifuoco e di fare la conta dei congiunti da invitare al pranzo di Natale. Dare l’idea che un pur prestigioso torneo di tennis può sfuggire alle regole di comportamento pandemiche è pericoloso. Al punto che qualcuno, sfinito e magari plurivaccinato, potrebbe sentirsi in diritto di fare come Nole l’esentato.

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