ritorno a canestro

Klay Thompson è tornato in Nba e in un mondo diverso

Giovanni Battistuzzi

La guardia dei Golden State Warriors è tornata in campo dopo 941 giorni. Era uno dei giocatori più forti in America prima dei due infortuni che gli hanno fatto perdere due anni. "Sono lo stesso di prima? E chi lo sa...”. È cambiato tutto da quel 13 giugno del 2019

Prima di ieri, prima di Golden State-Cleveland 96-82, l’ultima volta che Klay Thompson aveva calcato il parquet di una arena dell’Nba, era tutto un altro mondo. Trump era alla guida degli Stati Uniti, le mascherine coprivano bocca e naso solo di medici, saldatori e verniciatori e Covid era una parola che non esisteva. 

Il 13 giugno del 2019 Klay Thomson era uno dei grandi amori di San Francisco. La città, o almeno quella che guardando un canestro sospirava Golden State Warriors, lo adorava a tal punto da averlo eletto sportivo più amato della città. Primo, davanti a Steve Curry e Jimmy Garoppolo, con oltre il doppio delle preferenze di Kevin Durant, che aveva già manifestato sintomi d’addio. 

Quel giorno i Warriors giocavano gara-6 della finale Nba contro i Toronto Raptors, con i canadesi sul 4-2 e a una vittoria dall’Anello. Thompson stava giocando l’ennesima partita straordinaria in quelle finals. La partita andava avanti punto a punto, Golden State era sopra di due e accarezzava l’idea di una rimonta insperata quando a due minuti e ventidue dal termine del terzo quarto, dopo un contatto sotto canestro con Green, Klay cade male e finisce a terra. Lo sguardo perso di Stephen Curry, il suo mordicchiare nervoso con il paradenti è l’immagine di un’intera città che sa che senza di lui battere Toronto è dura. Thompson viene portato fuori a braccia, lo mettono in piedi in qualche modo, rientra sul parquet e mette a segno i due tiri liberi: 80-85, +5 per i Warriors. Ma da come corricchia è chiaro che non è nulla a posto, che il sollievo provato a rivederlo in piedi durerà poco. E così sarà. Klay esce e non rientra più. Golden State senza di lui non funziona, i Raptors vincono il loro primo Anello

 

 

Il giorno dopo i cattivi pensieri si tramutano in realtà: rottura del legamento crociato

Per un giocatore come Thompson, per uno che gioca come lui, in continuo movimento, di velocità e forza, che sfonda di agonismo e rifinisce di fioretto è uno dei peggiori infortuni possibili, commentò qualche giorno dopo Kobe Bryant. Peggio di questo c’era solo la rottura del tendine d’Achille, sottolineò Rick Barry, una delle leggende dei Warriors. Parole che sembrarono una premonizione quando il 18 novembre 2020, in un allenamento, uno degli ultimi di rifinitura prima del suo rientro, Klay si ritrovò di nuovo a terra, di nuovo con un dolore sordo alla gamba. Il tendine d’Achille aveva fatto crac, un’altra stagione sarebbe finita con uno zero nella casella delle presenze. 

La dirigenza di Golden State, che dopo il primo infortunio aveva deciso di confermare il suo numero undici al massimo salariale, espresse il massimo sostegno all’atleta. Il general manager Bob Myers sottolineò che “Thompson è un patrimonio dei Golden State, ha il talento per superare anche questo infortunio, tornerà in campo con la maglia dei Warriors addosso e ci aiuterà a tornare al successo”.

Non poteva essere altrimenti per uno che prima dell'infortunio viaggiava a oltre venti punti a partita, era stato capace di fare sessanta punti in 29 minuti, e sa difendere in maniera più che buona.

    

    

Parole. Ma anche fatti. In estate i californiani rifiutarono di privarsi della loro guardia nonostante due offerte di scambio. 

Klay Thompson ora è davvero tornato. E ha subito fatto vedere cosa la Chase Center Arena si è persa in questi 941 giorni d’assenza. Contro Cleveland ha messo dentro 17 punti, ha realizzato tre triple e una schiacciata, ha soprattutto fatto sorridere Curry e fargli dire: “È il solito Klay. Non è cambiato”.  

“Ne è valsa la pena. Ogni singolo momento di riabilitazione, ne è valsa la pena per tornare a vivere un momento così”, ha detto Thompson a fine incontro. Un momento che ora deve continuare, perché “ora che sono di nuovo in campo non lo voglio più lasciare. Sono lo stesso di prima? E chi lo sa...”. È cambiato tutto da quel 13 giugno del 2019. Non sarebbe un dramma se fosse cambiato pure Klay Thompson. 

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