Tra quanto (e come) tornerà Federico Chiesa? Parla il dottor Francesco Della Villa
Ogni anno in Serie A avvengono tra i 10 e 12 infortuni al legamento crociato anteriore. Il direttore del Centro Studi Isokinetic ci spiega come la scienza può ridurre il rischio di infortuni
Quando ha visto il ginocchio di Federico Chiesa compiere quel movimento innaturale, il dottor Francesco Della Villa non ha avuto dubbi: rottura del crociato. Non c’è niente di magico, né di visionario. Al contrario, sguardi come quello del direttore del Centro Studi Isokinetic confermano l’importanza della scienza. “Il ragazzo ha ottime possibilità di recupero. Il tempo medio di ritorno in squadra per questo tipo di infortunio è di circa 6 mesi e mezzo, 192 giorni. Per un ritorno al match completo la media è di 8 mesi”.
A marzo l’Italia giocherà i play-off contro la Macedonia del Nord, partita importantissima per gli azzurri del ct Mancini, e la presenza di Chiesa è ovviamente già esclusa. Ma anche per il Mondiale, in programma a novembre, in Qatar, il ritorno di Chiesa deve essere valutato con attenzione. “È auspicabile che ci sia” spiega Della Villa “ma tutto dipende da come recupererà. Sarebbe un errore affrettare i tempi. Se sarà recuperato, ok: tutti contenti. È però più importante la sua carriera, Chiesa è molto giovane. Il tempo di recupero si misurerà solamente dopo”.
Ogni anno in Serie A avvengono tra i 10 e 12 infortuni al legamento crociato anteriore. Che cos’è, dunque, questo legamento così temuto dagli atleti? “È una specie di cordone grande come il mignolo di una persona che unisce il femore alla tibia e controlla il movimenti della tibia sul femore”. Di fatto, spiega Della Villa, “impedisce alla tibia di andare in avanti, controlla le rotazioni e il valgo”.
Della rottura del crociato anteriore se ne parla da quarant’anni. E il calcio, con gli stop forzati dei grandi campioni, ha fatto da lente di ingrandimento. “Il rischio di questo infortunio ” va avanti Della Villa “sembra essere maggiore nelle squadre di vertice e in particolare i più esposti sono i difensori”. Quello dell’attaccante della Juventus, però, rientra in quelli che Della Villa definisce “pattern”, cioè gli schemi tipici in questa tipologia di infortuno.
Nel 2020, Isokinetic ha pubblicato il più grande studio di video analisi in merito. “Su 134 infortuni consecutivi di questo tipo abbiamo visto che nell’88 per cento dei casi avvengono senza un contatto diretto con l’avversario, prevalentemente in azioni di tipo difensivo, con il ginocchio che cade verso l’interno”. Chiesa, probabilmente, rientra nell’altra casistica, il contatto con Smalling durante la sfida contro la Roma potrebbe aver avviato un processo. Di più. “La cosa interessante è che, contrariamente alla nostra ipotesi di partenza, gli infortuni al crociato avvengono nella maggior parte dei casi, cioè nei due terzi, nei primi 45 minuti di gioco”.
In un altro studio, condotto con il collega Alberto Grassi e da una equipe di medici su 7 stagioni di Serie A (dal 2011/2012 al 2017/2018), hanno dimostrato che la maggior parte degli 84 infortuni al crociato complessivi si è verificata nei difensori (43 per cento), a seguire i centrocampisti (31 per cento), gli attaccanti (20 per cento) e i portieri (6 per cento). Il 25 per cento in atleti che avevano già subito un precedente infortunio al crociato. Anche per questo, sottolinea Della Villa, “l’importanza del recupero totale è fondamentale. Non mi stancherò mai di dirlo”.
Della rottura del legamento crociato Della Villa ne ha fatto una specie di percorso di vita, dalla tesi di laurea fino agli studi più innovativi del settore con centinaia di casi presi in esame ogni anno. E non solo calciatori, ovviamente. La medicina dello sport deve avere uno sguardo allargato. “Il picco di lesione al crociato di tutta la popolazione avviene dopo il picco di crescita: a 15-16 per le ragazze, 17-19 per i ragazzi”. Ma il focus sul mondo del calcio ha una sua specificità. “Per i calciatori conta l’esposizione” va avanti il medico bolognese, “e se andiamo a vedere la prevalenza di chi ha subito questo infortunio, troviamo ultratrentenni perché ovviamente hanno avuto una esposizione maggiore, hanno fatto più partite”. Più o meno, “un 10 per cento dei calciatori ha un infortunio al crociato”.
Della Villa è figlio d’arte. Alla fine degli anni Ottanta suo padre Stefano fonda Isokinetic, che oggi vanta 7 centri in Italia e uno a Londra. E ogni anno, a braccetto con la sezione medica della Fifa, organizza convegni internazionali negli stadi più belli del mondo: a Wembley, al Camp Nou. A giugno ce ne sarà uno a Lione. Tutta la storia di Isokinetic è un crescendo dell’eccellenza Made in Italy. Con un punto di svolta nel 2002, quando Roberto Baggio tornò in campo dopo un crociato in appena 77 giorni. Un caso unico, speciale come Baggio. Ma da quella storia di volontà Isokinetic ha tirato fuori l’aspetto scientifico, un concetto su cui Della Villa torna ogni volta. “Negli ultimi trent’anni abbiamo sviluppato un percorso ideale di cura per il paziente con rottura al crociato anteriore. E cambia da paziente a paziente”.
Della Villa ha studiato negli Usa, un’esperienza che gli ha permesso di mettere a punto la green room. Stanze dedicate allo studio dei pattern di movimento, ogni paziente è monitorato da tre telecamere e lavora su una piattaforma di forza, mentre sul gigantesco videowall gira un software che mostra al paziente i movimenti corretti o da correggere. “Una volta avevamo ben presente i concetti di forza muscolare, che è ancora molto importante. Ma quella era potenza senza controllo. Adesso ci siamo spostati sul controllo, che è legato al sistema neuromuscolare, alla biomeccanica”. Isokinetic, con Della Villa e tutto il suo team, lavora molto sull’aspetto della prevenzione. “I programmi di riduzione degli infortuni funzionano. E se applicati correttamente riducono del 50 per cento gli infortuni al legamento crociato anteriore. La metà. Questa è un’evidenza chiara, assodata”. I programmi di prevenzione, spiega Della Villa “sono come il vaccino”.
L’aumento esponenziale delle partite in un anno non può che portare a un aumento degli infortuni. Qualche mese fa FIFPro, il sindacato mondiale dei calciatori, aveva raccomandato un numero massimo di 60 partite a stagione (di fatto all’anno), 14 giorni di riposo in inverno, dai 28 ai 42 giorni di riposo in estate, un numero limitato di trasferte lunghe e almeno cinque giorni tra un impegno e l’altro. La realtà è diversa. Un calendario “congesto”, lo definisce Della Villa. “Pensiamo a un giocatore che ha affrontato sei partite in pochi giorni, una gara in nazionale, poi una con il club, in coppa e di nuovo con il club. Ed è quello che in qualche caso abbiamo visto mercoledì sera”. Il caso di Kjaer del Milan, infortunatosi a dicembre, ne è un esempio. Ma c’è dell’altro. In un altro studio condotto da Uefa e Isokinetic viene fuori che la percentuale di secondi infortuni è alta. Addirittura, spiega Della Villa “del 18 per cento considerando entrambe le ginocchia, 1 su 5 ha una seconda lesione del crociato del ginocchio operato o del ginocchio sano”. Per questo i tempi di recupero sono decisivi, “bisogna veramente cercare di completare tutto”. I due crociati di Zaniolo, il campione della Roma, ne sono un esempio.
C’è ancora molto da capire. Sugli infortuni, e anche sul crociato. Da qualche anno l’attenzione si è spostata “alla qualità del movimento e sul controllo neuromuscolare, sia in termini preventivi del primo infortunio sia in termini di recupero, ovvero di prevenzione secondaria”. Il mondo in fermento della comunità scientifica assimila dati, ne condivide l’importanza, li discute, crea letteratura. E con l’avvento dei Big Data l’evoluzione sarà maggiore. Il futuro è già qui, “va verso una valutazione dei fattori neurocognitivi legati agli infortuni. Nel calcio avviene una distrazione subito prima dell’infortunio, per esempio. Vogliamo capire sempre di più come il cervello controlla i muscoli e il movimento”.
Il Foglio sportivo