Uno slittino d'adrenalina. La prima Olimpiade di Nina Zoeggeler
“Qualche volta è stato un peso portarsi dietro il mio cognome. Ci ho lavorato negli anni e adesso quel peso non lo avverto più”, dice la figlia Armin Zoeggeler, che su quello slittino ha vinto tutto
Lady proiettile sa anche piangere. “Sì, sono una ragazza che si emoziona. La mia famiglia è tutto per me, è la cosa più importante. Ma sono anche determinata, e quando voglio qualcosa me la vado a prendere”. Tutto vero: Nina Zoeggeler voleva le Olimpiadi e se le è prese qualificandosi per i Giochi di Pechino. Ci vuole fegato per scendere con lo slittino a 130 chilometri orari. “A me dà adrenalina, non c’è spazio per la paura” assicura lei.
Dolce, gentile, educata, arguta. Bellissima. E con un cognome grande così da portare addosso. Lo stesso di papà Armin “pallottola” Zoeggeler, l’uomo-razzo che col suo slittino ha vinto medaglie olimpiche, frantumato record, conquistato i cuori, spezzato l'impossibile. Dinastia Zoeggeler, adesso tocca a Nina. “Qualche volta è stato un peso portarsi dietro il mio cognome," racconta al Foglio "quando ero più piccola pesava tantissimo. Ci ho lavorato negli anni e adesso quel peso non lo avverto più”.
Aveva tredici anni quando Armin, a Sochi, chiudeva lo slittino in soffitta dopo 6 medaglie olimpiche e un sacco di altre cose. Era il 2014. “Quella gara me la ricordo anche io. Papà dice sempre che quella fu una gara della grandi emozioni, ma i ricordi più belli se li porta dietro da Torino 2006, i Giochi di casa”. Sulle sue orme sta crescendo Nina, la più giovane della spedizione azzurra nello slittino, 20 anni appena e una voglia grande così di sognare. Suona la fisarmonica (“A casa, con la mia famiglia”), le gite in bicicletta e la montagna sono la sua passione. I pascoli, gli animali, il vento che soffia dai ghiacciai, il sole che ti bacia la faccia. E poi lo slittino. “In questo momento mi sento felice, sono emozionata, non vedo l’ora di partire per Pechino. La situazione Covid renderà un grande evento un po’ più piccolo, ma non fa niente. Sono contenta di andare lì, fare esperienza, vivere l’atmosfera e quella febbre che penso solo le Olimpiadi sappiano dare. Sarà bellissimo”. La sua mamma, Monica, è d’accordo: “Mi ha detto che il lavoro duro paga sempre, ha ragione”.
Ingiusto, ingeneroso gettarle addosso il confronto con il padre: “Farò del mio meglio, ma per ora la medaglia è un sogno. Mi serve esperienza. Pechino sarà un primo passo. Il sogno, però, è vincere una medaglia. Non importa di che colore”. In valigia ha messo tutto l’occorrente: sentimenti, gioia, “un po’ di pazzia perché serve anche quella”, ma anche “il coraggio”. E un peluche a forma di maialino, Peggy, “un regalo di mio fratello di qualche Natale fa. Me lo porto dietro, è una specie di portafortuna”.
A Pechino, l’Italia dello slittino gareggerà per sorprendere. Attenzione alla nuovissima pista di Yanqing e alla sua curva a 360 gradi, la prima al mondo. “Quando vedi quella curva pensi è meravigliosa, ma quando scendi giù la senti. La pista mi piace, ha un carattere diverso dalle altre”.
Le favorite per l’oro al femminile sono le tedesche Julia Taubitz e Natalie Geisenberger. Ma gli azzurri ci sono, e c’è anche Nina. “Rappresentare l'Italia è un orgoglio, è qualcosa che sento dentro. Questi Giochi sono un punto di partenza. Le altre nazionali hanno fatto step più grandi di noi. Però ci siamo, possiamo crescere. Lo vedo. Abbiamo un grande potenziale per fare bene. La nostra è una squadra giovanissima, il più vecchio ha trent’anni. Io posso apprendere molte cose”.
Zoeggeler senior non è solo il padre, è anche il ct di Nina. “Lui guarda a tutto quello che faccio due volte. È un bene, ma spesso è anche pesante. Papà da me vuole il meglio, e anche io lo voglio per me stessa: abbiamo un carattere simile. Litighiamo, eccome. Ma con il tempo abbiamo imparato a capire i momenti per farlo”. Aveva tentato con l’atletica, cercato altre strade, “e tantissimi pensano che sia stato mio padre a spingermi a fare questo sport: non è vero”. A sette anni provò a scendere con lo slittino: “Ho sentito felicità, gioia, libertà”. Tutto il resto è arrivato di conseguenza. Anche i consigli di Armin: “Una volta papà mi ha detto che devo fare le cose che mi rendono felice. È una frase che mi porto sempre nel cuore. E adesso è proprio così che mi sento. Felice”.
Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA