Storia della combinata nordica, l'ultimo sport precluso alle donne
Salto più sci di fondo, punteggi più cronometro: al via le gare più double face dei Giochi. Presente anche l’Italia. Ma non la categoria femminile, stoppata da antichi pregiudizi
Talvolta basta la prima pagina, per intuire la fine della storia. Olaf Rye, militare norvegese e primo saltatore di sempre con gli sci, nacque in piena Rivoluzione francese e firmò l’archetipo di ogni record mondiale (9,4 metri, contro i 253,5 attuali) mentre Napoleone conquistava la Spagna, il 22 novembre 1808. Anche le prime gare di sci nordico ebbero luogo sul finire del XVIII secolo, fra i reparti dell’esercito di Norvegia. Ça va sans dire: entrambe le discipline della combinata nordica affondano le radici nell’ultimo spicchio di Ancien régime. E come per ironia della sorte, oggi questo è l’unico sport olimpico – tra estivi e invernali – nel quale le donne non sono autorizzate a gareggiare. Nemmeno a Pechino, dove sino al 17 febbraio si terranno le tre competizioni in programma ai Giochi. Cinquantacinque atleti in totale, tra cui quattro italiani da sostenere. Prima a mezz’aria, poi lungo la pista: il fascino della combinata è nell’alchimia di doti diametralmente opposte – esplosività e resistenza, aerodinamica e solidità –, regole che esaltano lo spettacolo, vittorie al fotofinish. Figurarsi poi quando arriverà anche la parità di genere.
LE TRE GARE E I SISTEMI DI PUNTEGGIO
A Pechino 2022 si terranno due eventi individuali e uno di squadra. Tutti strutturati allo stesso modo, e cioè con la manche di salto con gli sci alle 16 ora locale più quella di sci nordico alle 19. Il primo appuntamento, mercoledì 9 febbraio, è il trampolino normale individuale: gli atleti devono completare un salto dalla pedana di 98 metri e poi affrontarsi nella 10km di fondo. Il giorno seguente c’è in palio la medaglia di trampolino lungo individuale: stesso format, ma il salto con gli sci avviene su una pedana di 125 metri. Una settimana più tardi chiude il programma la gara a squadre, composte da quattro atleti ciascuna: nella prima manche ogni partecipante salterà per due volte dal trampolino lungo, mentre la prova di fondo consiste in una staffetta 4x5 km.
Come si decreta il campione della combinata? Un mix di punti e cronometro: il criterio di calcolo attuale si chiama metodo Gundersen – in onore dell’omonimo ideatore e storico sciatore norvegese. I salti vengono valutati in base alla lunghezza e allo stile – fondamentale soprattutto la fase di atterraggio –, che formano la classifica provvisoria. Da qui, i distacchi fra gli atleti in graduatoria si convertono in handicap di tempo: il capolista della gara di salto sarà anche il primo a partire in quella di fondo, con un determinato vantaggio iniziale sul secondo, e così via. Alla fine, il cervellotico format si scioglie nel pane di tutti gli sport: vince chi taglia per primo il traguardo.
REGOLE E CAMPIONI, DI IERI E DI OGGI
Non è sempre stato così. Fino al 2009 la combinata nordica prevedeva due salti per atleta seguiti dalla 15 km di fondo. Prima dell’introduzione del metodo Gundersen nel 1985, gli sciatori svolgevano la gara di fondo cronometrata uno alla volta. Mentre a Chamonix 1924, prime Olimpiadi invernali di sempre, l’esordio della combinata fu alla rovescia: dapprima 18 km di fondo, soltanto due giorni dopo il salto con gli sci. Che fino a quel momento aveva faticato ad affermarsi come singolo sport.
In principio fu sempre la Norvegia, quella del generale Rye e dei soldati sciatori. Dopo la stagione dei pionieri ci volle quasi un secolo per istituzionalizzare le prime combinate nordiche: a fine Ottocento, il gelido paesaggio scandinavo tutto boschi e pendii offriva arene naturali perfette per alternare fondo e salto con gli sci. Ma una location, più di tutte, sarebbe entrata nell’immaginario collettivo: oggi la collina di Holmenkollen – ormai trampolino artificiale all’ultimo grido – sta a Oslo come lo stadio Maracanà a Rio de Janeiro.
S’era capito. I norvegesi sono i dominatori indiscussi della competizione – 31 medaglie olimpiche, più del doppio di qualsiasi altro paese. Anche se ultimamente la loro egemonia è stata insidiata a più riprese. A Pyongchang 2018, la Germania ha fatto piazza pulita con tre ori in altrettante categorie e addirittura un triplo podio nell’individuale lungo. Ma oggi deve fare i conti con la variabile Covid che ha travolto la propria squadra: Terence Weber e il plurimedagliato Eric Frenzel, due dei grandi favoriti, sono risultati positivi all’arrivo in Cina e con ogni probabilità salteranno almeno la prima giornata di gare – nel frattempo, le loro lamentele sulle “condizioni di quarantena inaccettabili” sono finite all’attenzione del Comitato olimpico. Proverà ad approfittarne Taylor Fletcher, velocissimo fondista americano. E soprattutto Jarl Magnus Riiber, fresco di titolo mondiale, per riportare la Norvegia al suo posto.
E l’Italia? Il team azzurro è composto da Iacopo Bortolas, Raffaele Buzzi, Samuel Costa e Alessandro Pittin. Il primo è un talento emergente, classe 2003. Gli altri hanno almeno un’esperienza olimpica alle spalle. E Pittin anche l’unica storica medaglia conquistata dal nostro paese nella combinata nordica: il bronzo a Vancouver 2010, nel trampolino normale. In questo sport l’Italia ha sempre avuto una tradizione a metà. Forte nello sci di fondo – solido sesto posto assoluto nel medagliere complessivo –, assente nel salto. E si sa: vincere la combinata richiede eccellenza doppia.
LA QUESTIONE FEMMINILE
È un po’ l’argomento che fin qui ha compromesso anche la presenza delle donne. Il fondo femminile fa parte del programma olimpico dal 1952. Il salto con gli sci appena dal 2014 – e anche oggi è prevista una sola medaglia, contro le tre maschili e quella della mista a squadre. Secondo il comitato di voto del Cio, “l’élite femminile per la combinata nordica è ancora a livelli troppo inferiori rispetto a qualsiasi altra disciplina: includerla vorrebbe dire deprezzare il valore delle medaglie olimpiche negli scenari più competitivi”.
Tuttavia il movimento è in forte crescita e dal 2020/21 la Federazione internazionale di sci (Fis) ha introdotto la prima Coppa del mondo per le ragazze. L’americana Tara Geraghty-Moats, prima campionessa della storia, ha presto detto la sua: “Oggi il Cio dà accesso alle persone transgender in tutti gli sport, ma non alle donne. C’è tanta discriminazione. Essere la paladina del femminismo non mi interessa, voglio solo sciare e noi siamo capaci di farlo. Ma il comitato di voto è composto per lo più da sessantenni maschi, ancorati a certe antiche credenze secondo cui i corpi delle donne non sono fatti per questo sport”. Stati generali, appunto.
La direzione della Fis in questi giorni ha garantito a Reuters che è al lavoro “da anni per portare la combinata nordica femminile all’interno del programma olimpico. Il traguardo è vicino”. Anche al Cio starebbero lentamente accettando l’idea e i membri incaricati si pronunceranno in estate. Jed Hinkley, numero uno della più piccola federazione combinatista, si fida metà: “Sarebbe una vera tragedia, se a Milano-Cortina 2026 ancora non ci fossero le ragazze”. In Val di Fiemme, location regina di questo sport in Italia, si attende la prima volta. È ora di saltare oltre il passato.