Pechino 2022

La signora delle pattinatrici russe, maestra di lievità e rigore fino all'illecito

Micol Flammini

Eteri Tutberidze è l'allenatrice di Kamila Valieva e altre campionesse. Ha rivoluzionato il pattinaggio femminile ed è accusata di spingere le sue ragazze oltre i limiti, di doparle e di averne fatto delle atlete a tempo che scompaiono troppo presto: disciplina e leggerezza non possono durare per sempre. Una storia di ambizione famelica, regole ferree e grande spettacolo

È molto facile indignarsi per il binomio Russia-doping, i russi se ne sono accorti e se ne lamentano molto. I commentatori sui giornali, con toni più o meno veementi, scrivono: non toglieteci il sogno olimpico, è un colpo basso, lasciateci librare in aria ancora un po’ con Kamila Valieva. La pattinatrice ha quindici anni, leggera nell’età, nel pattinare, nel danzare, pesante nella disciplina che si affaccia sul suo volto a ogni saluto al pubblico, freddo, calmo, che dell’adolescenza non ha neppure il ricordo. E’ il suo carattere, ma ad averla resa così è anche l’educazione agonistica messa nelle mani di una persona, che qualcuno, malalingua, definisce crudele. Qualcun altro: la migliore. Il suo nome lo fa spesso anche Kamila Valieva che in un’intervista ha detto: Eteri Tutberidze “conosce ogni mio giro di testa, ogni colpo di mano, mi sembra che sappia perfino come respiro, come mi sento quando eseguo un elemento. E io non sono più io, sono lei!”. Eteri Tutberidze è la sua allenatrice e prima di lei ha allenato altre campionesse, russe, giovanissime, tutte ritiratesi molto presto. Alcune dopo un logorio amaro dovuto ai sacrifici e rilasciando interviste poco amorevoli sull’allenatrice: non ci faceva bere, non ci faceva mangiare, ci faceva ripetere tutto cento, mille, duemila volte.

 

Pattinatrice di poco talento ma insegnante minuziosa, Eteri è nata a Mosca in una famiglia di origine georgiane e armene con cinque figli,  lei era l’ultima e non potendone più di essere considerata come quella a cui tutti dovevano badare, ha deciso di trovarsi una sua specialità. Scelse il pattinaggio di figura. Non era brava come le atlete che avrebbe formato in seguito, ma ha rubato l’arte dell’insegnamento alla sua maestra  Tat’jana Tarasova, è diventata così, con gli anni, la signora Tutberidze, l’insegnante di una scuola molto prestigiosa di sport di Mosca, la Sambo 70, dove cresce il suo “Team Tutberidze” famoso in tutto il mondo. Lo fa con tenacia, con cura, a volte con spietatezza, con disciplina infinita. Ripete spesso che per fare una campionessa ci vuole un’alchimia di fattori, e non dipendono tutti dalla persona. Ci vogliono qualità sportive, ci vuole uno stato fisico buono e ci vuole anche fortuna. 

 

La sua scuola è rigorosa e oscura, ha rivoluzionato il mondo del pattinaggio femminile, Eteri dice di non voler lavorare con i ragazzi perché cercano troppa compassione. Dalle ragazze si ottiene di più, da alcune forse ha ottenuto troppo e così la accusano di aver trasformato il pattinaggio in uno sport a tempo: si pattina e si danza finché si è leggere e disposte al sacrificio e la leggerezza e il sacrificio non possono durare per sempre. Severissima, con le sopracciglia inarcate a bordo della pista ripete: un grammo di peso in più è un grammo di pigrizia in più. Molte se ne sono andate sbattendo la porta, denunciando  le ossessioni della Tutberidze, che è accusata di essere dietro alle storie di doping, di rovinare le due atlete, di spingerle oltre il lecito,  pur di farle vincere. Quando un giorno andava agli  allenamenti accompagnata da sua madre, un’ingegnere, vide dei bambini che giocavano nel parco, sua madre li indicò e disse: vedi, loro sono qui a starnazzare, tu invece sei un purosangue. Ha conservato sempre con sé la consapevolezza di esserlo e alle sue allieva insegna a diventarlo a ogni costo. 

 

Che sia il doping, che sia la crudeltà, che sia la bravura, poco importa. Kamila Valieva è una creature della Tutberidze, con lei ha combattuto contro i grammi di peso e di pigrizia, ha rincorso il sogno di essere un purosangue, ha letto molto perché l’allenatrice non vuole pattinatrici semplice, esige pattinatrici colte ed accusata  di aver  inseguito l’illecito. Noi di tutto questo vediamo soltanto la leggerezza, il senso del volo, sentiamo il frusciare sul ghiaccio. Ed è giusto così. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)