Il Parma si è buttato nel vuoto
La partita contro il Benevento è stata un film dell'orrore per il primo quarto d'ora. Ma la squadra ha saputo ritrovare coraggio, grazie anche ai nuovi acquisti. E pazienza per il punteggio finale
Se dovessi fare l’elenco delle cose che so fare, non sarebbe molto lungo. So scrivere dei romanzi, anche se qualcuno pensa che siano brutti, e sgrammaticati. So parlare in pubblico, anche se qualcuno pensa che io sia noioso, e che parli troppo di me. So tradurre dal russo, anche se qualcuno pensa che le mie traduzioni non valgano la carta su cui sono stampate. So reggere le critiche, forse. Qualcuna, per lo meno. Per esempio, quando un mio conoscente, qualche anno fa, mi ha detto che, avendo saputo che una ragazza che gli piaceva studiava russo, le aveva regalato Disastri di Daniil Charms, il primo libro che ho tradotto, e che lei, quando l’aveva visto, gli aveva detto "Non vale la carta su cui è stampato", e gliel’aveva dato indietro, quando lui mi aveva detto così, io, devo dire, ero stato contento, e tutte le volte che ci penso, non so come mai, mi scappa da ridere.
Poi so fare poche altre cose, alcune normali, altre singolari: so andare in bicicletta; so fare una scala cromatica con la tromba; so prendere in prestito un libro in biblioteca; so preparare i documenti per la dichiarazione dei redditi; so battere a macchina con dieci dita; so come organizzare una guida letteraria per le strade di Mosca e di San Pietroburgo; so abbastanza bene il russo e il francese e so, benissimo, l’italiano, e quando dico benissimo voglio proprio dire benissimo.
Ma se dovessi insegnare queste cose, se dovessi per esempio insegnare a scrivere un romanzo, mi verrebbero in mente tre consigli che hanno dato tre scrittori molto diversi tra loro ma tutti e tre molto bravi, mi sembra. Mark Twain, che quando gli hanno chiesto come si scrive un romanzo ha risposto: "Da seduto"; Charles Bukowski, che quando gli hanno chiesto cosa ci vuole per scrivere un romanzo ha risposto che ci vogliono due cose: una macchina da scrivere e una sedia, e poi: "Delle volte è difficile trovare la sedia", ha aggiunto. E William Somerset Maugham, che, senza che nessuno gli chiedesse niente, ha detto: "Ci sono tre regole, per scrivere un romanzo bellissimo. Purtroppo, nessuno sa quali siano".
Ci son poi un mucchio di cose che non so e non saprei fare. Molte di queste mi piacerebbe, saperle fare. Per esempio cucinare. O buttarmi col paracadute. O suonare, con la tromba, The Mistery Song, di Duke Ellington. O allenare il Parma. Non ho nessuna idea, di cosa si debba fare per lanciarsi col paracadute, o per allenare il Parma, ma penso che sia, più o meno, come scrivere un libro. Georges Perec, che sapeva sia scrivere i libri che buttarsi con il paracadute, a una riunione della rivista parigina Arguments, nel gennaio del 1959, ha detto che, quando ti lanci col paracadute, e sei là per aria, a migliaia di metri di altitudine, dentro l’aereo, e arriva il momento, anche se hai paura, anche se tutto il corpo tira indietro, c’è solo una cosa da fare, ti devi lanciare nel vuoto. E che la loro rivista, ha aggiunto Perec, "che sta cercando la sua via, e la sta cercando da due anni, deve lanciarsi, deve accettare di buttarsi nel vuoto".
Io (è vero che parlo sempre di me), la prima cosa lunga che ho scritto nella mia vita è la mia tesi di laurea, non credevo che ce l’avrei mai fatta, e quando poi ce l’ho fatta ci ho messo un’epigrafe, ingenua, stupida, che, la copio qui e dice: "Per stare a galla bisogna imparare a nuotare. Per imparare a nuotare bisogna tuffarsi. Per imparare a tuffarsi, bisogna tuffarsi. Bisogna tuffarsi".
E quando, sabato 5 febbraio 2022, dalla cucina di casa mia ho visto Benevento Parma (questo è un pezzo su Benevento Parma), finito 0 a 0, dopo i primi 15 minuti che, per i tifosi del Parma, son sembrati un po’ un film dell’orrore (il Benevento ha fatto gol alla prima azione, annullato poi per un fuorigioco che nessuno aveva visto e per il quale nessuno aveva protestato), dopo io ho avuto, nettissima, l’impressione che il Parma, con i nuovi acquisti di Pandev, trentottenne moldavo, e di Simy Nwankwo, trentenne nigeriano, e con il recupero di Bernabé, ventenne catalano, abbia messo insieme un po’ di coraggio, e, dall’altezza notevole di una condizione di classifica quasi disperata, si sia buttato nel vuoto. E, io non ne so niente ma, devo dire, ne sono stato contento. E adesso vediamo.