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Il Foglio sportivo

Le Final 8 di Coppa Italia piacciono anche in America

Francesco Gottardi

Gianluca Gazzoli ci racconta come il basket stia raggiungendo sempre più giovani: “È lo sport più trasversale”

Più che una speranza è una sveglia. “Solo i media tradizionali non se ne sono accorti: calciofili fino all’ultimo respiro, anche quando l’Italia fa il pieno alle Olimpiadi. Ma la svolta identitaria è già in corso. Sempre più giovani sanno che esiste il basket. E tanto altro. Se ne appassionano, curiosi. Il mio sogno è entrare un giorno in un locale con quattro tv sintonizzate su quattro discipline diverse. Come a Boston, New York: quella sì, che è vera cultura sportiva”. Gianluca Gazzoli non fa che catalizzare quest’aria nuova. Da vero ibrido della palla a spicchi: “Mi fa impressione quando i ragazzi mi fermano per strada trattandomi come un giocatore”, racconta lui al Foglio sportivo. “Ma allo stesso tempo rivedono in me loro stessi, l’amico di sempre che fa qualcosa di pazzesco”.

 

Speaker di Radio Deejay e youtuber, autore di podcast e ultima frontiera dello storytelling. Da novembre, su DMax (canale 52), conduce Basket zone insieme ad Andrea Meneghin. L’ex campione e l’entertainer, format pionieristico della Lba. “Ho iniziato a occuparmi di basket nel 2010, chiedendomi perché non venisse raccontato in modo diverso”, spiega Gazzoli. “Eppure si tratta dello sport più trasversale in assoluto: ruota attorno alla musica, alla moda, all’underground. Può parlare davvero a tutti. La palla a due non è che un pretesto, a partire da questo weekend”.
Altro che bel paese un po’ rétro. “Le Final eight di Coppa Italia sono una grandissima realtà. Nel 2019 finirono pure sul New York Times come evento sportivo europeo di riferimento”. Fa un certo effetto, leggere su una delle più autorevoli testate al mondo che la regular season in Nba è una sgobbata, mentre il torneo italiano alla fine di ogni girone d’andata si dimostra frizzante e imprevedibile. “È così. Un format avvincente, in partita secca dai quarti alla finale. Cinque giorni in cui può succedere di tutto”. L’edizione 2022, di ritorno a Pesaro dopo due anni, è iniziata mercoledì e termina domani. “Il basket dal vivo rende molto più che in tv: è una festa, sarà così anche stavolta, nonostante le restrizioni”. Feelings? “Mi ha molto colpito Brescia, Della Valle è un trascinatore e sono contento che abbia ritrovato la sua forza”. Il pronostico dello speaker è arrivato prima che la Leonessa si regalasse la semifinale contro Milano, stasera alle 18.15 (diretta RaiSport, Eurosport 2 e Discovery+). “Ma da tifoso Olimpia spero nella prevedibilità. E magari in una rivincita con la Virtus Bologna di Beli (alle 21 la semifinale con la sorpresissima Tortona), altro mio caro amico”.


Qualche mese fa Gazzoli e l’ex San Antonio Spurs si sono trovati col joystick in mano, a testare il nuovo Nba 2K22 per Playstation. Come due compari, appunto. E tra una chiacchiera e l’altra, quasi con nonchalance, a Belinelli scappa un fantastico aneddoto su Michael Jordan: è in quei momenti che si coglie la potenza di questo approccio spontaneo, tra intrattenimento e informazione. “Anche perché mi permette di instaurare rapporti genuini con i giocatori. Io non sono uno di loro, ma nemmeno un giornalista. E quindi tendono ad aprirsi di più. Penso a Gigi Datome, Aradori, Cerella: tutte persone con cui c’è stima reciproca. Ma anche ad alcuni Nba. Intervistare una leggenda senza tempo come Kareem Abdul-Jabbar è stato un traguardo epico. Poi vabbè, c’è quell’uno contro uno con Giannis…”. Questa vogliamo sentirla da Gianluca. “Mi trovavo ad Atene, nella palestra dove Antetokounmpo iniziò a giocare a basket. Avevamo fissato un incontro formale per il giorno dopo, ma intanto lui era già lì: quando mi ricapitava? In un attimo mi sono ritrovato a marcare un’azienda: se gli avessi soltanto sfiorato un’unghia, sai che casino”. Ma la superstar dei Bucks non si scompose affatto. “Giannis si gira, fa una virata e a quel punto mi aspetto il tiro. Invece mi schiaccia in testa fortissimo”. Slam. “Un battesimo, un onore, filmato da tutti i presenti. Nel giro di poche ore la mia partitella è diventata virale, l’ha condivisa anche Shaquille O’Neal. Il mio idolo da bambino, insieme a Kobe”.


Gazzoli oggi ha 33 anni. È partito dal campetto sotto casa, “come tutti i ragazzini. Un po’ lì, un po’ a vedere le partite. Le mie prime emozioni forti dal vivo furono davanti al Vigevano. E in tv davanti ai Lakers, per quanto accedere a immagini dall’altra parte del mondo non fosse facile come oggi. Presto ho associato il basket a qualcosa di cool, al di là del gioco in sé: gli Usa, l’hip hop, le sneakers. Un fascino poliedrico che tuttora continuo a subire”. Gianluca sognava anche di diventare un giocatore professionista. “L’ho creduto per anni. Poi quel problema cardiaco mi ha fatto capire la mia strada”. Tutta la storia l’ha raccontata in Scosse. La mia vita a cuore libero (Mondadori, 2021). “All’inizio non è stato facile. Mi rifiutavo di credere che la mia passione più grande fosse un pericolo: rischiavo la vita senza accorgermene. Così smetto, triste. Mi installano un defibrillatore e dimentico il basket. Un giorno però mi affaccio in un playground e quasi per caso mi rotola una palla vicino. Sono solo, inizio a fare due tiri. E da lì si riaccende la miccia: imparo a regolarmi, ad accettare la mia condizione. Per 17 anni tutto questo non l’ho rivelato a nessuno: da quando ho scritto il libro invece ho trovato tante storie simili alla mia”.


Temi delicati, sketch fuoricampo, sprazzi di tattica. E da capo: come si arriva all’equilibrio dei contenuti? “La parola chiave è credibilità”, sottolinea Gazzoli. “Chi mi segue sa, riconosce di cosa parlo. Mi attesta un ruolo. A quel punto è facile scherzare senza sembrare un ciarlatano. Con Basket zone voglio replicare format americani come The starters”, per anni programma semiserio sull’Nba. “Da una parte ci sarà sempre un Flavio Tranquillo che analizza con grande maestria, o un contenuto audiovisivo di qualità pura come The last dance. Dall’altra, cazzeggio e aneddoti fanno il gioco di uno storytelling più ampio e condiviso. Ogni giorno cerco di aprirmi a nuove persone: se qualcuno compra una maglia grazie ai miei racconti, missione compiuta”. Tutto questo sposta numeri. E alla lunga cambia i rapporti di forza fra gli sport. “Dati precisi non li ho. Ma mi arrivano nette sensazioni di una community sempre più ampia, complice anche un comparto calcio un po’ pigro”. Non solo lato media. “La comunicazione nel basket è di un altro livello. Quando Milano ha perso in malo modo l’ultimo scudetto o l’Italia è uscita dalle Olimpiadi, tutti i campioni hanno lasciato su Instagram un pensiero profondo, ispiratore. Per i calciatori è qualcosa di impensabile: due righe cliché, un aforisma a caso. E arrivederci”.

Gazzoli traccia le prossime tappe. “Allargarmi nell’intrattenimento televisivo. E realizzare un documentario sui mondi che ruotano attorno a questo sport, come ho fatto con Il diario Nba di Nik Melli”, in teoria focus di basket, in pratica prodotto pop. “Poi ho creato da poco un mio studio di registrazione indipendente”. Giusto in tempo per doppiare Space Jam 2? “La cosa più incredibile che mi potesse capitare. È un film che mi ha cambiato la vita da bambino, ora c’è la mia voce nel sequel. Non mi resta che beccare LeBron…”. Dopo tutto, la colonna sonora è I believe I can fly. Per Gianluca lo è sempre stata.

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