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Il calcio glocal del Villareal

Federico Giustini

Quando il 14 maggio del 1997 Fernando Roig annunciò, dopo aver appena comprato in club, che avrebbe portato la squadra in Champions League, tutti a Vila-Real lo presero per matto. Non solo ce l'ha fatta, ma ha trasformato una squadra da terza serie spagnola in un modello di successo

Il prossimo 14 maggio, a Vila-Real, si celebrerà il venticinquesimo anniversario di una giornata storica, lo spartiacque per una piccola città di provincia della Comunità Valenciana. Quel giorno del 1997 l'imprenditore valenciano Fernando Roig acquistò il club locale promettendo l’approdo in Champions League entro quattro anni. La dimensione del Villarreal dell’epoca era molto lontana da quella della squadra che stasera affronta la Juventus negli ottavi della principale competizione europea, motivo per il quale nella provincia di Castellón l’arrivo di Roig non fu salutato con l’entusiasmo che, ex post, avrebbe meritato: i più pessimisti lo presero per matto, gli altri attesero cautamente le prime mosse con lo scetticismo che si riserva al forestiero.

Per raggiungere la Champions ci volle qualche anno in più, ma al primo colpo - stagione 2005/06 - il Villarreal si fermò a un passo dalla finale di Parigi: in semifinale contro l’Arsenal, con un rigore sbagliato da Riquelme nei minuti di recupero della gara di ritorno che, se messo a segno, avrebbe permesso al Sottomarino Giallo di giocarsi i tempi supplementari in casa contro la squadra allora allenata da Wenger. Ma perché Fernando Roig ottenesse la fiducia dei circa cinquantamila abitanti di Vila-Real, e dei molti sostenitori del club presenti nella provincia di Castellón, bastò meno. Abituati a tifare una squadra più a suo agio nel frequentare la terza divisione del calcio spagnolo, notarono subito un differente approccio programmatico rispetto alle precedenti gestioni. Il punto di partenza di Roig è stato il potenziamento del settore giovanile, oggi considerato da tutti un'eccellenza grazie anche a quel 12 per cento del budget complessivo che annualmente gli è destinato. Decisiva per la crescita è stata, ed è, anche la rete di osservatori, ben strutturata soprattutto in Sudamerica, da dove negli anni sono arrivati in giovane età giocatori come Marcos Senna, Godin, Valencia, Caceres e Gonzalo Rodriguez. La creazione di valore, per un club che nel 1997 è costato a Roig poco più di 430 mila euro, è passata anche per la scelta dei dirigenti, quasi sempre cresciuti in casa: basti pensare agli ultimi quattro direttori sportivi - Valls, Cordón, Ortells e ora Garcia Tena - passati per vari incarichi per poi progressivamente assumere sempre più responsabilità, una volta conosciuti tutti gli ingranaggi della società. 

  

Quello del Villarreal è un approccio "glocal" al calcio. Da un lato c’è una proprietà solida - Fernando Roig, proprietario di Pamesa, principale produttore europeo di piastrelle, è inserito alla posizione 1.833 da Forbes nella classifica degli uomini più ricchi al mondo - e un profilo internazionale del club, che ha quindici academy sparse nel mondo tra Stati Uniti, Canada, Messico, Russia, Corea del Sud e Israele. Dall’altro c’è una dimensione comunitaria a cui non rinunciare: si racconta che Fernando Roig sia intervenuto spesso in prima persona per sostenere economicamente tifosi e cittadini in difficoltà o per pagare loro spese mediche. 

Alle crisi sportive del Villarreal, Roig ha risposto mettendo mano al portafoglio, soprattutto nel 2012 quando un’inattesa retrocessione avrebbe potuto pesare molto sui conti e sulla competitività della società. In quell’estate il patron versò 138 milioni nelle casse societarie dopo aver venduto il 2,4 per cento delle sue quote dell’altra grande azienda di famiglia: i supermercati Mercadona.

Il Villarreal risalì immediatamente in Liga e ricominciò quel percorso virtuoso iniziato che nel 2006, complice un tiro dal dischetto, si interruppe sul più bello. Quindici anni più tardi non potevano che essere i rigori a regalare a Fernando Roig la gioia più grande, l’Europa League vinta battendo il Manchester United. E pensare che qualcuno lo aveva preso per matto.

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