Il Foglio sportivo - Il ritratto di Bonanza
Donnarumma, il Psg e il caffè dimenticato sul fuoco
L'errore del portiere italiano in occasione del primo gol ha contribuito all'ennesima delusione europea dei parigini. A certi livelli basta un piccolo incidente per cambiare il corso della storia
Immaginiamo l’inizio di un film dove si notano alcuni primi piani di dettagli: un mazzo di chiavi, una sedia, una finestra invasa di luce. Niente che tocchi la sensibilità di chi guarda, tutto sembra uno spaccato di vita normale, qualcosa di appartenente a una giornata come le altre. Poi succede qualcosa, si avverte un rumore, è un sibilo, la macchina da presa si sposta su una vecchia caffettiera sul fuoco da cui sta uscendo del caffè, prima un rivolo, poi una copiosa cascata. È un disastro, il liquido marrone invade i fornelli e tutto precipita nel caos. Per sapere quello che succede dopo, guardate il film ma non chiedetelo a Donnarumma, perché lui quel film lo ha già visto e il finale se lo ricorderà per sempre.
Anche nel calcio basta un piccolo incidente, una semplice dimenticanza per cambiare il corso della storia. Per colpa di un errore di uno dei portieri più forti al mondo (fallo o non fallo non devi tergiversare con il pallone, caro Gigio), il Paris Saint-Germain dello sceicco beige, non vincerà la coppa nemmeno in questo giro di walzer. È il calcio, il suo fascino, fatto di imprevedibili svolte. Basta un attimo di distrazione e cambia tutto. Questo lungo ragionamento, frutto di una semplice osservazione dei fatti, ci porta a considerare questo sport nella sua dimensione fatalistica, troppo spesso trascurata. A certi livelli un dettaglio fa la differenza, e la cosiddetta bellezza del gioco rappresenta un concetto molto astratto e confutabile. Il gioco è bello quando è vincente, e il resto sono discorsi da chi vuole comprimere il calcio dentro una scienza che non c’è. Esistono i principi di gioco, esiste la mentalità dei giocatori, esiste la qualità degli interpreti. La bontà del gioco la certifica il risultato, altrimenti dobbiamo negare l’essenza stessa del calcio, fatta di meravigliose vittorie “immeritate”.
Il Paris Saint-Germain ha passeggiato ai limiti dell’area del Real Madrid per tutta la partita di andata, vincendo con una giocata singola di Mbappé. Poi ha dominato anche il primo tempo del Bernabeu, raddoppiando in contropiede con lo stesso francese. Da quel momento in poi la partita si è spostata su un territorio molto psicologico, dal quale è uscita la squadra con più carattere. La tripletta di Benzema altro non è stato che il pungolo in grado di scoperchiare la fragilità degli avversari. Così belli, puliti nel loro fraseggio titichi titochi, così affascinanti, ma così maldestri da non capire quanto basti una semplice disattenzione per modificare l’esito di una partita. Invadendo in pochi istanti tutta la sfumata gloria di un odore acre di caffè bruciato.