il foglio sportivo – Storie di storie
Un calcio di intelligenza e curiosità
Da Roberto Baggio a Pier Paolo Pasolini, un pallone, due libri.
Facciamo un test, cari lettori: voi comprate il libro di Jvan Sica, Il sublime e la speranza. I tre mondiali di Roberto Baggio (UltraSport, 2022), poi leggete solo il primo capitolo (sono 59 righe con pure una foto in mezzo) e troverete, in ordine di apparizione, Platone e il suo Timeo, Dionigi Aeropagita, il Liquirone, le Fruit Joy o (in alternativa) le Frizzy Pazzy, la Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo a Roma, il culo di un cavallo dipinto da Caravaggio, Sant’Agostino, due minerve (sì, le scatole dei fiammiferi) con impresse la maglia della nazionale di calcio della Cecoslovacchia e dell’Uruguay e, infine, Topolino. Se smetterete di leggere siete delle brutte persone e io non voglio avere più nulla a che fare con voi, lasciamoci così. Se invece non potrete staccarvi dalle successive 230 pagine allora siamo sulla strada giusta per diventare amici per sempre. Il libro di Sica racconta del più sublime dei calciatori che hanno vestito la maglia azzurra, Roberto Baggio, di tre Mondiali e di un decennio, gli anni Novanta, pieno di cose. Il Divin Codino è una specie di stella cometa che offre una direzione a Jvan Sica, autore che io definire non so, se non – con rispetto parlando – come un fucking genius, perché ti fa allacciare le cinture di sicurezza alla prima pagina e poi ti porta in giro come e dove vuole lui. Ti racconta per due pagine di tutte le marche di superalcolici esposte nel bar dove guarda le partite oppure tutto quello che sa sull’anguria, dal suo nome in sanscrito al quadro Angurie di Guttuso, e tu leggi tutto, come un cretino, e speri che non finisca mai. Sica ti porta al guinzaglio, e non ti lascia il tempo neanche di fare la pipì, su è giù per le sue montagne russe fatte di calcio, storia, costume, politica. Se non bastasse il libro finisce con 14 pagine, imperdibili, di bibliografia, uno sterminato esercizio di connessioni e contaminazioni. Insomma, come dice Jvan Sica stesso: “Che devo fare di più? Venirvi a montare i mobili Ikea a casa?”.
Telefonate all’autore e fatevi montare una libreria, così ci potrete mettere dentro un altro volume imperdibile per chi ama leggere di sport e di cultura: Alessandro Gnocchi, Il capocannoniere è sempre il miglior poeta dell’anno. Calcio e letteratura. (Baldini+Castoldi, 2021). Il titolo è un omaggio a Pier Paolo Pasolini, l’intellettuale che analizzò il calcio come fenomeno culturale, anzi una intervista sostenne che “il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”. Teatro greco, peraltro, capace di mettere in scena i sentimenti ancestrali dell’uomo. Pasolini parlava di calcio in prosa (quello europeo) e in poesia (quello sudamericano) e su quella premessa Gnocchi definisce l’architettura del suo libro: niente prefazione, ma un “riscaldamento”, non capitoli, ma un “primo tempo” dedicato alla poesia, un “secondo tempo” dedicato alla narrativa, un “primo tempo supplementare” dedicato al cinema e alla televisione, e un “secondo tempo supplementare” alle canzoni. Infine i “calci di rigore”; un’apologia della libertà nel calcio che ci guida nella lettura del caso Superlega e quattro gesti di insensata bellezza, tre dei quali legati alla Cremonese, la squadra di Gnocchi. Perché il calcio è poesia, narrativa, film, cinema, canzoni ma soprattutto amore incondizionato e gratuito.
I tratti comuni di questi due meravigliosi libri? L’intelligenza e la curiosità dei loro autori e il fatto che ti fanno venire voglia di leggerne altri duecento!