il foglio sportivo
L'arma segreta di Charles Leclerc è il cervello
Il pilota della Ferrari dice che “la testa fa tutto”. Il dottor Riccardo Ceccarelli, responsabile di Formula Medicine, il primo a lavorare con lui: “Educato e gentile, sa diventare killer in pista”
"È la testa che fa tutto”. In questa frase di Charles Leclerc c’è uno dei suoi segreti. “Analizzo ogni cosa che faccio per capire se posso migliorare”, ripeteva nei mesi scorsi. Charles sapeva che il talento da solo non basta per diventare un campione. Il piede fa la differenza solo se a guidarlo è un cervello particolare, altrimenti ti porta contro un muro. Charles ha lavorato moltissimo su se stesso. E oggi, come ha raccontato Mattia Binotto, in pista va il miglior Leclerc di sempre. “Sta continuando a crescere per maturità, capacità di concentrazione in un weekend di gara, di interazione con gli ingegneri, di messa a punto della vettura e di gestione delle gomme”, ha raccontato il responsabile della gestione sportiva ferrarista. La concorrenza di Carlos Sainz lo ha spinto a concentrarsi ancora di più sul lavoro. Il resto lo ha fatto la SF 75 un’auto che sembra fatta su misura per scatenare il suo talento. Perché siamo comunque alle solite, senza la macchina adatta, nessuno in Formula 1 può fare la differenza, basta vedere la fatica che sta facendo Lewis Hamilton.
“Ho conosciuto Charles quando aveva 13 anni – racconta il dottor Riccardo Ceccarelli, responsabile di Formula Medicine – me lo portò Nicolas Todt a Viareggio dicendomi: questo ragazzo ha un grande talento, va fortissimo con i kart, prova a vedere se ha la testa per diventare un campione. Charles rimase con noi tre giorni. Era da solo. Ricordo che in albergo lo accettarono solo perché ci conoscevano bene. Ma dimostrò subito di essere molto più maturo della sua età”. Ceccarelli che si è inventato il programma Mental Economy Training,, un allenamento che ottimizza le funzioni cerebrali, migliora il controllo emotivo anche in condizioni di stress elevato, aumentando la lucidità, il senso di sicurezza e la concentrazione, lo ha messo sotto esame. È stato come scoprire una pepita. “Il test di valutazione dei piloti all’epoca si svolgeva su cinque parametri: tempi di reazione, concentrazione, capacità visuo-spaziale, memoria e capacità visuo-coordinativa. Avevamo stabilito un punteggio da 1 a 5 per ogni test. I piloti sedevano davanti al computer e utilizzavano due pulsanti. Ottenere il massimo in un singolo test era difficilissimo, riuscirci nei cinque test in sequenza praticamente impossibile: Charles realizzò 24 punti su 25. Era come mettere insieme cinque settori perfetti in un giro da qualifica”. Nicolas Todt non lo mollò più. Ceccarelli continuò a lavorare con lui per cancellare i suoi punti deboli.
“Correvo in go-kart – ricorda Charles – andavo forte ma a volte non ero capace di gestire la mia carica agonistica, la mia determinazione, soprattutto quando accadeva qualche episodio che mi faceva arrabbiare. La testa e le emozioni erano per me più una debolezza che un pregio, ma ci ho lavorato parecchio, con Riccardo e la sua équipe, composta da medici, preparatori atletici e psicologi: capirono subito la mia personalità ed elaborarono un programma su misura per me, e io capii che era possibile farlo”. Charles a 13 anni è stato uno dei quattro piloti (tra le migliaia di esaminati) entrati nel club del 90 per cento per la sua efficienza mentale. “Il problema è che se a 13 anni hai uno spirito agonistico così grande sei come un motore con tanti cavalli che non riesce a scaricarli a terra perché non ha il traction control e quindi fa pattinare le gomme. Il problema di Charles era controllare questa sua foga agonistica, quella che lo aveva portato a prendersi a ruotate con Verstappen nei kart e ad aver buttato fuori pista il suo compagno in un Mondiale. A Max restituì una ruotata dopo il traguardo perché lo aveva ritenuto scorretto. Charles non sapeva gestire la rabbia. Era il suo punto debole. Lavorammo molto su quello e mi sembra che i risultati si vedano. Il pilota perfetto è una persona in apparenza calma, con l’istinto del killer. Charles doveva diventare più calmo. E si è allenato molto per migliorare. La chiave è l’autoanalisi, la capacità di capire e ammettere i propri errori”.
Charles è migliorato anno dopo anno. Anche se secondo Ceccarelli il vero passo avanti c’era già stato. “Rispetto allo scorso anno per me è cambiata soprattutto la macchina. Oggi sembra fatta su misura per lui e può spingerla al massimo. Ha ritrovato la fiducia e riesce a portarla al limite senza rischiare. Un vincente come è Charles vuole vincere e se sente di non avere la macchina perde fiducia, serenità. È frustrante, prendi qualche rischio in più, viaggi fuori dalla tua comfort zone. Abbiamo visto tanti grandi piloti sbagliare da giovani con auto che non erano vincenti. Non accettano di essere battuti. E adesso che ha la macchina per poter vincere vediamo il fuoriclasse, un pilota che riesce a fare la differenza. In questo momento Charles riesce a usare tutto il suo potenziale. Attacca senza fare stupidate, è in pieno controllo mentale. Oggi ha la tranquillità e la sicurezza di avere un’auto che può mettere dove vuole”. Non va dimenticato che Charles già nel 2019 a Monza vinse il Gran premio d’Italia tenendo Hamilton negli specchietti per una cinquantina di giri. “Charles sa staccare il cervello dalle emozioni. Combatte con la mente pulita. Non è costruito, è così. Educato, gentile, rispettoso, umile, buono. Ma agonisticamente, dentro, un guerriero, killer gentiluomo, pilota perfetto". Che non ha ancora finito di stupire.