(foto Ansa)

il gesto imprevedibile

Elogio della rovesciata, che prova a ribaltare il mondo

Furio Zara

Sono passati 90 anni da quella leggendaria del brasiliano Leonidas da Silva. Dall'arte alla letteratura alla musica, così è diventato un simbolo di lotta alla banalità

Spalle al mondo, per provare a ribaltarlo e offrire all’umanità una nuova prospettiva. Corteggiare la fantasia, affidarsi al tiro di dadi sapendo che “colui che perde si riman dolente” (Purgatorio, Canto VI), mettere quindi in conto la figura barbina, alla Fantozzi. La rovesciata. Esiste forse un azzardo più arrogante? In inglese: overhead kick. In portoghese: bicicleta. In francese: bicyclette, perché il movimento è quello di chi pedala, però all’indietro, con la schiena in orizzontale al terreno e lo sguardo piantato da qualche parte, lassù in cielo. 

 

Ottorino Mancioli ‘La rovesciata’ 1932  

A provarci sono i matti, i sognatori, gli sbruffoni, i “ganassa”. Arte, nient’altro. Ottorino Mancioli, dipinto del 1932. Titolo, appunto: «La rovesciata», tra cubismo e futurismo, corpi leggeri e dinamici volteggiano nell’aria. Occhio alla data: 1932. Il 24 aprile di quell’anno - esattamente 90 anni fa - è il giorno in cui Leonidas sentì una voce canticchiare dentro la sua testa: “Pazza idea/di far l’amore con lui”. Intendendo il pallone, sia chiaro. Leonidas da Silva, brasiliano, primi tentativi nella spiaggia di Leblòn, un Pelé prima di Pelé, passato alla Storia come “Diamante nero”. Eduardo Galeano, scrisse che i suoi gol "erano così belli che anche i portieri si rialzavano per congratularsi".

 

La sua è la prima rovesciata di cui si ha testimonianza diretta. In Brasile si sparse la voce in fretta: ogni gol di Leonidas - nell’immaginario popolare - era stato realizzato così, in rovesciata. Leonidas è nei secoli dei secoli l’interprete massimo, esistono persino vecchi filmati in cui celebra l’acrobazia, mentre i terzini assistono a debita distanza, come se si trattasse di un gioco di prestigio. Del poeta è il fin la meraviglia, non per niente in tribuna - quando vedevano un pallone a due metri da terra e Leonidas nei paraggi - allungavano il collo e sgranavano gli occhi.

Ma il copyright della rovesciata appartiene a tale Ramon Unzaga, basco, giocava in Cile - da qui "Chilena", questo è il nome di battesimo - e attraversò gli anni ’30 come un folletto che mulina le gambette per aria, confidando nel vento amico. Non c’è schema che preveda la rovesciata, non c’è premessa che la anticipi. Osvaldo Soriano l’ha descritta così: "Il corpo sospeso nell’aria, le spalle al suolo, le gambe lanciano il pallone all’indietro nel repentino andirivieni delle lame di una forbice".

Squarciare le tenebre, sfidare la banalità del tic-toc, stupire come fanno quei due rintronati dei fratelli Derrick in "Holly e Benji" con la "Catapulta infernale", e qui siamo inevitabilmente nel girone dei lussuriosi. Perché la rovesciata è un lampo di vanità, ci vuole molto coraggio e "occhi bendati su un cielo girato di spalle", questo è Tiziano Ferro, la canzone si intitola "Il conforto" e in fondo è quello che attende chi ci prova, dando le spalle a tutto, immaginando una terra promessa o un gol all’incrocio dei pali, prima di atterrare col culo per terra, aspettando il boato della folla e il conforto che ne deriva.

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