Il Piqué imprenditore inizia a essere un problema per il Barcellona

Federico Giustini

Il difensore oltre a giocare porta avanti la sua carriera imprenditoriale. La sua Kosmos è attiva nei media e nel marketing sportivo: ha ridisegnato il format della Coppa Davis, ha acquistato i diritti tv della Ligue 1 per la Spagna, e sta puntando forte sulla produzione di contenuti multimediali sugli esports. Ma ci sono dei problemi

Non ci si può rifiutare. La tradizione vuole che, quando si nasce in una famiglia di tifosi blaugrana, l’iscrizione del nuovo socio venga formalizzata subito, nei suoi primi giorni di vita. Fu così nel febbraio 1987, quando Amador Bernabéu, all’epoca importante dirigente del Barcellona, tesserò il nipote Gerard appena venuto al mondo.

  

Gerard Piqué Bernabéu ha il barcelonismo nel dna e suo nonno materno, ventisei anni più tardi, ripeterà l’operazione con il bisnipote, il primogenito del difensore: Milan Piqué Mebarak, figlio del calciatore e della popstar Shakira, diventò così nel gennaio 2013 il socio numero 171.761 del Barça.

 

Da suo nonno Piqué non ha ereditato solo la fede calcistica, ma anche un certo fiuto per gli affari. Tra le diverse imprese familiari fondate, Bernabéu negli anni 80 ha messo su la Ventas Internacionales SA (VISA), azienda tuttora attiva nel campo della distribuzione dei materiali edilizi e che ha esteso con il passare del tempo raggio d’azione e giro d’affari fino a raggiungere un fatturato di 17 milioni di euro nel 2015, due anni prima che il fondatore lasciasse la gestione a suo genero. Gerard Piqué ha ancora un rendimento soddisfacente in campo ma già da un po' è impegnato a portare avanti una parallela carriera imprenditoriale. Il settore scelto è principalmente quello dei media e del marketing sportivo: con la sua Kosmos, ha ridisegnato il format della Coppa Davis, ha acquistato i diritti tv della Ligue 1 per la Spagna, e sta puntando forte sulla produzione di contenuti multimediali sugli esports. Nel dicembre 2018, invece, Kosmos è diventata proprietaria dell’Andorra - club calcistico che all'epoca giocava in quarta divisione spagnola - e Piqué numero uno del club del Principato. El presi - come lo chiamano da tempo nello spogliatoio del Barça per la sua attitudine alla leadership - sa essere molto ambizioso e solo qualche mese dopo il suo insediamento ha promesso che l'Andorra arriverà un giorno a raggiungere la qualificazione alla Champions League.

  

Saper amministrare bene, dunque, diventa una condizione necessaria per pensare seriamente al suo sogno neanche troppo nascosto: diventare un giorno presidente del Barcellona (“È il mio club, lo porto dentro. Mi piace il calcio ma anche altre cose, come ad esempio gestire un’azienda. E gestire il Futbol Club Barcelona deve essere appassionante” disse in un’intervista del 2014). Sarebbe l’approdo naturale di un percorso che ha già visto Piqué portare valore alla sua squadra del cuore fuori dal campo: l’accordo con la Rakuten del suo socio e amico Hiroshi Mikitani ha fruttato al Barça 55 milioni di euro all’anno tra il 2017 e il 2022.

  

Si è parlato in precedenza di carriere che procedono in parallelo. Ma se due rette parallele non si incontrano mai, gli interessi del Piqué calciatore e quelli del Piqué imprenditore potrebbero invece già averlo fatto. Sebbene già abituato ai fischi e all’ostilità delle altre tifoserie, e in molti casi anche dai sostenitori della Nazionale che gli rimproverano le sue posizioni indipendentiste, in questi giorni Gerard Piqué deve vedersela con un’opinione pubblica infastidita dalle rivelazioni del giornale online El Confidencial. Nella partita di campionato giocata giovedì scorso a San Sebastián, i tifosi della Real Sociedad gli hanno indirizzato fischi e cori di scherno. Questo perché a seguito di un attacco hacker ai server della Federcalcio spagnola, sono stati pubblicati alcuni estratti delle sue conversazioni whatsapp con il presidente della Federazione calcistica spagnola, Luis Rubiales. E si è scoperto che grazie all’intermediazione di Kosmos, la Federazione è riuscita a strappare un contratto milionario per la Supercoppa di Spagna in Arabia Saudita. Un’operazione che in sei anni porterà 24 milioni di euro nelle casse dell’azienda di Piqué. Si è saputo inoltre che i in virtù dei buoni rapporti venutisi a creare tra il difensore catalano e Rubiales in quei mesi primaverili del 2019, Piqué ha chiesto al presidente federale di adoperarsi per un un girone di terza divisione più morbido - senza le squadre catalane - per l’Andorra (senza tuttavia riuscirci), oppure di intercedere con il ct dell’under 21 e della nazionale olimpica, Luis De La Fuente, per un posto da fuoriquota ai Giochi Olimpici di Tokyo.

 

Queste circostanze sembrano aver irritato, o almeno imbarazzato, anche il Barcellona e i suoi tifosi, visto e considerato che parole di sostegno e prese di posizione in favore di Piqué (o almeno della sua privacy violata) - almeno da parte della società - non sono ancora arrivate. Se in passato Gerard Piqué e il barcelonismo si sono nutriti della rivalità con il Real Madrid - i cori dei tifosi blancos contro di lui sono stati definiti da Piqué “musica celestiale” - e con i cugini dell’Espanyol - “Ho più soldi io del loro budget annuale” (cit.) - per darsi forza reciproca, stavolta forse la sua immagine potrebbe compromettersi anche agli occhi degli appartenenti alla sua stessa comunità calcistica e affettiva. La corsa de El Presi verso la presidenza del Barça potrebbe ora rivelarsi meno semplice e lineare di quanto abbia fin qui immaginato. Ma c'è pur sempre l'Andorra da portare in Champions League.

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