Il Foglio sportivo - that win the best
In fondo la Serie A ha un fascino irresistibile
Il massimo campionato italiano ha proprio tutto per piacere: stadi vuoti e fatiscenti, polemiche arbitrali e adesso persino i sorrisi dei difensori
Sono amabilmente divertito dalla fase adolescenziale in cui è entrato il giornalismo sportivo italiano. Sarà l’aria di primavera, ma da qualche settimana il commento calcistico medio lì da voi è diventato un’immensa gara a chi ce l’ha più lungo, con annesse giustificazioni sul fatto che però è più importante saperlo usare. L’incipit da maschio bianco tossico e sessista mi serve per dire che l’esercizio di chi paragona le partite di Premier, Champions ed Europa League (sul torneo amatoriale della Conference torno dopo) a quelle della Serie A è autolesionismo puro.
Prendiamo quella fagiolata calcistica che è stata Manchester City-Real Madrid (a proposito, ve li ricordate quelli che a inizio anno dicevano che i Blancos erano a fine ciclo, Ancelotti un ripiego per una squadra da rifondare che non avrebbe vinto? Io sì, ero uno di loro, se la birra non mi ha annebbiato i ricordi). Il commento medio del tifoso e del giornalista italiano – le due figure quasi sempre si confondono, soprattutto sui social – è stato quello del provinciale che entra nella metropoli per la prima volta: un "woooow" continuo, elogi della tecnica, della grinta, del coraggio, della velocità, dello spettacolo (ma se volete lo spettacolo andate al circo), in-serie-A-partite-così-ce-le-sogniamo, e avanti così. Poi sono arrivati gli analisti a spiegare col ditino alzato che però insomma difese così manco in Lega Pro, e giù con l’elogio del gioco duro e difensivo all’italiana. Il giorno dopo tutti a bagnarsi per la qualità del Liverpool, che meritava di farne almeno 4 al Villareal (che comunque ha eliminato la Juventus quindi la Juventus non è poi così scarsa – ho letto anche questo), e a dire tristi “eh, a noi tocca al massimo Empoli-Salernitana”.
La verità l’ha detta Andrea Agnelli all’evento del Foglio Sportivo, ed è quello che io ripeto da due anni: la Superleague esiste già, è la Premier League. Il presidente della Juve ha anche detto un’altra cosa che qui scrivo da inizio stagione, e cioè che la finale di Champions potrebbe essere di nuovo tra due inglesi, così come quella di Europa League tra due squadre britanniche (in questo caso ha portato un po’ sfiga, dato che West Ham e Rangers hanno perso l’andata). Un brindisi per Agnelli, allora, e anche per quei giornalisti bipolari che sono riusciti a dire che poiché la Roma se l’è giocata a Leicester nella semifinale di Conference League allora forse il livello della Serie A non è poi così male. Io in fondo ho un debole per il campionato italiano (mai come quello che ho per la mia pinta di bionda, certo): da vecchio reazionario conservatore mi piacciono le cose che continuano a essere quelle che sono: gli stadi fatiscenti e mezzi vuoti, le polemiche sugli arbitri e adesso persino sui sorrisi dei difensori, le accuse al palazzo, i presidenti cialtroni contestati dalle tifoserie (questi ce li abbiamo anche noi, basta guardare al lato rosso di Manchester), ma soprattutto i coiti perennemente interrotti del Napoli, con i suoi crolli improvvisi a fine stagione dopo settimane passate a organizzare la festa scudetto, e gli psicodrammi dell’Inter, così meravigliosamente prevedibili. Solo Antonio Cassano poteva pensare che dopo avere passato tre mesi a dire che i 3 punti del recupero con il Bologna erano una formalità l’Inter avrebbe vinto.