LeBron James, Kevin Durant e questi strani playoff da spettatori
Le ultime due annate difficili sono l’inizio di un inesorabile declino per due tra i più forti giocatori dell'Nba degli ultimi anni? Intanto una nuova generazione è prpnta a prendere il loro posto
Nba Playoffs, l’habitat naturale di LeBron James e Kevin Durant. Così, almeno, siamo stati abituati a lungo da due stelle che in carriera hanno collezionato un totale di sei titoli (sempre da Mvp) e 14 apparizioni alle Finals. Un’edizione dei playoff senza di loro, fino all’anno scorso, sarebbe stata difficile anche soltanto da immaginare. In più di 70 anni di storia della lega, del resto, solo cinque franchigie hanno portato a casa più anelli di LeBron, e solo otto più di KD. Qualcosa vorrà pur dire.
Prima o dopo, però, la ruota gira per tutti. Anche per chi, come James, ha sempre dominato la sfida con “Father Time”; e anche per un giocatore come Durant che, a 32 anni, nei Giochi olimpici e nei playoff 2021 aveva lasciato la sensazione di essere ancora il miglior cestista del pianeta.
Dal 2007, anno d’ingresso di KD nella lega, era capitato una sola volta (nel 2010) che nessuno dei due fosse in campo per le Conference finals. L’anno scorso è stata la seconda, e nel 2022 il trend non si è interrotto, anzi, con i Lakers di James che non si sono neanche qualificati alla post-season e i Nets di Durant che si sono schiantati contro i Celtics con un sonoro 0-4 al primo turno.
Il fallimento di Brooklyn e Los Angeles, che a inizio stagione sembravano in prima fila per il Larry O’Brien Trophy, ha inevitabilmente fatto rumore. Come in ogni sport di squadra, però, le “colpe” dei singoli - anche quando si parla di due futuri Hall of Famer - non possono sovrastare quelle delle rispettive organizzazioni. Che sono state molte, e gravi.
Ai Nets bisogna riconoscere l’attenuante di aver vissuto un perenne periodo di precarietà nelle ultime due stagioni; ciò nonostante, è lecito pensare che abbiano gestito in modo opinabile le vicissitudini che hanno dovuto affrontare dallo scorso ottobre, dalla scomoda situazione legata allo status vaccinale di Kyrie Irving, al caso James Harden. Aggiungendo al mix i problemi fisici di Durant e la lungodegenza di Joe Harris, ecco i Nets al settimo posto in Regular Season e poi impegnati in un primo turno infernale contro i Celtics.
Durante la serie contro Boston, coach Steve Nash ha preso parte al naufragio del suo team facendo mancare colpevolmente il proprio contributo, tra mancati aggiustamenti difensivi e un attacco che, nonostante la diffusione e la quantità di talento a disposizione, non ha mai proposto nulla di diverso da una “hero ball” che ha risaltato le qualità difensive dei Celtics.
Durant, forse, è arrivato ai playoff fisicamente non al meglio, cosa che non dovrebbe sorprendere considerando che è dovuto stare in campo quasi 40 minuti a partita dopo il ritorno dall’infortunio, per via della situazione di classifica di Brooklyn. In ogni caso, quella che si è vista contro i Celtics è stata indubbiamente la sua versione più opaca che si ricordi nei playoff. Due dati più di tutti - il 38.5 per cento dal campo e le 5.3 palle perse a gara - fotografano le enormi difficoltà che ha incontrato.
Nella disastrosa annata dei Lakers, invece, ci sono più responsabilità dirette e meno circostanze. L’ormai 37enne LeBron ha fatto registrare il suo massimo in carriera per punti a partita (30.3), anche se il suo contributo sul campo si è limitato il più delle volte a questo; ma le colpe più gravi, evidentemente, risiedono nelle scelte di mercato dell’estate scorsa e nella costruzione di un roster che si è dimostrato completamente disfunzionale. Processo decisionale in cui, come noto, LeBron ha esercitato una discreta influenza.
Dalla trade-Westbrook alla mancata ri-firma di Caruso, passando per le scelte in free agency, la stagione dei giallo-viola è iniziata con fondamenta non all’altezza degli obiettivi e si è conclusa con il 23esimo record dell’Nba e addirittura il mancato accesso al Play-In. Un fiasco clamoroso.
E così, a fine aprile sia LeBron sia KD stavano già guardando i playoff, come si suol dire, dal proprio divano. Senza dover necessariamente (e frettolosamente) parlare di “fine di un’era”, sembra che sia ormai ben avviata la transizione verso quella successiva, con l‘Nba che nel frattempo ha preso una nuova direzione.
Antetokounmpo, 27 anni, dal 2017 ad oggi ha vinto letteralmente tutto a livello individuale e con i suoi Bucks; oltre al greco, alla guida di squadre in corsa per il titolo ci sono giovani stelle come Tatum, Doncic, Booker e Morant, cui si potrebbero aggiungere diversi nomi di grande prospettiva che hanno preso parte, o meno, a questi playoff.
La domanda, ora, è se rivedremo LeBron James e Kevin Durant competere a questi livelli, e se le ultime due annate siano l’inizio di un inesorabile declino. Qualcosa che sarebbe assolutamente normale per due atleti che vanno verso il 38esimo e il 34esimo compleanno, anche se con LeBron e KD abbiamo abbandonato i paradigmi della normalità da tempo, ormai.