Giro d'Italia. Bouwman ha vinto a Potenza, Dumoulin è tornato a pedalare
Quando vince uno come Koen Bouwman è sempre una gran giornata, una di quelle che ci mette in armonia con il ciclismo, con la sua capacità di mescolare le carte, di dare possibilità insperate
Tra Diamante e Potenza, lungo i 196 chilometri della settimana tappa del Giro d’Italia 2022, Tom Dumoulin ha segnato una ics sul terreno, ma non si è fermato come fece Costante Girardengo sul Pian delle Cinque miglia al Giro del 1921, è ritornato davvero a pedalare.
Verso il rifugio Giovannino Sapienza, scalando l’Etna, l’olandese era stato tra i primi a mollare. Era arrivato in cima a nove minuti e dieci dal vincitore di giornata, Lennard Kämna, sei e mezzo dal gruppo di chi punta a vincere il Giro. Per dare un senso alla sua corsa rosa doveva attaccare. Lo ha fatto alla prima occasione, in quel su e giù continuo che portava a Potenza. Lo ha fatto con determinazione, soprattutto dando l’impressione, che almeno oggi, a muovere la sua bicicletta fossero due gambe che assomigliavano a quelle di qualche anno fa, quando l’olandese sembrava pronto a occupare i podi di tutte le grandi corse a tappe.
Tom Dumoulin non ha vinto, è arrivato quarto a una decina di secondi dai primi, dal vincitore Koen Bouwman, compagno di squadra, e dagli altri due compagni d’avventura, Bauke Mollema e Davide Formolo, quelli rimasti dei sette che erano riusciti a infuturarsi in quella continua e a tratti infruttuosa ricerca della fuga giusta, nemmeno fossero dei Marcel Proust qualsiasi a “zonzo” in bicicletta.
Tom Dumoulin non ha vinto, perché vincere non serviva. O almeno non oggi. Perché, data la situazione in classifica generale, era giusto fare altro, era giusto mettersi al servizio di uno come Koen Bouwman, uno che quando c’è da sfacchinare per altri non si è mai tirato indietro, uno su cui si può sempre contare.
È stata una gran giornata oggi. Perché quando vince uno come Koen Bouwman è sempre una gran giornata, una di quelle che ci mette in armonia con il ciclismo, con la sua capacità di mescolare le carte, di dare possibilità insperate. Ci sperava mica davvero Bouwman a inizio Giro. Era lì per fare altro, per aiutare Dumoulin, o Foss, a salire sul podio.
È finita che è stato Dumoulin ad aiutarlo a vincere la tappa. È un signore d’altri tempi Tom, uno che sa quanto è difficile fare il corridore, quante cose storte è difficile raddrizzare.
È finita che non è finita davvero. Perché ora si sa mai. Perché a Tom Dumoulin serviva un segnale per capire che lui non era mica quello dell’Etna, che laggiù, sul vulcano, non era davvero lui a pedalare, ma un altro, forse lo zio Pino che cantava Dargen D’Amico a Sanremo. E che forse era il Dumoulin che saliva verso il rifugio Giovannino Speranza.
Ora Dumoulin è a cinque minuti e quaranta dalla maglia rosa Juanpe Lopez, a quattro da Simon Yates. Tanti, probabilmente troppi per pensare di rivestirsi di rosa. Ma tant’è. Ci sono altre fughe da cogliere, tanta strada da fare. C’è soprattutto una novità. Quel sorriso che è apparso, sbocciato, sul suo volto mentre diceva che nessuno più di Koen Bouwman meritasse una vittoria.
Il Giro della Jumbo-Visma ha ridato senso in una sola giornata a un Giro che dopo l’Etna sembrava aver perso ogni senso d’essere. Bouwman è in maglia azzurra, leader della classifica dei Gran premi della montagna, ed è sedicesimo in generale a due minuti e diciannove dalla maglia rosa e a trentasette secondi da Simon Yates. Tom Dumoulin sorride. Tobias Foss non ha perso ancora terreno.
E mentre gli olandesi festeggiavano e ricostruivano il loro Giro, Davide Formolo ridava un senso al ciclismo di un tempo. Quello dei rapportoni che solo i professionisti potevano spingere. In un ciclismo che mulina ossessionamente sui pedali, che altrimenti l’acido lattico…, esiste ancora una forma di ribellione a tutto questo. Per la gioia del rapper Pigio.