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In Premier League gli yankees sorpassano i britannici
Chi ha, ancora, un presidente inglese è il Tottenham di Antonio Conte, che è l'uomo del momento: ora chiede pure agli avversari di non piagnucolare
Sarà che ho finito la birra e le scorte di brandy stanno per esaurirsi, ma questa settimana lascio in pace la Serie A (prenderne in giro limiti e difetti e come picchiare qualcuno seduto sul cesso, troppo facile), e per una volta voglio lamentarmi della Premier League. La guerra in Ucraina ha costretto il proprietario del Chelsea, Roman Abramovich, a vendere il club con cui ha vinto tutto negli ultimi due decenni. A differenza dei club di Serie A (sorry, non ce l’ho fatta), per il cui acquisto a prezzi stracciati normalmente ci vogliono mesi, se non anni, di trattative, le squadre del campionato inglese attraggono investitori come le banalità Gianni Riotta, e nel giro di poche settimane i Blues hanno trovato un nuovo acquirente. Il problema è che si tratta di Todd Boehly, proprietario dei Los Angeles Dodgers, squadra che pratica quella degenerazione del cricket che è il baseball, e soprattutto è americano. Mi spiace, ma questa storia che dalle colonie questi buzzurri vengano a colonizzare il nostro calcio mi dà più fastidio di una birra calda o di un pistolotto femminista di Massimo Gramellini. Con l’acquisto del Chelsea da parte di un americano le squadre di proprietà della colonia in Premier League diventeranno sette, una in più di quelle di proprietà britannica. Io sono un vecchio reazionario conservatore, ma quando la Premier nacque nel 1992 questa eventualità non era neppure immaginabile. E giustamente. Gli americani sanno fare affari, questo non lo negherei nemmeno sotto la tortura di una settimana senza alcol, e hanno capito che non c’è nulla come una squadra inglese per raggiungere il mondo intero, e nessun campionato è più appetibile della Premier.
Negli ultimi anni Manchester United, Liverpool e Arsenal sono diventati americani, si sono sfidati in campionato e coppe (l’Arsenal un po’ meno), e alla fine gli Stati Uniti hanno avuto finalmente una League seria da guardare, e non soltanto le buffonate da intrattenimento che seguono loro mangiando hot dog. C’è da dire che in America non impiccano i blasfemi né lapidano le donne (almeno non ancora), quindi se proprietario straniero deve essere, meglio uno yankee di un arabo. Anche se forse non la pensano così i tifosi di Manchester United e Arsenal. Chi ha un presidente britannico è il Tottenham allenato da Antonio Conte, l’uomo del momento in Premier. Prima per le parole gentili che Jürgen Klopp, posseduto da Lele Adani, gli ha rivolto parlando del calcio troppo difensivo dell’allenatore italiano che “non è il mio calcio”, poi per il 3-0 nel derby contro l’Arsenal che ha spalancato agli Spurs la possibilità di qualificarsi per la Champions. Manco fosse uno juventino su Twitter dopo la Coppa Italia, l’allenatore dei Gunners si è lamentato dell’arbitraggio della sfida di giovedì sera e Conte gli ha risposto di smetterla di piagnucolare. Comunque finisca la stagione, nessuno dei due manager rischia il posto.
Non come il difensore brasiliano Marcelo, attualmente in forza al Bordeaux, che secondo l’Equipe ai tempi del Lione sarebbe stato licenziato dal club perché scoreggiava troppo nello spogliatoio. Lui ha smentito la cosa su Twitter. Peccato, al TG1 avevano già pronta una scrivania per lui.