Il Foglio sportivo - Il ritratto di Bonanza
Milan o Inter? Uno scudetto vale in eterno
Chiunque vinca gli appassionati di calcio sono in dovere di ringraziare le due squadre milanesi per averli tenuti appesi a un filo fino all'ultimo
Se la perfezione fosse un gesto, sarebbe uno scatto di Leao, una girata fulminea di Lautaro in area di rigore. Sarebbe una chiusura in scivolata in diagonale di Tonali, una piroetta di Barella. Se la perfezione fosse un gesto sarebbe un volo sospeso, quello di Maignan, oppure una finta di corpo di Brozovic, un cross arcuato di Perisic, una corsa imprendibile e un tiro dritto come una pallottola di Theo Hernandez. Se la perfezione fosse un gesto avrebbe la mano alzata di Pioli a indicare la strada o il dito tremante di Inzaghi a segnalare un pericolo. Se la perfezione fosse una squadra avrebbe la maglia di Milan e Inter, con righe rossonerazzurre, un team impossibile come tutte le cose perfette. Perché la perfezione non esiste, nemmeno in ogni protagonista che abbiamo succitato, pieno di difetti come lo siamo tutti.
Restano i gesti, momenti, fremiti di campione, e quelli si che sono perfetti e rimarranno chissà per quanto scolpiti nella memoria. Se la perfezione fosse una frase, non sarebbe certo quella pronunciata sotto le stelle filanti della vittoria da Ivan Perisic, ambidestro come le sue dichiarazioni. Un po’ di qua e un po’ di là. Dalla parte interista per la soddisfazione espressa dopo l’ennesima grande performance sulla fascia, dalla parte opposta alla sponda nerazzurra per quello che riguarda il suo futuro e anche il suo modo di essere. “Non si aspetta la fine per parlare con i giocatori più importanti”, ha detto in sintesi. Esternazione presuntuosa e fuori luogo. Oltreché smentita dai fatti, visto che l’Inter ha parlato ripetutamente con il croato senza mai raggiungere la cifra da lui pretesa, aspetto del tutto secondario rispetto alle sommarie ricostruzioni del giocatore. Se la perfezione avesse un tempo, una durata, sarebbe quello dell’intero campionato, nel quale Inter e Milan si sono giocate il primato senza risparmiarsi mai, in mezzo ad incidenti, cadute e riscatti repentini. In un equilibrio che si rompeva per poi aggiustarsi come un giocattolo di mattoncini Lego.
La precarietà dell’esito ha rappresentato la forza della stagione vissuta, la potenza di uno sport che esprime tutta la sua energia quando può consumarsi al di fuori di supremazie precostituite. Perché una partita è come un giallo, se ne conosci prematuramente la conclusione, il momento dello sparo e la faccia dell’assassino, dopo tre pagine abbandoni la lettura e passi ad altro. Milan e Inter ci hanno tenuti appesi a un filo, e questo è stato un merito che supera qualsiasi apprezzamento sulla superiorità di una squadra sull’altra. Il giudizio però dipenderà dalla vittoria, perché il successo scolpisce una traccia nelle pietre della storia. E se la perfezione fosse un segno, sarebbe proprio quella traccia destinata a rimanere intatta per l’eternità.