Maria Sole Ferrieri Caputi, arbitra
La livornese è in pole position per diventare il primo arbitro donna della Serie A. È preparata e credibile, con eccellenti risultati anche sui test fisici
Se oggi Maria Sole Ferrieri Caputi - 32 anni, livornese, laureata in Sociologia - è in pole position per diventare il primo arbitro donna della Serie A lo deve a quella sua collega che quarantatré anni fa - era il 19 febbraio del 1979 - armata di passione e pittata con un rossetto comprato all’Upim, sfidò il vento, il freddo becco e i pregiudizi dei tifosi che si davano di gomito e sghignazzavano e diresse - “con piglio sicuro” come scrissero le cronache di allora - una partita di calcio dilettanti. Si chiamava Maria Grazia Pinna, è stata la prima donna arbitro in Italia.
Quella domenica si presentò in campo sorridente, vestita “orgogliosamente da donna”, come ci tenne a sottolineare ai cronisti che ne raccoglievano le dichiarazioni: pantaloncini corti, camicia bianca plissettata, giacca nera e due braccialetti al polso. Il giorno prima era andata dal parrucchiere per la messa in piega. Di origini sarde, Maria Grazia Pinna aveva trentasette anni, era rimasta vedova, gestiva un bar a Campo Bisenzio, Firenze, aveva due figli a cui badare. Le piaceva il calcio, da ragazzina era stata tifosa di Gigi Riva. Con gli amici che frequentavano il bar aveva messo su una squadra di calcio, si occupava delle spese. Poi si era iscritta a un corso arbitrale dell’Uisp, l’Unione Italiana Sport per Tutti. Era una scorciatoia, perché la Figc non ammetteva donne arbitro. L’aveva fatto - raccontò - per ovviare ai troppi torti che vedeva in campo, perpetrati a danno della sua squadra da arbitri impreparati, imbolsiti o in mala fede. E in fondo anche la sua epigona - Maria Sole Ferrieri Caputi - è qui per riparare un torto. Quello di un mondo maschile e maschilista, perennemente in posa da macho e per propria natura refrattario alle novità.
Se qualcosa si è mosso è successo solo di recente; quando anche il calcio ha capito che era arrivato il momento di includere, anziché escludere, e che sì, finalmente e per fortuna è anche “uno sport per signorine”. Ferrieri Caputo - ricercatrice presso un Centro Studi di Bergamo che si occupa di diritti sul lavoro - ha già messo la sua firma su una prima svolta storica. Lo scorso dicembre - prima donna italiana - ha arbitrato una squadra di Serie A (il Cagliari, impegnato contro il Cittadella) in una sfida di Coppa Italia.
E’ una predestinata. Il primo arbitraggio a 17 anni, poi una carriera in ascesa: a 25 anni la Serie D, a 30 la Serie C (seconda dopo la pioniera Maria Marotta che l'ha preceduta di due stagioni), l’anno scorso la prima direzione in Serie B. E’ un arbitro - lei preferisce il sostantivo maschile - preparato e credibile, con eccellenti risultati anche sui test fisici. Prima di lei aveva fatto un buon percorso - ma da guardalinee - la fiorentina Cristina Cini, che tra il 2002 e il 2010 ha timbrato 43 partite tra A e B.
Ferrieri Caputo oggi guarda al modello Frappart, di nome Stéphanie, la francese che nel 2019 è stata la prima donna arbitro a dirigere una finale Uefa, la Supercoppa tra Liverpool e Chelsea, e che oggi viene reputata la migliore di un movimento che, dall’Europa all’Asia, dall’Africa all’America, sta ribaltando le vecchie gerarchie.
Un’altra bandierina nel segno delle pari opportunità l’ha piantata di recente la ruandese Salima Rhadia Mukansanga, prima donna arbitro a dirigere una partita di Coppa d’Africa. Quando sullo smartphone le arrivò la notifica della designazione, Salima chiamò in Federazione, perché pensava si trattasse di un errore. Muri da abbattere, orizzonti che si spalancano. Forze nuove per un mondo rimasto chiuso - blindato - per troppo tempo. Chissà se quando quaranta e passa anni fa l’Arbitressa - così nei giornali maliziosamente si faceva riferimento a Maria Grazia Pinna - fischiò per la prima volta, ebbe la sensazione di dare inizio ad una rivoluzione. Più probabilmente dovette preoccuparsi dei buzzurri che le urlavano se era così brava anche a letto e che vennero zittiti con l’ironia: “Può darsi, di certo è che voi non lo saprete mai”.