Feste pazze e una vittoria nata da una sconfitta, quella del 1984, quando la Roma perse, alla sua primissima partecipazione, un’altra finale europea, una partita che tra i tifosi si sa che “non si è mai giocata”
La vittoria della Roma nella Conference League contro gli olandesi del Feyenoord raccoglie tutti quegli incantevoli squilibri di un rapporto unico tra club e città. Sui giornali (sfera pubblica), nei rapporti con chi vede “la questione” da fuori (sfera privata) si è cercato di affidarsi alle statistiche per cercare di dare senso all’esplosione di gioia collettiva che questa vittoria ha generato. Ma non è la certezza dei numeri a poter spiegare nulla. “Ci sono i tifosi di calcio… e poi ci sono i tifosi della Roma”, disse un giorno Agostino Di Bartolomei, compianto capitano, figura di riferimento per chi riassume nell’identificazione con la squadra la propria appartenenza a una collettività che trascende il senso di sport, ponendosi in una linea di continuità temporale, lì dove tutto è storia, perfino il senso di futuro. In una città che si erige e si sviluppa sulla stratificazione del passato, unendo nel tempo sacro e profano, cronaca e leggenda dove anche il caso trova dimora nella ragione.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE