Pallonate arabe
L'Arabia Saudita compra il calcio europeo
Il consigliere alla Corte Reale saudita, Turki Al-Sheikh, è il presidente dell'Almeria e l’artefice del ritorno del club nella massima divisione spagnola. Dopo il Newcastle in Premier League, un'altra bandierina del paese mediorientale è stata piazzata in uno dei principali campionati europei
Il verde della terza maglia dell’Almeria, quella indossata domenica sera in occasione del decisivo pareggio sul campo del Leganés, ha un suo valore storico, rintracciabile negli undici anni di vita della vecchia società, quell’AD Almeria fallita sul finire dell’estate 1982. Ma quel verde è anche il colore della bandiera dell’Arabia Saudita, patria di Turki Al-Sheikh, patron e presidente del club andaluso appena promosso in Liga. Turki Al-Sheikh è l’artefice del ritorno dell’Almeria nella massima divisione del calcio spagnolo, dopo aver rilevato il club nell’agosto del 2019. Ma Turki Al-Sheikh è davvero molto di più.
È attualmente consigliere alla Corte Reale dell’Arabia Saudita, a capo dell’Authority dell’Intrattenimento - istituzione chiave per la promozione di un’immagine più moderna e di una società più aperta nel suo Paese - dopo essere stato il presidente della General Sports Authority da settembre 2017 a dicembre 2018. Per comprendere l’importanza politica della figura di Al-Sheikh, in virtù della vicinanza al principe ereditario Mohammed Bin Salman, possono tornare utili le parole di Jamal Khashoggi. Il noto giornalista, brutalmente ucciso dopo essere entrato nel consolato saudita di Istanbul il 2 ottobre 2018, aveva spiegato in un colloquio telefonico con la giornalista Rula Jebreal, un’intervista pubblicata da Newsweek due settimane dopo la sua morte, che “(MbS) non ha consiglieri politici, se non Turki Al-Sheikh e Saud Al-Qahtani. Non ha altri consiglieri». Il loro rapporto affonda le radici negli anni dell'università, una fiducia che nasce dall'amicizia.
In quel momento il calcio era già presente nella vita di Al-Sheikh: aveva acquistato da poco un club egiziano l’’Al Assiouty, gli aveva cambiato nome in Pyramids Football Club, e dalla città di Asyūṭ aveva trasferito la società a Il Cairo, con lo scopo dichiarato di rompere lo storico duopolio Al-Ahly e Zamalek del calcio egiziano. Il motivo? Il suo ruolo di finanziatore e presidente onorario dell’Al-Ahly gli stava stretto, le frizioni con la dirigenza e lo scarso feeling con le tifoserie di entrambe le squadre gli apparvero come un chiaro segno di ingratitudine per i suoi sforzi. Allora tutto l’entusiasmo fu dirottato senza pensarci troppo sui Pyramids, con una sessione di calciomercato che vide l’arrivo di 22 giocatori a fronte di una spesa di circa 35 milioni di euro. Il club si classificò terzo malgrado l’avvicendamento di sei allenatori diversi, ma a fine stagione il progetto si interruppe. In pentola bolliva altro: Turki voleva l’Europa.
Quella per gli allenatori è una fissazione che lo ha accompagnato anche nelle prime due stagioni spagnole, prima della scelta del catalano Rubi nell’aprile 2021, rivelatasi vincente tredici mesi più tardi, dopo cinque esoneri in due anni. Il motivo potrebbe avere a che fare con una delle tante attitudini di Turki Al-Sheikh: è un aspirante allenatore. In un celebre video in cui parla con Leo Messi, ospite a casa sua a Riyadh nel novembre 2019, riferì al campione argentino di essere in possesso “della licenza B” e che “un giorno allenerò la mia squadra”, l’Al-Hilal, club saudita di cui è grande tifoso. Le passioni di Al-Sheikh non si fermano qui: è poeta, scrive canzoni per molte popstar arabe e prossimamente il suo romanzo d'esordio (The Cello) diventerà un film con il premio Oscar Jeremy Irons tra i protagonisti.
Una bandierina dell’Arabia Saudita è stata piazzata, dunque, anche in un altro dei principali campionati europei. Nulla a che vedere con l’operazione che nell’ottobre scorso ha visto sbarcare in Premier League il fondo sovrano PIF, proprietario di un già rinvigorito Newcastle. Più volte è stato chiarito, soprattutto dal direttore generale Mohamed El Assy, che non si tratta di un investimento di Stato ma di un’iniziativa personale di Al-Sheikh. Diversa è, almeno fino a questo momento, la strategia intrapresa per migliorare la competitività del club: nessuna spesa folle, niente di paragonabile agli oltre cento milioni spesi a gennaio dal Newcastle per assicurarsi Bruno Guimaraes, Wood, Trippier, e Burn; ad Almeria la strada intrapresa sembra quella del player trading, delle plusvalenze. Quanto accaduto con Darwin Núñez, centravanti uruguaiano del Benfica per il quale si sta scatenando un’asta tra le squadre più forti d’Europa, è un chiaro esempio di questo approccio: comprato proprio dall’Almeria per più di otto milioni di euro (acquisto più caro della storia del club) ad agosto 2019, è stato rivenduto ai portoghesi per 24 milioni un anno dopo.
E ora la Liga. Se Rubi continuerà così, non correrà il rischio di essere rimpiazzato in panchina proprio dal suo datore di lavoro.