L'ora della Finals
La stagione Nba in una serie: Warriors contro Celtics
Questa notte, alle tre ora italiana, prenderà il via gara uno delle Finals. Golden State Warriors e Boston Celtics si contenderanno l'anello. La prima per chiudere un ciclo, la seconda per aprirlo
Sembrano passati anni luce, e non solo otto mesi, da quando la stagione Nba 2021/22 era ai nastri di partenza e le favorite per il titolo erano, nell’ordine (secondo Las Vegas): Nets, Lakers e Bucks.
“Solo” in quarta posizione i Golden State Warriors, che alla fine sono arrivati in fondo ad Ovest piuttosto agevolmente. Si contenderanno lo scettro di questa stagione con i Boston Celtics, che a ottobre erano addirittura fuori dalle prime 10 favorite, come anche le altre due finaliste di Conference (Mavs e Heat).
Basta questo per avere un’idea della quantità di imprevisti e stravolgimenti che hanno scosso la trama della stagione 2021/22, tra flop e sorprese. In pochi, pochissimi avrebbero pronosticato una finale del genere: riprendendo le precedenti proiezioni, Golden State partiva con il 7% di chances di vincere il titolo, Boston addirittura con il 2%. Eppure, le ultime due sopravvissute sono proprio loro, per la prima volta dal 1964. Allora, a sfidarsi erano Wilt Chamberlain e Bill Russell. Oggi, Stephen Curry e Jayson Tatum.
Per entrambe, essere qui è il coronamento di un’incredibile inversione a U: per gli Warriors partendo dal purgatorio dei due anni senza Klay Thompson e dalla stagione 2019/20 chiusa con 15 vittorie (peggior record dell’NBA); per i Celtics, partendo dal 18-21 con cui a metà gennaio si trovavano 11esimi ad Est e molto lontani dall’idea di poter competere a giugno.
All’Nba, in tutto questo, non dispiace affatto un duello finale tra due delle squadre con più tifosi negli Stati Uniti e in tutto il Mondo. E non dispiace neanche che gli esempi vincenti, in questo momento, siano rappresentati da due franchigie che hanno costruito e sviluppato in casa i propri talenti e le proprie fortune. Dei 15 giocatori che presumibilmente vedremo in campo più a lungo, infatti, 11 sono stati selezionati dalle due squadre al Draft e non hanno mai cambiato maglia in carriera. Sarà, quindi, un titolo “made in San Francisco”, o “made in Boston”?
Ammesso che sei apparizioni alle Finals in otto anni non siano già abbastanza, Golden State si presenta con l’intenzione di associare indelebilmente al proprio ciclo - che non sembra vicino al tramonto - la parola “Dynasty”. Nella Baia, i soliti sospetti: Steph Curry, Draymond Green e Klay Thompson. Che in questa corsa al titolo, la prima del post-Durant, sono affiancati da due “nuovi” volti; due istantanee dello straordinario lavoro di costruzione di una cultura vincente e di un’identità svolto nella Baia negli ultimi dieci anni: Jordan Poole e Andrew Wiggins. Il primo è stato pescato lontano dai riflettori al Draft 2019 (scelta numero 28) e plasmato rapidamente in un giocatore dal grande impatto offensivo; il secondo, prelevato da Minnesota e trasformato con successo da scorer poco efficiente a gregario di lusso in entrambe le metà campo. Oggi, sono pedine insostituibili nel sistema di coach Steve Kerr.
Dalla loro parte, prima di tutto, gli Warriors avranno una maggiore esperienza a questo livello, nonché l’invidiabile - e invidiata dai Celtics - freschezza fisica, frutto delle sole quattro sconfitte incassate finora in post-season. Tutto il contrario per Boston, che torna alle Finals dopo 12 anni con un gruppo interamente al debutto su questo palcoscenico, e guidato da un allenatore - Ime Udoka - alla sua prima stagione da head coach. Dopo il primo turno contro i Nets e soprattutto le 14 partite contro Bucks e Heat, i Celtics hanno tanti chilometri nelle gambe e qualche acciacco fisico, ma anche la sicurezza di una squadra “battle tested” che ha superato avversità di ogni tipo in questa stagione.
In virtù del miglior record in Regular Season, la serie prenderà il via nella Baia, dove nell’era-Kerr gli Warriors hanno (quasi) sempre iniziato con il piede giusto. Il loro biglietto da visita in Gara 1 recita 4-0 nelle Finals e 19-1 nei Playoffs, e in generale il pronostico pende leggermente dalla loro sponda. D’altra parte, il “revenge tour” dei Celtics - arrivati fin qui vendicando le sconfitte contro Miami, Milwaukee e Brooklyn degli ultimi tre anni - ha dato buoni motivi per aspettarsi una serie lunga e combattuta. Come, del resto, lo erano state l’ultima dei Celtics alle Finals, nel 2010, e l’ultima degli Warriors senza Durant, nel 2016, decise entrambe negli ultimi possessi di Game Seven memorabili.
È iniziata la corsa a quella terra promessa che Golden State - tre titoli con questo nucleo - chiama “casa”, e che Boston - 17 banner al TD Garden - rivendica nel proprio DNA.