(Foto di Ansa) 

La festa rosanero

A Palermo l'errore è stato prevedere le elezioni mentre c'era la finale per la B

Fulvio Paglialunga

Sono tanti i motivi che hanno portato il Palermo a vincere i play-off: i giocatori giusti, la società ambiziosa, la partecipazione collettiva (25 per cento di share e seggi vuoti per le amministrative). Ma il merito è soprattutto di mister Baldini

Non c'è da sorprendersi se a Palermo sono rimasti i seggi vuoti e anche i presidenti designati hanno rinunciato. Erano tutti impegnati a seguire l'impresa di un anarchico, la linea politica era involontariamente dettata da un eroe seduto sulla panchina della squadra della città. Domenica, a Palermo, c'è stato un plebiscito per Silvio Baldini, allenatore così fuori dagli schemi che pure quelli che abitualmente consideriamo fuori dagli schemi sembrano conformisti. Risultato, proprio mentre si chiudevano le urne che si era faticato ad aprire: il Palermo è tornato in B, dopo tre anni di sofferenze che comunque sono meno di un mandato da sindaco. E ci è tornato per tutti i motivi che di solito permettono una promozione (giocatori nei posti giusti, società ambiziosa, partecipazione popolare), ma soprattutto per un allenatore che odierà sentirsi dire che fa la differenza.
Ha vinto Baldini, il tecnico che quando parla di calcio ti racconta una storia. E quella storia è la sua. Quella di chi, passato il primo turno dei playoff che hanno portato fino alla B, ha magnificato un'idea, non il successo. Anzi: "A me – ha detto un mese fa – della vittoria e della sconfitta non me ne frega un cazzo. A me interessa il percorso. Voglio sognare ed essere libero, non voglio avere niente. voglio amare solo la mia famiglia e i miei amici e godermi quello che mi dà la natura."

Nessuna parola è fuori posto, usata per le telecamere, leva di un paraculismo sentimentale. Silvio Baldini «non voglio avere niente» l'ha detto davvero e l'ha messo in pratica. Partendo, anche in questo caso, da Palermo, ma diciotto anni fa: lui, figlio di un cavatore di marmo a Carrara, si trovò a firmare un contratto da un milione di euro a stagione. Accettò "perché pensai alla mia famiglia", ma poi capì che il capitalismo, anche traslato nel pallone, non faceva per lui. Zamparini, in cambio di quella montagna di soldi (nel 2004), voleva mettere bocca su tutto e con Baldini questo non si può. Silvio ruppe con il presidente e un po' anche con sé stesso: "I soldi – racconterà – sono il diavolo: avevo ceduto l'anima."
Eccolo, Silvio Baldini, uno che pensa che i soldi davvero non facciano la felicità, ma il calcio sì. Uno che poteva volare alto, ma ha scelto i valori e quindi un volo più bello e più etico. Non l'ingaggio, ma le emozioni. A costo di passare sei anni in giro per i monti a cercare pernici e a ritrovar sé stesso, e la voglia di allenare. Lo ha detto anche ieri, con Palermo che già sogna la serie A e lui che risponde: «Io non cerco la serie A, io cerco me stesso. E possono trovarlo anche in Interregionale».


Anarchico, di Carrara. Silvio Baldini è il disegno perfetto di chi ha vinto virtualmente le elezioni perché la gente ha seguito lui invece di presiedere il seggio. Domenica 35mila palermitani erano allo stadio e in Sicilia la partita, trasmessa su Rai2, ha fatto il 25 per cento di share (il dato nazionale, 8,6 per cento, ha reso la partita la più vista di sempre in LegaPro). Un siciliano su quattro seguiva l'impresa di chi il percorso di purificazione lo ha fatto davvero. Proprio ricominciando dalla Carrarese, casa sua: una panchina in serie C, nel 2017, che decide di riprendersi, ma senza stipendio. Cacciato il diavolo, viva il pallon: "Settantamila euro non mi cambiano la vita. Mi bastano i 2.400 euro di pensione al mese e i miei risparmi." E dentro il suo modo di vivere: lo stadio come una comune, dalla colazione insieme, al pranzo, alla condivisione degli spazi e delle parole. Tutte lì, dove nel frattempo costruiva una squadra piena di valori (e di discrete soddisfazioni) e ricostruiva il Silvio Baldini che gli mancava.


Prima vengono gli uomini. E poi il Dio del calcio sa ricompensare: domenica il gol decisivo lo ha segnato Matteo Brunori. Ora, immaginate il calcio grigio dei ritiri lunghi prima delle partite importanti e poi immaginate quanto faccia schifo a Baldini. Brunori, quarantott'ore prima della partita, aveva fissato il suo matrimonio con Dalida, rimandato due volte per la pandemia. E Baldini lo ha fatto partire: un blitz in provincia di Urbino, andata, “sì”, e ritorno e poi pronto per la partita. Poteva non partire? "Avremmo salvato la faccia come società, ma avremmo avuto un uomo infelice. E a me interessava che fosse felice e sereno." Infatti è tornato e ha segnato, portando la gente di Palermo in piazza tutta la notte, mentre lo spoglio doveva ancora cominciare. Poteva andar male a Brunori e, quindi, a Baldini? Certo, ma lo ha già detto che della vittoria o della sconfitta non gliene frega un cazzo. Gli interessa il percorso, che ora vede tutti allegri, un attaccante sposato, una squadra in B e un anarchico capopopolo di una città che preferisce i colori del calcio ai freddi banchi di un seggio.