Il fioretto femminile è tornato a essere arte italiana
Le Olimpiadi di Tokyo erano state deludenti per la scherma azzurra. Sembrava che tutto dovesse crollare da un momento all'altro. Gli Europei di Turchia hanno rimesso a posto il presente risintonizzandolo con un passato di grandissimi successi
Post fata resurgo. E mai ceneri furono così identiche. Meno di un anno fa, a Tokyo 2020, Arianna Errigo incassava la stoccata decisiva contro la Francia nella semifinale di fioretto a squadre. Quelle olimpiadi finirono con infinite polemiche all’interno della scherma femminile italiana. Lunedì sera, la stessa Errigo ha piazzato il touché della vittoria nella rivincita continentale sulle transalpine. Per tutto il movimento azzurro è stata una liberazione. Emotiva, tecnica. Soprattutto generazionale.
Piccolo passo indietro. Il blackout delle fiorettiste alle Olimpiadi – poi di bronzo, ma in quella sfida fatale conducevano anche di 10 stoccate prima del beffardo 45-43 finale – fu la cartina tornasole di una spedizione partita con ben altre ambizioni. La spingeva la storia: nessun paese ha conquistato più ori (49) e medaglie (130) dell’Italia in questo sport, trascinato soprattutto dalla tradizione nel fioretto. Invece in Giappone ne sono arrivate "soltanto" cinque – per la prima volta erano in programma 12 eventi, senza turnazioni di specialità – e nessun primo posto.
“Tokyo non è stato un flop, ma una conferma”, ha provato a nascondere la delusione Valentina Vezzali, oggi sottosegretario di stato allo Sport e dieci anni fa, impresa fra le tante, bronzo individuale in quel podio tutto italiano a Londra 2012. Errigo fu d’argento. Sul gradino più alto salì invece Elisa Di Francisca, che ha seguito le Olimpiadi giapponesi da opinionista. Sganciando la bomba: “Forse l’ultimo assalto in semifinale non avrebbe dovuto farlo Errigo. È fortissima, ma soffre le gare importanti”. Poi il bis, sulla gestione tecnica: “Andrea Cipressa non è all’altezza per essere il ct del fioretto. Lo dicono i risultati. Ai Giochi inglesi, guidate da Stefano Cerioni, conquistammo tre ori e cinque medaglie: se fosse disponibile a tornare, sarebbe lui il più indicato per questo ruolo”. E terremoto servito. L’ex campionessa olimpica viene rimbrottata da tutto l’ambiente Fis: che colpo basso, sottoporre all’eco mediatica quei tipici panni da lavare in casa. Perché il problema di fondo c’è. Tutti lo sapevano. Già a gennaio 2020, Repubblica scriveva di “tregua armata” fra Errigo e Di Francisca, allora prossima al ritiro. Con Cipressa a fare da disperato paciere. È l’apice del dualismo tra la nuova e la vecchia scherma, per quanto le azzurre siano separate soltanto da sei anni d’età – classe 1988 e 1982. Mentre la scuola di Jesi, formidabile fucina di talenti, si interroga su un futuro ancora nebbioso dopo il commiato della generazione Vezzali. Vige il silenzio, verso il vicino appuntamento olimpico. Ma Tokyo è lo schiaffo della realtà. Foriero di riflessioni e cambiamenti.
La profezia di Di Francisca si avvera a metà. Errigo la smentisce in pedana. Eppure, lo scorso settembre c’era stato effettivamente l’atteso ritorno di Cerioni – che in Giappone, allenando Alexander Choupenitch, si era tolto la soddisfazione di portare la Repubblica Ceca alla sua prima medaglia di sempre nella scherma. Una garanzia, insomma. E subito parla chiaro: “Punto sull’immensa qualità di Arianna”.
Di fianco alla veterana, tutte accolgono il cambio con serenità. Perfino Erica Cipressa, anche lei bronzo a squadre in Giappone e figlia dell’ex c.t.: “Il licenziamento di papà mi ha tolto un peso”, dice al Corriere della Sera. Nel frattempo le giovani crescono. La pesante rivalità sfuma in sana competizione. Agli Europei di Antalya, oltre a Errigo e all’esperta Alice Volpi, Cerioni riporta in squadra Francesca Palumbo e inserisce Martina Favaretto. Trevigiana, classe 2001. Si dice sia la fuoriclasse dell’avvenire. Ma domani è già qui: è lei a trascinare le azzurre al successo contro la Francia. Differenziale di +13 finché è in pedana. “Queste ragazze sono il mix perfetto verso Parigi 2024”, sorride il ct. Doveva essere Errigo a mettere la ciliegina sulla torta. Per un cerchio olimpico che si chiude, ecco che se ne apre un altro.
Il Foglio sportivo - In corpore sano