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L'Italia del nuoto è un ciliegio fuori stagione

Giuseppe Pastore

Gli azzurri in vasca hanno già eguagliato il record di ori ai Mondiali. E c'è la possibilità di doppiarlo. Le Olimpiadi di Tokyo non avevano dato medaglie d'oro, ma avevano fatto intravedere un futuro di squadra vincente. Un futuro che è già iniziato

Le conseguenze del Giappone sbocciano un anno dopo in Ungheria, come un bellissimo ciliegio fuori posto e fuori stagione. Nella cascata di medaglie di Tokyo i più attenti avevano notato l'exploit del nuoto, passato in secondo piano per l'assenza di ori ma in realtà protagonista di una concreta rifondazione, simboleggiata dai due podi delle 4x100 stile libero e mista, termometro della potenza natatoria di una nazione. Un anno dopo la curva è più che mai ascendente: quello di ieri è stato un pomeriggio splendido, non evocativo come l'uno-due di Jacobs e Tamberi del 1° agosto 2021 – lo sbarco sulla Luna dello sport italiano – ma ugualmente esclamativo: perché se con Gimbo & Marcello ogni tanto siamo ancora visitati dal sospetto che si sia trattato di due exploit un po' estemporanei, questa volta no, non possiamo sbagliarci.

 

Gennaio 2001 Thomas Ceccon: baffo d'altri tempi per imprese cronometriche d'altri tempi, dacché l'unico nuotatore italiano a stabilire un record del mondo in vasca lunga era stato Giorgio Lamberti agli Europei di Bonn 1989. Oltretutto nei 100 dorso, specialità da decenni tiranneggiata dagli americani, che detenevano il primato da 34 anni (a parte una breve interruzione nel 2009) e hanno vinto sei delle ultime sette finali olimpiche di specialità. A Tokyo era stata doppietta russa, Rylov-Kolesnikov, entrambi assenti per le note vicende: ma questo Ceccon se li sarebbe lasciati alle spalle. Come ha detto Luca Sacchi in una delle sue felici definizioni, ormai “ha smesso di giocare con l'agonismo”: il cambio generazionale e l'uscita di scena dei veterani (da lui – eufemismo – mai amati) gli ha messo le ali, tanto da farne un leader non solo tecnico ma anche comportamentale, lui che fino a due anni fa passava i ritiri in stato di emarginazione insieme all'amico di sempre Federico Burdisso. A Tokyo s'era fatto prendere da strane crisi d'ansia soprattutto nelle gare individuali, ma aveva contribuito alle due medaglie in staffetta; Budapest è la certificazione che si è definitivamente stappato. Da lui ci si aspettano cose mirabili almeno fino a Parigi.

 

Gennaio 2005 Benedetta Pilato: il che vuol dire che Federica Pellegrini aveva iniziato a vincere medaglie prima ancora che Benny nascesse. Argento mondiale a 14 anni nel 2019, uscita a pezzi da Tokyo dov'era stata divorata dalla fretta e dalla pressione (addirittura squalificata in batteria), sopraffatta dalla gioia dopo un oro sui 100 rana che spazza via gli atavici dubbi su quanto sia affidabile in chiave Giochi (la sua distanza prediletta, i 50 rana, non è specialità olimpica). La flash interview in cui non è riuscita a spiccicare parola ci ha ricordato l'entusiasmo della sua concittadina Roberta Vinci quando nel 2015 sconfisse Serena Williams sul Centrale di Flushing Meadows. Ancora più simbolico che il suo urlo muto sia arrivato a Budapest, nel primo Mondiale dopo vent'anni senza la Divina Fede in acqua (che oggi, se avesse voluto, sarebbe salita sul podio per la nona volta consecutiva nei suoi 200 stile). Ha una lingua sciolta che farà molto bene al nuoto italiano, soprattutto femminile, e questa dote si traduce in un'aggressività naturale che si sposa molto bene con le follie della rana (sul terzo gradino del podio si è rivista la lituana Ruta Meilutyte, baby-campionessa a Londra 2012 e sparita dai radar per quasi tre anni).

 

Dopo tre giorni di nuoto siamo già a tre ori (quattro considerando anche i bravissimi Giorgio Minisini e Lucrezia Ruggiero, campioni del mondo nel duo misto di nuoto artistico). Eguagliato il record di vittorie di Roma 2009, Budapest 2017 e Gwangju 2019 con forti possibilità persino di doppiarlo, dacché i nostri pezzi da 90 sono dappertutto a cominciare da oggi, con Gregorio Paltrinieri (800 sl, difende il titolo di Gwangju 2019) e ancora Nicolò Martinenghi (50 rana, miglior tempo in semifinale).

 

Il futuro è tutto nostro, e promette – minaccia, se leggete da oltre confine – di essere luminoso, pervaso di scariche elettriche come quelle delle torpedini. Per quasi cent'anni la Penisola è stata al centro di una misteriosa anomalia sportiva: perché un paese di fatto circondato dal mare ha sfornato sì e no tre nuotatori di alto livello? Poi Sydney cambiò tutto: adesso il nuoto è nazionalpopolare, il nord e il sud, Vicenza e Taranto, Ceccon e Pilato. E quando parte l'inno battono le mani, affiorano i sorrisi e scorrono le lacrime su facce finalmente senza mascherina.

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