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grande boucle

Tour de France. Wout van Aert è un calcolo semplice

Giovanni Battistuzzi

A Calais, il belga ha vinto la quarta tappa del Tour de France. Un piano ben congeniato dalla squadra, un allungo in salita sull'ultima côte di giornata che ha generato il vuoto alle sue spalle. Una avanzata vincente in maglia gialla 

Non è che piacesse molto a Wout van Aert far la parte del secondo, quello che è nella migliore posizione possibile per vedere le esultanze altrui. Che lui è un vincente, s'è sempre pensato così, l'ha pure dimostrato negli anni. Tre volte secondo in tre tappe al Tour de France non è cosa da tutti i giorni, ci vogliono le gambe per riuscirci e gambe buone, buonissime. Firmerebbe subito, e in bianco, ben più di nove decimi del gruppo per tre secondi posti in tre tappe, ma non lui, che lui è Wout van Aert e di fare secondo non ci pensa neppure. C'è finito a cronometro, e vabbé, Yves Lampaert è stato magnifico e un filo fortunato con il maltempo. C'è finito due volte in volata e contro due signori, anzi signorissimi, velocisti: Fabio Jakobsen e Dylan Groenewegen. Troppi rischi nelle volate, troppe variabili da tenere d'occhio capaci di sballare, e di parecchio, i calcoli.

 

Wout van Aert c'aveva per niente voglia di mettersi a fare un'equazione che più che un'equazione è un macello che nemmeno una calcolatrice scientifica ti può venire in soccorso. E così ha deciso di fare l'operazione più semplice possibile, che è pure la più difficile: scatto in salita, meno sui pedali come un dannato e vediamo se riuscite a starmi a ruota, oppure a riprendermi. C'è riuscito nessuno.

 

Sulla Côte du Cap Blanc-Nez (1 chilometro al settevirgoladue per cento), ha fatto fare la tirata a Nathan Van Hooydonck, la menata a Tiesj Benoot, poi c'ha pensato lui, o meglio, ha continuato lui che c'avevano già pensato gli altri a fare fuori tutti gli altri.

 

È rimasto solo che la salita era ormai quasi finita, ha continuato a rimenerlo fino all'arrivo. Primo, solo e in maglia gialla, perché certe azioni sono belle sempre, ma se fatte in maglia gialla sono ancora più belle, più giuste, decisamente più affascinanti. Affascinanti come la botta di gusto che ti esplode in bocca mentre si assaggia il Cremet du Cap Blanc-Nez, che è una chicca di piacere al pari di uno scatto di van Aert.

 

Secondo quest'oggi a Calais, quarta tappa del Tour de France, c'è finito Jasper Philipsen, ma senza essersene accorto. Aveva esultato come si esulta per una bella vittoria, perché uno sprint così, come quello che aveva fatto Philipsen, andava festeggiato alla grande, con enfasi. Il fatto che la linea d'arrivo l'avesse passata, prima di lui, van Aert, e di otto secondi, era un dettaglio del tutto ininfluente, anche se parecchio decisivo per palmares e memoria collettiva. Non è il primo e non sarà l'ultimo Jasper Philipsen a incorrere in un errore di prospettiva.

 

Ci incorreremo anche noi ciclisti da divano probabilmente, o forse ci siamo già incorsi, mentre vedevamo il vuoto formarsi dietro a Wout van Aert occupato soltanto da Adam Yates e Jonas Vingegaard, mentre tutti gli altri grandi favoriti per la vittoria della Grande Boucle, che poi in realtà sono due soltanto, Tadej Pogacar e Primoz Roglic, e forse uno è di troppo. C'era nessuno di loro, ma anche questo è un dettaglio ininfluente che va preso per quello che è, ossia l'evidenza che dietro alla maglia gialla non c'era nessuno di loro. Poco male. Era mica prevedibile un'azione così da parte di Wout van Aert, anche se Roglic lo poteva immaginare visto che sta nella stessa squadra. E poi sono poco o nulla otto secondi in un Tour de France che promette di giocarsi non tanto sui secondi, ma più probabilmente sui minuti. Vedremo.

   

Quello che vedremo, quasi sicuramente – almeno la speranza è questa –, saranno altri chilometri avanti al gruppo di Magnus Cort. Cronometro a parte, tre fughe su tre, trecentonovantasei chilometri da avanguardista, e finché si era in Danimarca era un modo, parecchio faticoso, di fare gli onori di casa, ma adesso che il Tour è tornato in Francia, è solo l'evidenza che Magnus Cort c'ha preso gusto e non solo fa gli onori di casa, ma onora quel magnifico arnese che è la bicicletta.

 

Foto A.S.O./Pauline Ballet 
 

  

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