(Foto di Ansa) 

Il foglio sportivo - Il ritratto di Bonanza

Il ritorno di Galliani, velociraptor del mercato

Alessandro Bonan

Capacità di catturare senza fatica, mobilità fulminea, intuizione del pericolo imminente: sono queste le qualità del dirigente, un animale del calcio con l'anima dell'artista

Dicono che per distinguersi basti aprire un ombrello in un giorno di sole. Non importa se la tua testa è vuota, se non hai un pensiero interessante da esprimere, alcun talento da giocare. Oggi, più di sempre, la distinzione la fa il gesto, e soprattutto l’immagine. Non per nulla in molti social devi semplicemente pubblicare delle foto, anche banali, dove ti metti in posa come una sposa, per farti considerare, apprezzare, in casi estremi anche amare. L’importante è mostrarti, non dimostrare. In questa società dell’immagine, come ormai viene definita da antesignani del costume, il calcio non fa eccezione, tanto che anche i giocatori hanno compreso l’importanza di esistere oltre che in campo, dentro a un telefonino. Balletti, giochi d’acqua, esposizione di oro e di argento, barche, addominali, Rolex and champagne. Tutto serve per raggiungere e moltiplicare pani e pesci, i cosiddetti followers, i quali abboccano con l’amo attaccato al naso. Ma c’è da sempre un signore, un tempo incravattato di giallo, che si distingue senza bisogno di vuote ostentazioni. 


Questo signore si chiama Adriano Galliani, e nella sua nuova vita sportiva, nella Brianza che vuole senza chiedere mai, si sta muovendo come un Velociraptor, il dinosauro che si caratterizzava per la mobilità fulminea, la coda rigida, le zampe posteriori dotate di artigli come falci, e la testa allungata. Ora, superando lo choc dell’immagine, concentriamoci sulle capacità straordinarie di questo animale vissuto circa settanta milioni di anni fa. Sapeva catturare senza fatica, spostarsi velocemente, intuire il pericolo alle spalle, e godersi lo spettacolo mangiando popcorn (immagine forzata che ci serve a descriverne il carattere sicuro e ottimista). Ecco, ricalchiamo queste qualità sulla figura di Galliani: coincidono esattamente con il profilo dell’artista. Perché di questo stiamo parlando: di un animale del calcio con l’anima dell’artista. 


Adriano Galliani, da sempre, dal primo Monza, al primo Milan, fino ai giorni d’oggi, non ha mai avuto bisogno di esporsi per esistere. È sempre stato un re della foresta, intesa come scena dello spettacolo, capace di mimetizzarsi se necessario come un trasformista e comparire all’improvviso per acchiappare la preda, che sia un giovanotto promettente, un avversario scomodo o un campione. Sembrava si fosse addormentato, magari sotto un fico, semmai ce ne siano stati nella giungla. Invece stava solo aspettando di tornare a masticare foglie e calciatori. Ha solo un capo sulla testa, gli sta come un cappello. È Berlusconi, il dio del Re, che quando si parla di un sovrano c’è sempre bisogno di un divino. Ogni cosa in questo regno, scompare e riappare all’improvviso, come in un film di fantasia, dove tutto sembra incantato e invece è vero. Il tempo del Giurassico è tornato.