Il foglio sportivo
La maledizione olimpica sull'atletica azzurra e la sfida dei Mondiali
Alla vigilia di Eugene 2022 i nostri eroi di Tokyo sono fuori forma o infortunati. Il dubbio sulla salute di Jacobs e la rabbia di Tamberi
L’Olympic Stadium di Stoccolma, un monumento allo sport con 110 anni di storia che ha ospitato l’ultima tappa pre-mondiale della Diamond League, aveva già cominciato a riempirsi quando nel pomeriggio del 30 giugno è arrivata la notizia della rinuncia di Marcell Jacobs per il vecchio risentimento al bicipite sinistro. Con Paolo Camossi, allenatore del campione più atteso della stagione in tutto il mondo, avevamo atteso invano sugli spalti la risonanza che i medici svedesi non sono riusciti ad assicurare, prima della partenza per il ritiro di Beaverton, la base Nike nell’Oregon: Jacobs è volato verso l’ignoto.
Un fulmine a ciel sereno anche se in Scandinavia incombono sempre i nuvoloni, perfetta simbologia per descrivere lo stato dell’atletica azzurra alla vigilia dei Mondiali di Eugene. Dal 15 al 24 luglio, nel nuovissimo ma ristretto Hayward Field, l’Italia terrà svegli gli appassionati nelle dirette notturne di Rai e Sky rimettendo per la prima volta in gioco, in una manifestazione globale all’aperto, gli incredibili cinque ori olimpici giapponesi. Ma è proprio questo il punto: a un anno di distanza, i sette campioni (in cinque gare) e i sette finalisti (sempre in 5 gare) di Tokyo sono quasi tutti alle prese con problemi fisici che, quando non ne impediranno la partecipazione, renderanno comunque difficile la riconferma.
Se non si può parlare di maledizione olimpica poco ci manca. “Quella post-olimpica è sempre una stagione di transizione – spiega il direttore tecnico Antonio La Torre –, con la situazione attuale può definirsi di transizione l’intero Mondiale. Da tempo abbiamo stabilito di porci come obiettivo stagionale i successivi Europei di Monaco ma procediamo comunque nel segno dell’abbondanza. Per la prima volta abbiamo dovuto fare le selezioni perfino per i Giochi del Mediterraneo, abbiamo brillato agli Europei juniores di Gerusalemme e comunque a Eugene potremo toglierci le nostre soddisfazioni: per il marciatore Stano, dopo i problemi fisici, la nuova 35 km arriva al momento giusto, la staffetta sta meglio di come sembra e possiamo sognare con i triplisti Dallavalle e Ihemeje. Restano le incognite Jacobs e Tamberi, le nostre punte”.
Dopo i bagliori della prima stagione indoor post-olimpica, soprattutto a opera di Jacobs, in base al calcolo delle probabilità era comunque difficile da immaginare la malasorte piovuta sui nostri protagonisti olimpici.
Ecco la situazione. Ori Olimpici. Marcell Jacobs (100, 4x100): in precarie condizioni fisiche; Gianmarco Tamberi (alto): in ritardo di condizione e sotto stress per i problemi tecnici e il tira molla con il padre-allenatore; Massimo Stano (20 km marcia, qui 35 km): in ripresa dopo uno stop fisico; Antonella Palmisano (20 km marcia): assente per infortunio. Fausto Desalu (oro 4x100, qui nei 200): fuori forma. Lorenzo Patta (4x100): fuori forma. Filippo Tortu (oro 4x100, qui nei 200): in ripresa dopo un periodo di appannamento. Finalisti olimpici. Zane Weir (5° nel peso a Tokyo): assente per infortunio; Nadia Battocletti (settima 5000): assente per infortunio; Alessandro Sibilio (ottavo 400 hs e settimo 4x400): assente per infortunio; Filippo Randazzo (ottavo lungo e ottimo staffettista): assente per infortunio; Davide Re (settimo 4x400): frenato da un infortunio; Edoardo Scotti e Vladimir Aceti (settimi 4x400): in ripresa.
Comunque sia, il pessimismo è bandito in casa azzurra. La lezione di Tokyo, dove molti avevano pronosticato lo spettro delle “zero medaglie”, ci insegna a non dare mai per morta la nostra atletica che nell’era presidenziale di Stefano Mei sembra assistita da uno stellone che potrebbe avere solo smarrito la strada. Certo la concorrenza degli americani, che giocheranno in casa per cancellare una delle peggiori edizioni olimpiche della loro storia, renderà tutto più difficile, soprattutto nello sprint in cui oltre al rientrante campione iridato uscente Christian Coleman (squalificato a Tokyo) i 100 rimettono sulla strada di Jacobs l’argento olimpico Fred Kerley (“Con lui ho un bel rapporto di amicizia” ha chiarito Jacobs a Stoccolma) galvanizzato dall’accoppiata 9”76-9”78 negli ultimi due turni dei Trials proprio a Eugene. Così come Erryon Knighton (19”49) e Noah Lyles (19”61) sembrano fuori portata per chiunque nei 200.
Possiamo sempre sperare in qualche miracolo anche se i problemi maggiori riguardano proprio la staffetta in cui l’azzurro più in forma del momento, Chituru Ali, non dà affidamento per i cambi e il responsabile Filippo Di Mulo sembra orientato a confermare la staffetta olimpionica nonostante il potenziale inferiore. Non è detto che Tamberi, dopo che è rientrato, almeno per il momento, e dopo il divorzio dal padre allenatore, non riesca a incanalare la sua rabbia per le modeste misure ottenute nella stagione all’aperto verso una nuova sfida di vertice con l’amico Barshim.
A parte le punte, il resto dei 60 componenti della squadra azzurra per i Mondiali appare in progresso, nonostante le scarse prospettive di podio. Ci vorrà ancora qualche tempo per sognare con la velocista Zaynab Dosso e con la figlia d’arte del lungo Larissa Iapichino, ma ci sono due settori che potrebbero fare presto il colpo grosso. Oltre al triplo maschile (Emmanuel Ihemeye a Eugene giocherà in casa, Andrea Dallavalle, pur acciaccato, vale molto di più del nono posto di Tokyo) occhio al mezzofondo veloce femminile con Elena Bellò (800), Gaia Sabbatini e Federica Del Buono (1.500) che potrebbero esaltarsi in gare tattiche. E senza le russe anche l’alto di Elena Vallortigara diventerà una lotteria.
Spiace per l’assenza prudenziale di Yeman Crippa e di Luminosa Bogliolo nei 100 hs ma dopo Tokyo chi vorrà perdersi lo spettacolo dell’atletica per un’ora di sonno in più? Fissate la prima sveglia alle 4.50 di domenica 17 per la finale dei 100 maschili.