Il Foglio sportivo
“La scherma ha bisogno di ringiovanirsi”
Parlano Garozzo e Volpi, coppia d’oro del fioretto: “Il mondo cambia. Deve cambiare anche il nostro sport”
La stoccata è veloce e precisa. Chirurgica. Daniele Garozzo la prepara con cura, poi affonda il colpo in un lampo come al solito. Ma non per demolire, anzi. Lui è un medico, ha giurato con Ippocrate: deve curare, non uccidere. Ma è anche uno schermidore, tira di fioretto e, a differenza delle altre due armi, può colpire solo con la punta e in una porzione ridotta del corpo dell'avversario. E, soprattutto, sa che colpire non è sufficiente se tutti i movimenti immediatamente precedenti non sono funzionali alla stoccata. E poi, ultimo ma non meno importante, è innamorato dello sport che pratica, un amore scoperto a 7 anni grazie a Zorro e D'Artagnan, un amore così grande da diventare uno dei più vincenti della disciplina. Ecco perché le sue parole sono così decise e pesano di più all'inizio di un Mondiale, partito ieri in Egitto, che lo vedrà ancora protagonista. "La scherma deve capire che è arrivato il momento di fare un passo verso la modernità. È l'unica strada se si vuole rompere questa tradizione che la vuole protagonista soltanto ogni Olimpiade. Ah, e anche l'Italia dovrebbe fare un passo avanti per favorire chi studia e fa sport ad alto livello". Due a zero. En garde. Pret. Allez.
Alice Volpi lo ascolta mentre gioca con il pastore australiano Forrest che anima la casa di Frascati dove vivono da qualche anno. Lei e Daniele si conoscono da quando erano ragazzini, girano il mondo insieme da quando hanno 14 anni, ma sono ufficialmente una coppia solo dal primo gennaio 2016, il capodanno di una storia d’amore cominciata (solo ufficiosamente, però) un po’ prima. Tirano entrambi di fioretto e ogni anno devono fare un po’ di spazio in casa per aggiungere nuove medaglie. Le ultime quattro, in ordine di tempo, arrivano dall’Europeo di giugno in Turchia e sono l’oro individuale e l’oro a squadre di Daniele e il bronzo individuale e l’oro a squadre di Alice. Lei lo ha supportato nei nove anni di studi in Medicina, terminati con la laurea di marzo e ha deciso che a settembre sarà il suo momento per riaprire i libri. Con ogni probabilità si iscriverà alla facoltà di scienze politiche alla Luiss di Roma, per costruire un futuro che vada oltre la pedana. E non è l’unico progetto comune: l’idea di entrambi è di suggellare l’unione con il matrimonio e magari ampliare la famiglia. “La maternità è un desiderio – racconta Alice – ma, a differenza di molte mie colleghe che sono rientrate in pedana dopo essere diventate mamme, credo che per me il momento arriverà dopo il ritiro. Nel mio futuro vedo una bellissima famiglia con tanti figli”.
Ora, però, la testa è tutta sul Mondiale. Quasi tutta, perché due giorni dopo il ritorno in Italia, Daniele dovrà sostenere l’esame di diploma per la specializzazione assieme ad altri 19mila medici di tutta Italia. Un momento determinante per il suo futuro professionale: più in alto ci si piazza in graduatoria, più si ha la possibilità di scegliere in cosa specializzarsi e dove. E lui ha in testa Medicina dello Sport di Tor Vergata, a Roma. “Preparare l’esame tra un Europeo e un Mondiale è complicatissimo, ma non ci sono molte alternative. Europei e Mondiali ci sono ogni anno, così come l’esame, e sono tutti nello stesso periodo. C’è poco da fare”. È qui che Garozzo affonda la prima stoccata, mentre sogna l’oro mondiale individuale che ancora gli manca e punta l’obiettivo verso il record di Valentina Vezzali, unica schermitrice italiana ad aver vinto almeno un oro olimpico, mondiale ed europeo sia individuale che di squadra. “L’Italia deve lavorare ancora tantissimo – spiega l’atleta siciliano – per arrivare al livello degli Stati Uniti o dei paesi del nord Europa in termini di cultura dello sport nelle scuole e all’università. Nelle istituzioni scolastiche del nostro paese, purtroppo, lo sport è considerato una perdita di tempo, mentre costituisce un elemento cardine nei programmi universitari americani. E così, in Italia, fare sport ad alto livello e laurearsi sembrano progetti incompatibili”.
Il tema è dare la possibilità agli atleti di poter gestire con un po’ più di flessibilità gli impegni universitari: “Tante volte sono stato costretto a scegliere se partecipare a una gara internazionale o sostenere un esame all’università. E qui non c’entra nulla la fatica di portare i libri anche al Mondiale o all’Olimpiade, la questione è culturale. E credo che avere più atleti che riescano a conciliare studio e sport ad alto livello possa essere solo di ispirazione per tanti ragazzi che, invece, oggi si perdono su una strada o sull’altra". Lui ci ha messo nove mesi per preparare l’esame di istologia, tra appelli saltati causa gare e normali intoppi della vita di qualsiasi universitario. E ha impiegato cinque anni per concludere il percorso del biennio fino a che, dopo l’oro olimpico di Rio 2016, è stato affiancato da un tutor che l’ha aiutato nel percorso. Ecco perché ora è pronto a dare il proprio contributo a qualsiasi livello per cambiare le cose.
Ma non è tutto, perché c’è un’altra questione che gli sta particolarmente a cuore. La scherma italiana è una fabbrica di medaglie. Ha storia, tradizione e tanti giovani che continuano a tener vivo un movimento che, però, riesce a far parlare di sé a suon di medaglie soltanto ai Giochi Olimpici quando i riflettori illuminano un po’ tutte le discipline, a maggior ragione quelle vincenti o comunque storicamente molto competitive. “Un mese fa, all’Europeo in Turchia, nel fioretto individuale maschile abbiamo vinto un oro, un argento e un bronzo e, solo per un niente, non abbiamo completato il podio anche con il quarto posto azzurro. Sono risultati storici che, però, faticano a trovare spazio sulla stampa non specializzata. Questo mi fa rabbia, ma la colpa non è dei giornali. La responsabilità è di uno sport che deve capire che è arrivato il momento di guardare al futuro. E c’è un aspetto dal quale bisogna necessariamente partire: bisogna rendere la scherma più comprensibile”. L’esempio di Garozzo, come per la questione universitaria, arriva ancora dagli Stati Uniti e dalla Nba nello specifico. Perché lì, quando hanno capito che le azioni d’attacco che duravano troppo annoiavano lo spettatore, hanno inserito la regola dei 24 secondi di possesso palla per velocizzare il gioco. Qualcosa di simile è accaduto un quarto di secolo fa anche nella pallavolo che ha abolito il cambio palla che rendeva le partite lunghissime per adottare il rally point system. Tutte riforme coraggiose che hanno fatto storcere il naso all’inizio ma che poi si sono rivelate vincenti. “Nel fioretto – prosegue Garozzo con un esempio, pesando ogni singola parola per rendere il concetto più comprensibile – perché la stoccata sia valida, chi attacca deve far percepire all’arbitro che sta attaccando e che non sta solo preparando l’attacco. Deve farlo percepire all’arbitro, ma non è detto che l’arbitro lo percepisca. E così, anche tra noi che conosciamo bene la disciplina e che abbiamo l’occhio allenato, spesso nascono discussioni sull’argomento. Figuriamoci su chi guarda per la prima volta lo sport in tv. Se lo spettatore non riesce a capire, come può appassionarsi? Cominciare a lavorare su questo potrebbe essere un primo passo. La scherma non deve arroccarsi su posizioni conservatrici e tradizionaliste. Il mondo cambia velocemente, non vedo perché anche il nostro sport non possa cambiare”.
Sorride Alice, soprattutto se pensa a come lei (che amava pallavolo e nuoto) si è avvicinata alla disciplina e al perché è rimasta così legata al fioretto: “Cominciano tutti con il fioretto – scherza – poi solo quelli bravi continuano. Io ho cominciato perché mi piaceva giocare con il fioretto di plastica, ma anche la maschera ha avuto un ruolo importante”. In casa, però, niente maschere e, soprattutto, meno scherma possibile: “È difficilissimo riuscire a staccarsi dal mondo in cui viviamo entrambi e che ci ha permesso di conoscerci. Tra l’altro, anche tantissimi dei nostri amici vengono da lì, ma bisogna essere bravi a non farsi risucchiare. In questo Forrest è fondamentale”. In attesa che cominci a tirare di fioretto anche lui.
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