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I soldi degli sceicchi non sono sempre una fortuna. Gli inferi del Malaga

Andrea Romano

Abdullah Al Thani aveva acquistato il club con l'intento di strapparlo dall’anonimato e trasformarlo nel nuovo tiranno del calcio spagnolo. Non è andata così, anzi

Quando Joaquín tocca il pallone al limite dell’area del Borussia Dortmund il Muro Giallo viene colto da una visione collettiva. Tutti sanno già come andrà a finire quell’azione. Anche se l’esterno del Málaga ha sei giocatori avanti a sé. Anche se per far gol da quella posizione servirebbe un miracolo. Lo spagnolo si apre un varco con il destro, si allarga verso sinistra, tira in porta col mancino. La conclusione non è violenta, ma non importa. Perché il pallone rotola in quella terra di nessuno compresa fra il palo e la mano aperta di Weidenfeller. È il gol più importante della storia del club andaluso. Perché in quella sera del 9 aprile 2013 il Málaga si porta avanti 0-1 al Signal Iduna Park. Si giocano i quarti di finale di Champions League, un traguardo inimmaginabile per una debuttante. E dopo il pareggio con gli occhiali ottenuto a La Rosaleda, ora i biancoblù si sentono con un piede nelle semifinali. Ancora non sanno che quella partita terminerà con un piccolo dramma sportivo. Il 3-2 finale non elimina il Málaga, mette fine ai suoi sogni di gloria. Per sempre.

 

Due anni prima lo sceicco Abdullah Al Thani aveva acquistato il club con un chiaro intento: strapparlo dall’anonimato per trasformarlo nel nuovo tiranno del calcio spagnolo. Un omaggio a una comunità che non aveva mai lottato per un trofeo, ma soprattutto al proprio ego. L’immissione di petrodollari è durata poco. Dopo due anni lo sceicco si era già annoiato. I più magnanimi raccontano di una presa di coscienza: per competere con Real, Barcellona e Atletico servivano troppi quattrini. I più maliziosi danno la colpa a una (mancata) speculazione edilizia. Secondo As i qatarini pensavano di poter costruire un nuovo stadio in città e un hotel di lusso a Marbella. Solo che la politica si è messa di traverso e ha bloccato tutto. Così lo sceicco ha chiuso i rubinetti. Le ambizioni sportive sono diventate frivolezze di fronte alla possibilità concreta di sparire.

 

Quella rosa che poteva contare su elementi di rilievo come Kameni, Diego Lugano, Demichelis, Toulalan, Camacho, Isco, Joaquín, Julio Baptista, Santa Cruz e Saviola è stata smembrata. Il club non è disceso agli inferi. Ci è precipitato. L’anno successivo chiude al sesto posto. Vuol dire Europa League. La Uefa non è d’accordo. Il Malága ha violato le norme sul Fair Play Finanziario. Quindi deve essere esclusa da qualsiasi competizione continentale. Una squadra creata dalla polvere che nella polvere è ritornata. Il 2018 è l’anno dell’umiliazione. Il Málaga chiude in fondo alla Liga. A 23 punti dalla quartultima. Ma la Segunda División non è un purgatorio. È un inferno. Il club si ritrova senza soldi e senza idee. Nell’estate del 2019 acquista Okazaki, uno dei protagonisti dell’impresa del Leicester, a parametro zero. Il suo stipendio supera di poco i 320mila euro. Solo che durante il precampionato ci si accorge che non ci sono soldi per pagarlo. Il giapponese resterebbe anche col minimo salariale, ma i cavilli della Liga lo impediscono. La squadra che sognava di volare in semifinale di Champions ora è ridotta a zimbello. Il calciomercato assomiglia a un incubo. Alcuni giocatori vengono presi senza neanche essere valutati (emblematico il caso di Mohamed Benkhemassa, pescato in Algeria, che in due anni giocherà 1.568 minuti, partendo solo 16 volte titolare), spesso la squadra rischia di non avere neanche un numero di calciatori professionisti sufficiente per andare in campo. È un’agonia che si trascina per anni. Con i piccoli azionisti che decidono di denunciare lo sceicco per appropriazione indebita e infedeltà patrimoniale. È il capovolgimento dell’idea stessa di proprietà. Non è Al Thani che immette i soldi del club, ma è il club che presta i soldi ad Al Thani. Poco più di 7 milioni di euro, a voler essere precisi. Secondo El Mundo lo sceicco avrebbe attinto dalle casse del club per comprare un’Audi, per pagare viaggi e affitti personali. È un terremoto che non rade al suolo una situazione malata. Ma la cristallizza.

 

Al Thani è ancora formalmente il presidente del club. E di tanto in tanto torna a far sentire la sua voce attraverso i social network. Niente più annunci, niente più promesse. Anche perché la realtà è piuttosto preoccupante. Il Málaga ha chiuso l’ultima stagione in Segunda al quintultimo posto. La salvezza è stata evitata fra indicibili sofferenze. Eppure lungo la Costa de Sol qualcuno si sforza per vedere una luce in fondo al tunnel. Anche perché quando si convive con la disperazione basta una scintilla per riaccendere la speranza. I nuovi sogni dei Boquerones sono in formato risparmio. Il Comune sta giocando un ruolo fondamentale. Lo scorso anno la sponsorizzazione istituzionale ha permesso di tenere in piedi la squadra senza farla incappare in penalizzazioni. Ora l’Ayuntamiento ha annunciato di voler triplicare il suo investimento nel club. Una notizia che Marca ha presentato con il titolo "¡Bombazo!", una bomba. Piccolo dettaglio: il contributo del Comune è di un milione e mezzo di euro. Più iva. Non esattamente una cifra che permette di sognare in grande. Eppure il mercato ha portato un po’ di effervescenza. I media hanno sottolineato con un certo compiacimento l’acquisto di Rubén Castro, 39 gol nelle sue ultime due stagioni in LaLiga Smartbank con la maglia del Cartagena. Secondo i media la punta avrebbe rifiutato l’offerta di rinnovo del suo vecchio club perché stregato dal progetto tecnico del Málaga. Peccato che questo progetto tecnico abbia i contorni ancora fumosi. Castro, infatti, ha 41 anni appena compiuti. Ha firmato un contratto annuale con opzione per il secondo. È la dimostrazione di un club costretto a pensare al presente prossimo più che al futuro remoto. Ordinaria amministrazione per una squadra che dieci anni fa sembrava fatta d’oro, ma che improvvisamente si è scoperta di plastica. 

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